Mariuccia
Ciotta
Cannes
Cannes
Nanni
Moretti sdoppiato, sognante, pentito, diverso. Mia
madre radiografato
attraverso la metamorfosi del regista-attore, arrivato, si dice, alla
maturità, non più narciso e irriducibile giocoliere di parole,
intollerante, estremo. Ora dolente e riflessivo sull'esistenza
intorno al lutto, memoria di sua madre, professoressa amatissima di
latino, che per non farsi capire dai figli parlava in greco antico
con il marito.
Ma
Nanni non è cambiato ed è ancora il beniamino di Cannes, primo (non
in senso cronologico) tra gli italiani selezionati in gara, e accolto qui da una
standing ovation.
Oltre l'atmosfera onirica felliniana, Giovanni, l'alter ego,
continua a mettere sul
e a
fuoco la stessa questione, la scollatura tra il reale e l'essenza
delle cose, lo spettacolo e la forma in grado di percepire
l'invisibile. Così quando nella sequenza tra le più emozionanti
Margherita Buy percorre l'infinita fila fuori dal Capranichetta, e
gli spettatori fantasmi si apprestano a entrare in una sala fantasma,
che non c'è più, e vanno a vedere un film che non c'è ancora, si
dichiara fulminante l'”inadeguatezza”, ma non del personaggio
della regista e non di Moretti nella parte del fratello. Ma quella
del cinema, che Nanni come sempre perseguita in un corpo a corpo
ossessivo per carpirne anche un solo attimo di vertigine.
Nanni Moretti e Margherita Buy |
Il
quadro sottratto al virtuosismo, geometrie da nouvelle vague in nero
(Cannes adorante lo ha voluto ancora in concorso, dopo la Palma
d'oro) sostiene la famosa distanza tra l'attore e il personaggio,
indicazione ricorrente della regista (ma nessuno la capisce), quello
di stare un po' più in là del vero, lasciare una frattura, lo
spazio tra la vita e il suo riflesso, che è anche il tempo che passa
tra i giorni della madre e l'aldilà, e l'afasia di Margherita
confusa tra il giorno e la notte, tra Noi
siamo qui, il suo
film sulla rivolta operaia, e il non esserci.
Quel
film che appare così grossolano, con John Turturro, il divo
americano nelle vesti del padrone della fabbrica, istrionico e fuori
parte, è un omaggio commuovente al Moretti furioso nelle piazze,
preveggente di come sarebbe finita la “Cosa”, inadeguato,
come tutti, a trasmettere l'amore per quel che ci piace e ci muove.
Anche la politica non trova le parole, “ma come parli?” urlava in
Palombella rossa
alla giornalista di moda. E tanto per non arrendersi, Nanni ha
ripreso l'oggetto politico inanimato e sta lavorando a un
documentario sul Pci, e la sua fine, parte seconda, dove finalmente
scoprirà chi si è perso il '68 (non certo Rossana Rossanda,
intervistata).
“Non
sta all'arte servire la politica, ma alla politica imparare i gesti
dell'arte” risponde Jacques Rancière ai Cahiers
du Cinema. E Moretti
scava nel passato della madre (Giulia Lazzarini, grande attrice di
teatro), scorre i suoi libri di latino, quelli che insegnano
“l'analisi logica” e il dativo possessivo, e si prepara a vedere
il domani, a imparare i “gesti dell'arte”. Vede in anticipo il
pontefice perdersi nella folla di Habemus
papa, anche lui non
trova la “sensibilità” giusta per spiegare il mondo, e replica
la scena nel deambulare sognante della mamma, vestiva in camicia da
notte, anche lei fuggiasca dalle trappole del senso comune. La
liturgia ospedaliera e le attenzioni di medici, infermiere e figli,
Giovanni e Margherita - tutti e due sono Nanni - che non sanno dirle
la morte, restituiscono a ognuno le stesse identiche sensazioni di
tragica impotenza intorno a chi se ne va.
Nanni Moretti |
Ecco
perché i personaggi di Mia
madre snocciolano
dialoghi così “piatti”, è l'inciampo del pensiero, che poi
lievita nel silenzio, in quei momenti distratti, dove la strada non
si vede più, come succede a Turturro accecato dal vetro dell'auto
zeppo di cineprese e microfoni. E' in questa apparenza di
ripiegamento intimista che Moretti combatte, ancora, per infrangere
l'immutabile. Si può gridare come in Ecce
Bombo, e si può
materializzare l'allucinazione, il fuori da sé, negli occhioni a
raggi x di Margherita Buy, l'ibrido morettiano, la persona incerta,
che guarda nel buio e vede.
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