martedì 26 maggio 2015

Le ceneri di Julian Bees. Primo passo per inventare il grande passato di un amico e maestro

Julian Bees (a destra) e Gregory Corso. Foto di Dario Bellini




"Colui che sempre si sforza e cerca, noi lo possiamo salvare" (Goethe)
La citazione è inserita da Malcolm Lowry in testa a Sotto il vulcano (il romanzo preferito da Julian Bees)




Le ceneri di Julian Bees, via Sant'Angelo, Vetralla (Viterbo) foto di Massimo De Feo

di Roberto Silvestri

Domani mattina, 27 maggio, alle ore 10.15 a Cura di Vetralla provincia di Viterbo, in via Sant'Angelo verranno sparse le ceneri di Julian Bees. Venendo da Roma sulla cassia Bis  bisogna arrivare a Cura di Vetralla subito dopo lo svincolo per Blera si gira a destra in via san Angelo, percorrere la via per 2/3 km fino ad incontrare il passaggio a livello. Dopo il passaggio a livello continuare sulla destra per la Statale 80 per 1km circa, prima del Monastero di San Angelo di Cura di Vetralla ci sono i terreni adibiti dal comune per lo spargimento delle ceneri. Probabilmente all’altezza dei terreni ci sarà una macchina dei vigili urbani. 

Roma come la Parigi di Gertrude Stein. Negli anni 60 e 70, a casa sua, davanti a molte bottiglie di vino rosso (anzi preferibilmente nero, di Sava, secco, 20 gradi circa...) e al tacchino ripieno, specialità della casa, proseguiva la Dolce Vita, fino alle ore piccole di mattina, discussioni senza fine attorno a un tavolo con dieci-dodici commensali, su Carmelo Bene che ha sempre capito tutto; Malcolm Lowry e l'importanza dei marinai nella rivoluzione mondiale; "lavoro intellettuale e classe operaia"; la Raf, intesa come Ulrike Meinhof; la rivista Hara Kiri; la guerra in Palestina; la vitalità crescente della scuola musicale futurista sovietica e di Alexander Mosolov in particolare;  i Weathermen, i film underground, Woodstock (non gli piaceva) e sui film importanti del momento, come Seconds e  L'analista del presidente....In sottofondo dischi di tutti i tipo, da Bruckner ai musical di Busby Berkeley. E quando c'era Teresa soprattutto Perfidia, cantata da Dorothy Lamour. Teresa era una sua sosia. La casa di Julian, senza Julian, ha un posto importante in un mio film super8 del 1973, Angeli catatonici  realizzato come saggio per entrare al Centro Sperimentale epoca Rossellini. Bocciato.

Tra i "frequentatori" di quella casa, l'affitto lo pagava tutto Julian Bees, artisti e rivoluzionari.  Mario Garriba e Olimpia Carlisi. Daniel Cohn Bendit, J-L Godard quando sta con Anne Wiazemsky, Hans Jurgen Krahl, Steve Lacy, Alvin Curran, Alfred Sohn Rethel, Maria Rosa Dalla Costa, Ferruccio Gambino, Gregory Corso, Mauro Gobbini, molti di Pot Op e un gruppo di giovanissimi liceali o teenagers irrequieti (io, Doriano Fasoli, Giancarlo Guastini, Massimiliano Fasoli, Vittorio Rivosecchi, Bruno Restuccia, Tino Giannini, Carlo Di Leo, Francesco Maria Petrone, Eva Czerkl, Ottavio Fatica, Sandra Dal Pozzo...) che non avendo mai una lira trovavamo in casa Bees - lui lavorava -  accoglienza, anime belle e generosità trimalcionesche.  Accanto al letto di Julian, due alte pile di libri che leggeva tutti e contemporaneamente, di storia, romanzi, fisica nucleare e entanglement, teoria del cinema, antipsichiatria e anti-economia, poesia....Mai visto niente di simile.

Julian Bees
Tra gli abitanti di quella "comune-cenacolo", via via, Daniela Boensch, la mamma coreografa di Mjrka (e la ricordo anche come artista di lampade liberty strepitose), e i suoi amici redattori di Konkret, il periodico comunista rivoluzionario tedesco, che avevano portato un numero con, in copertina, i briganti calabresi uccisi dai sabaudi, una foto che sembrava identica ai comunardi nelle bare. E poi il romanista Victor Cavallo, che aveva appena inziato a fare teatro (e se si andava a trovarlo di mattina mentre preprava cose con Memé Perlini o con Nanni-Kustermann, avevi la fortuna di sentirlo duettare con Claudine, come se fosse Leopold Bloom ); il laziale Massimo De Feo, non ancora al manifesto, la giovane e bellissima Teresa Presta (che poi era lei la prima, tra di noi, ad essere fuggita da casa e che me lo aveva presentato), Manrico (che non è riuscitpo a controllarsi come Burroughs) e Roska, la più anarchica delle artiste islandesi, Carletto, il montatore di Grifi, Bocchini, che giocava alle corse dei cavalli e sembrava uscito proprio da un film di Phil Karlson. Mia sorella Silvana. E uno storico merdionale giovanissimo di cui non ricordo il nome che aveva sostenuto in un libro sul Regno delle due Sicilie appena pubblicato che i Sabaudi protezionisti avevano distrutto l'economia meridionale, fiorente sotto il  borbonico e filo inglese liberoscambismo. Di questo era fatto il sessantoto. Di concentrazione, entusiasmo, spirito comunitario capace di fermare il tempo. Sembra oggi.

Julian Bees, nonostante la radicalità politica delle sue posizioni teoriche, rimaneva profondamente pratico, empirista, inglese e spiazzante. Il suo "pragmatismo" era salutare per chi veniva allevato a idealismo e Croce. Era indocile soprattutto alle fumisterie filosofiche dei francesi, situazionisti compresi  (Debord, in particolare) forse perché gli era toccato il compito ingrato di rendere lineare e accessible agli anglosassoni il contorto fraseggio marxista-cubista di Toni Negri. Era stato lui a introdurre in Italia gli scritti politico-filosofici (ma anche sul cricket, sul rinascimento italiano, su Shakespeare) di Cyril Lionel Robert James, un agitatore nero di Trinidad che, uscito anche dalla quarta internazionale, si considerava un po' alle origine della nuova sinistra anglo-americana, e una indispensabile guida per comprender meglio l'insorgenza anche culturale dei tre mondi (V.S. Naipul, The Mighty Sparrow e il calypso, alle scaturigini dell'hip hop; Bob Marley...); le rivolte di Berkeley e della Columbia University; le posizioni della Lega degli Operai Neri di Detroit; il perché dell'importanza di Solidarnosc e dell'Anc di Mandela;  e soprattutto come diventare più che comunisti scavalcando il dogmatismo, per quanto raffinato, di Trotsky, dopo aver fatto i conti con quello piuttosto brutale di Stalin... E poi aveva una certa simpatia per la regina Elisabetta. La difese perfino nel 1975, quando osò rimuovere dalla carica di primo ministro il laburista Goug Whitlam, regolarmente eletto in Australia...E non ho mai capito perché.   Però aveva la macchina. Era tra i pochi. Quando venne a trovarmi in campagna nel Salento con Teresa mi fece scoprire Copertino e la sacrestia dove San Giuseppe era solito volare. Tutte le osterie più importanti. E, naturalmente, un pellegrinaggio Carmelo Bene, visto che la casa era a un passo da Campi Salentina.   
   
E’ morto mer­co­ledì 13 mag­gio, a 74 anni, un grande amico. Il giornalista inglese, l'intellettuale "rinascimentale" appassionato e il marxista rivoluzionaria Julian Bees, bello, alto, biondo,  collaboratore e sostenitori da sempre del "manifesto". Il papà di Sebastian e Mjrka. Sul suo passaporto britannico c'era scritto: scrittore.
Era nato a Londra il 23 luglio 1940, ma dai primi anni 60 si era trasferito a Roma, centro culturale pulsante e polo di attrazione magnetica per artisti e intellettuali radicali di tutto il mondo,  tra Pino Pascali, Tano Festa, Carmelo Bene, P. P. Pasolini, Alberto Grifi, Mario Bava, Domenico Guaccero, Antonello Neri, Laura Betti, Sormani, il Filmstudio, Cudicini, Mario Schifano, Losi, Straub-Huillet, De Sisti...., dopo essersi laureato a Oxford in politica, economia e filosofia, aver seguito i corsi di Theodor L. W. Adorno (anche di musica post weberniana) e aver rotto quasi totalmente i rapporti con la sua borghesissima famiglia.
Fu assunto, in epoca Sergio Lepri, all'Ansa, e divenne il principale ideatore della prima redazione in lingua inglese dell'agenzia di stampa, al fianco dell'americano Don Dewey. Nominato capo servizio solo nei primi anni 90 (evidentemente durante gli anni delle stragi quel posto era troppo scottante)  ha diretto l'ufficio internazionale fino al 2000, diffondendo nel mondo, con humour e competenza, la complessa realtà socio-economica italiana, analizzata, nella migliore tradizione anglosassone,  con profondo rispetto dei fatti, rigore "enciclopedico", amore per la parola, anticonformismo e meticolosa correttezza etica. Un vero maestro della scrittura critica. Leggendo i suoi articoli ognuno li re-interpretava con un'ottica di parte. Ma era "una parte" che quel lettore non aveva mai assunto prima....Inarrivabile generosità e ingegno che applicava senza steccati, sia alla politica che all'arte, a Sraffa come a Chinaglia, al ciclismo come al monetarismo, alla serie A come alla serie Z. Nel 2013 aveva tradotto per la manifestolibri i saggi di Dream, and It'll Pass - a Guide to the 55th Venice Biennale, a cura di Arianna Di Genova.


 Avevo 20 anni, i cuori erano acerbi, le gote spesso in fiamme, i capelli riccini ricci e lunghissimi, come le parrucche di re Luigi XIV, ma non permetterò a nessuno di dire che avere 20 anni nel 1970 a Roma, dalle parti di Campo de' Fiori, e in particolare sulla terrazza di Julian, in vicolo delle Grotte, non sia stato eccitante almeno quando vivere e morire a Parigi un secolo esatto prima...
Prendersi la città, tutta e subito, a tempo di free jazz (la colonna sonora del momento è  tra Mario Schiano e I Satelliti di Mario Schifano) era già il passaggio (senza metropolitana) da Cinecittà - dove abitavo con i miei di fronte alla torretta medievale utilizzata da Antonio Pietrangeli nel 1961 per Fantasmi a Roma, con lo spettro del pittore seicentesco Vittorio Gassman che si gira a un certo punto, osserva disgustato proprio il palazzo appena costruito, grigio blu, dove vivevo e si chiedeva sbigottito e sarcastico quale essere umano accetterebbe mai di vivere in loculi simili - nella barocca via dei Chiavari, dove in un indimenticabile primo piano  il professore Michele Cordaro, altro compagno di gigantesca cultura, futuro direttore dell'Istituto centrale di Restauro, già seduto alla destra di Cesare Brandi nell'istituto di storia del'arte della Sapienza, aveva giò allestito un covo sovversivo underground e invisibile per gli sbirri, una cellula sveglissima del gruppo rivoluzionario Viva il Comunismo! che progettava - con Giorgio Barberio Corsetti e Augusto Illuminati - tra le altre cose, come realizzare un "Ultimo tango a Parigi" di estrema sinistra, ma ancor più destabilizzante.  Sesso droga e rock'n'roll era il programma minimo.
Alberto Grifi e Massimo Sarchielli stavano già elaborando il progetto "Anna" a piazza Navona, la sconfitta di "Parco Lambro" non era ancora sancita; i Marat-Sade di Giorgio Braschi, l'ala demenziale del Movimento, anticipavano i Blues Brothers, decostruendo molto prima di Nanni Moretti, le noiose litania e gli slogan (già piddini) di emme elle, bordighisti, trotzkisti, anarchici tradizionalisti. Gianfranco Fiore Donati stava partendo per l'Oman per raccontarci la guerriglia marxista contro un Sultano dell'epoca. Il progetto salta e lui farà Blu Cobalto ma molti anni dopo, con Enrico Ghezzi attore e un cancro miracolosamente sconfitto. 
Avevamo la sensazione di possedere l'intera città. Altro che Nerone. La polizia si teneva alla larga dal cuore storico della capitale, non ancora gentrificato, gli affitti erano politici, non come adesso. Pagavo 5 mila lire al mese nella comune di Trastevere con Filippo Altobelli, Francesco M. Petrone, l'indimenticabile attrice Daniela Gara, Rita Ciotta... e quando veniva a trovarci Carlo Di Leo, il pittore, erano festini con torte afghane sublimi.
La sensazione diffusa era che fosse possibile, anzi era già avvenuta, la rivoluzione in una sola mansarda, o almeno nel teatrino di via Belsiana dove Carmelo Bene ci insegnava che bastava usare la stessa veemenza e grazia visionaria di Syd Barrett per comunicare e giocare con Shakespeare e al Beat 72 quando suonavano Marcello Melis, Steve Lacy e Alvin Curran. Quella di Julian Bees era all' ultimo piano di vicolo delle Grotte.
Era stata una carissima amica del secolo scorso, Teresa Presta, compagna di battaglie al liceo Augusto di Roma, zeppo di piccoli fasci fastidiosi, a presentarmelo. Lei adorava soprattutto due romanzi (che poi abbiamo visto al cinema nelle belle trasposizioni di Autant Lara e Truffaut), se ricordo bene, Il diavolo in corpo, di Raymond Radiguet, morto a venti anni, la storia di un adolescente morso perso  per una giovane signora; e Jules et Jim di Henri-Pierre Roche, scrittore e artista formatosi curiosamente alla "Academie Julian", autore di un romanzo postumo dal titolo Victor e che poi fu accusato di spionaggio, perché raccontava la sua vita e l'amicizia con un "nemico". Jules e Jim era la storia di  "una donna ama contemporaneamente due uomini che lo sanno e sono amici tra di loro". La prima guerra mondiale glieli porta via tutti e due, mentre combattono uno contro l'altro, un francese contro un tedesco. La Grande Guerra rovescierà quel piacere. Lo annientà. Da allora in poi sarà un uomo ad amare (almeno) due donne contemporaneamente, senza che lo sappiano.  







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