Mariuccia Ciotta
Cannes
In finale di partita, il festival, considerato il numero 1 mondiale, mostra le crepe di una 68a edizione disorientata nel passaggio dall'era Gilles Jacob alla nuova presidenza di Pierre Lescure, fondatore di Canal + , boss della Vivendi, tentativo francese (non) riuscito di minare l'egemonia hollywoodiana. L'uno ex critico cinematografico, l'altro ex manager televisivo (autore del piano degli audiovisivi di Hollande), alla sua vera (l'anno scorso lo affiancava ancora Jacob) prima prova. Il rodaggio provoca una serie di défaillances a partire dal cartellone del festival infestato da titoli improbabili, come quello di apertura, La tete haute (in sala c'è chi ha gridato al nepotismo, alludendo forse alla presenza di Catherine Deneuve, amica del presidente) e l'affollamento in concorso di mediocri film francesi (mentre fuori sono comparsi i più interessanti), giudicato severamente dai Cahiers du cinema e non solo. Le voci dello scontro tra Lescure e il direttore artistico Frémaux confermano che qualcosa non va, per esempio lo strapotere visibile di grandi sponsor, e la proliferazione abnorme e devastante di impropri accrediti stampa.
Un grande festival di cinema, lo diceva
Frémaux, si basa su tre pilastri: i film, il mercato (la
Francia è un forte co-produttore mondiale) e la stampa. Molti
giornalisti e critici, invece, sono rimasti fuori dalle sale in
numero impressionante, dopo una o due ore di fila, superati da
allegre brigate di “invitati”. Che da tempo i “coloristi”
perlopiù televisivi facciano da padroni, a scapito della
critica, non è certo colpa di Lescure, e nemmeno la scomparsa
delle edicole in questa ricca cittadina dominata dal Front National,
e forse per questo smaniosa di ricevere la patente di “patrimonio
dell'umanità”, ma la mancata considerazione di chi scrive di
cinema rischia il suicidio di Cannes. Un segnale si vede anche nel
degrado degli interventi critici usciti su giornali prestigiosi come
Libération, dove Paolo Sorrentino, piaccia o meno il
suo Youth è stato recensito con il ricorso ad
argomentazioni del tipo “fa venire eruzioni cutanee e crampi allo
stomaco”, “le sue opere sono laide e di una volgarità
ripugnante”, è un “invitato infrequentabile” e via
dicendo. Il maldipancia l'autore dell'articolo l'ha fatto venire a
noi, e in quanto a volgarità dovrebbe prima di evocarla
guardarsi allo specchio.
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