Roberto Silvestri
Aspettando Cannes a Roma
Dal 10 al 15 giugno 2015 arriverà sugli schermi della capitale una selezione di film presentati al 68° Festival di Cannes, grazie alla XIX edizione di Le Vie del Cinema da Cannes a Roma.
La rassegna verrà proposta dai cinema Alcazar, Intrastevere, Giulio Cesare e Quattro fontane e proporrà oltre 20 titoli, in lingua originale e sottotitoli italiani, tra quelli proiettati sulla croisette nella selezione ufficiale e nella Quinzaine des Réalisateurs.
Per conoscere tutti i titoli bisognerà attendere ancora qualche settimana.
L'iniziativa è organizzata dall'Anec Lazio in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura e al Turismo di Roma Capitale, e può contare sulla partnership con la Fondazione Cinema per Roma.
Il prezzo del biglietto sarà di 7 euro intero e 6 ridotto, ed è prevista una Fidelity card che regala 1 ingresso ogni 5. Non si conosce ancora la lista dei titoli scelti. Pare certa però l'assenza di Le mille e una notte di Miguel Gomes per la durata eccessiva del film (6 ore da sottotitolare...). Chissà se tra i film che vedremo ci sarà uno dei "fiaschi" immeritati della Croisette, l'unico film francese davvero interessante in concorso, Marguerite & Julien di Valérie Donzelli....Il più bello del pokerissimo transalpino. Non è d'accordo con noi Daria Pomponio di Quinlan che lo definisce “cinéma de la brioche, intellettual-pop e a-problematico, che trasfigura una storia scomoda e drammatica in una fiaba educativa per ragazze". Eppure circondati da troppi filmastri reazionari
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Marguerite & Julien da piccoli leggono una fiaba mentre interpretano una fiaba acida |
Esther Garrel, la sorella di Louis, nel ruolo di una istitutrice di oggi, decide allora di sorprenderli, spaventarli, affascinarli, rapirli. A me gli occhi please, come quando si va in estasi mentre volteggiano i trapezisti al circo o i Kiss ti aggrediscono con furia heavy metal o ci raccontano le fiabe più inquietanti e proibite, prima di dormire.
Con le marionette, con i burattini, con le ombre cinesi e in questo caso con le ombre elettriche del cinema analogico (metà film è girato in 35mm) e con le immagini digitali (usate negli esterni in alta definizione).
Esther diventa l'occhio speculare della regista Valérie Donzelli, nascosta dietro la cinepresa. E racconta addirittura la fiaba di un amore incestuoso finito tragicamente. Vi immaginate la faccia delle associazioni per la tutela della famiglia?
I giovani favolosi Marguerite & Julien da grandi (Anais Demoustier e Jérémie Elkaim |
Il cinema riprende questo moto invisibile. Ed è un po' il senso spiegato dal verso di Walt Whitman che la cineasta aggiungerà nel finale: "Noi torneremo, siamo corteccia, siamo roccia" siamo fiume, siamo pesci. Una capriola nell'evoluzionismo. Oplà e si torna indietro.
Intanto parte un conturbante e sensuale romance, non proprio abituale - da qui la reazione contrariata, a Cannes, del pubblico più conservatore - tratta da un cruento accadimento normanno dei primi anni del XVII secolo, eroticamente e sentimentalmente così estremo da trasformarsi in una tremenda tragedia nera.
Quando parliamo di conservatori non intendiamo reazionari, bigotti, moralisti o contrari ai matrimoni gay, o scandalizzati più che dall'incesto dall' adulterio (che sarà poi il motivo della condanna della coppia di innamorati, perché solo il secondo colpisce al cuore la sacra proprietà dell'uomo sulla donna). Intendo i conservatori al cinema. Quelli turbati perché in questa storia d'amore i due protagonisti, sorella attiva e fratello un po' meno attivo, quasi non si parlano. E la sceneggiatura è scritta proprio da una coppia di innamorati, Valérie Donzelli e il protagnoista, Jérémie Elkaim (e riscritta dalla montatrice Pauline Gaillard non senza momenti di scratch e bruschi salti della scocca). O perché si passa dal technicolor popolare a schermo immenso ("ruffiano" come giustamente ha notato Daria Pomponio su Quinlan) alle tonalità intime e dark, dalle sciabolate rock che irridono la recezione realista (la musica è di Yuksek), all'esperienza sensoriale dell'epidermide da far quasi sfiorare. Insomma il film ci imbarazza perché sembra che si sfogli un libro per bambini con immagini poco adatte ai bambini e che quelle immagini si animano anche troppo.
L'amore ipnotico |
Quando si racconta a dei bambini un fatto di cronaca così crudo bisogna per tenere alta l'attenzione falsificare qualcosa, deformare un po', rendere il tutto più appassionante. E questa storia è raccontata sia da Esther Garrel che da Valérie Donzelli tenendo ben in mente una frase di Jean Cocteau: "la storia è il vero deformato, la fiaba è il falso incarnato". Il tentativo riuscito di Donzelli è incarnare la leggenda. Trattare le immagini come se fossero tattili, in odorama, in 3d senza occhialetti, come se fossero di fantascienza. In fondo il passato si conosce poco, quasi esattamente come il futuro...Potremmo dire che sì, siamo immersi nel cinema di papà. Solo che i papà sono questa volta Eustache e Truffaut, Rohmer e Rivette.
Anais Demoustier. "Recitare? Che brutta parola" (Daniela Gara) |
Una fiaba deve essere crudele. Avete presente Biancaneve? Serve per "uccidere", per superare metaforicamente i genitori. Per crescere. E questa fiaba, non pensata per i bambini, serve per far crescere adulti che ancora hanno bisogno di "uccidere" alcuni principi inscalfibili che li paralizzano, liberando i loro set mentali ed emozionali. Perché crescano. Nel mondo ci sono paesi nei quali l'amore omosessuale è proibito e sanzionato perfino con la pena di morte. Nel mondo ci sono nazioni che condannano a morte le adultere, come Marguerite. Ecco perché una cineasta donna, che finora ha raccontato la sua vita in opere anche ispirate a testi teatrali, come La reine des Pommes, La guerre est déclarée, Main dans la Main e Que d'amour, estremizzi ancora di più il Marivaux di Le Jeu de l'amour e de l'hazard (adattato in Que l'amour): toglie i dialoghi per rendere ancor più "colpo di fulmine" inspiegabile con la ragione quell'illuministico esperimento di Arlecchino e Lisette. Perché non si sceglie per amore, ma si è scelti dall'amore che travolge come per fatalità.Se c'è forse un film che dovrebbe essere visto in preparazione di questo è certamente Foudre di Manuela Morgaine e in particlare la quarta parte, tratta dallo stesso lavoro di Marivaux.
L'ipnotizzato. Julien (Jérémie Elkaim) |
Il film, che in un primo momento era pensato come un musical, è tratto da una sceneggiatura scritta nel 1973 (l'anno di nascita di Valérie Donzelli) da Jean Gruault che Francois Truffaut non riuscì mai a realizzare (a differenza delle altre collaborazioni con Gruault, Jules et Jim, Il ragazzo selvaggio, Adele H. e La camera verde) anche perché era appena uscito Soffio al cuore di Louis Malle, argomento l'adulterio, anche se tra mamma e figlio e non tra fratello e sorella.
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