sabato 31 ottobre 2020

Bond, James Bond.E fu Walt Disney a scoprirlo


di Roberto Silvestri 




Si sa tutto di Sean Connery?
 E' stato visto rivisto e adorato dalle generazioni maschili e femminili degli anni 60 (i Bond), dei 70 (i Milius, Lester e Huston); degli 80 (De Palma degli Intoccabili, Il nome della Rosa di Annaud e Indiana Jones e l'ultima crociata di Spielberg); dei novanta:  i due Highlander, Caccia a ottobre rosso, Entrapment, The rock, ovvero McTiernan, Mulchay Michael Bay e Joe Amiel. 
E così anche i millennial lo hanno scoperto e voluto imitare, magari anche senza saperlo, visto che rifiutò di fare Matrix, Harry Potter e Il signore degli anelli ("non l'ho mai capito"). Perché il suo fascino, unico, è contagioso. Alto, bello, muscoloso. Voce possente, in Italia quella di Pino Locchi, sopracciglie folte e scure (anche troppo, poi aggiustate), sguardo astuto e sardonico, gestualità  dal coordinamento sempre tecnicamente perfetto. Come il suo gin Martini, shaked not stirred, agitato non mescolato. Nel 1988 vince l'Oscar per Gli intoccabili (strappandolo al protagonista, Kevin Cosnter). Nel 1999 quando ha 69 anni lil settimanale popolare People lo incorona "l'uomo più sexy del mondo". Del 2000  è un film da lui prodotto, Scoprendo Forrester, di Gus Van Sant, che sintetizza una intera, lunga carriera, la sua egemonia schermica. Agire da duro (senza barba) o da saggio vecchio, o come ladro o come re (con la barba grigia) - ha fatto 4 film come King da Agamennone dei Banditi del tempo a Riccardo cuor di leone in Robin Hood di Kevin Reynold -  ma con la morbidezza scaltra del politico, i tempi perfetti del ballerino,  l'ironia del commediante di classe e la femminilità del giocatore di calcio che rispetta e conosce e non ignora mai il corpo e i movimenti, anche più impercettibili, dell'avversario. Mai maschilista. Mai egocentrico.  Semmai preda, oggetto del desiderio.
Sean era un proletario che ha fatto in gioventù mille mestieri. Mamma domestica e papà camionista, di Fountainbridge (che sarà il nome della sua casa di produzione, e ha tatuato sul braccio "Scotland forever" mai esibito in un film e "Mam and Dad") ha perfino lucidato le bare per sopravvivere. Come O'Toole Michael Caine e Peter Ustinov non ha fatto né il liceo né l'università, solo l'università della strada. Ma, contemporaneamente, lasciava la scuola prima del diploma, giocava benissimo a calcio, andava a scuola di danza e si presentava al concorso per Mister Universo Gb arrivando terzo. Il suo idolo? Un altro duro, un altro attore scozzese di traboccante mascolinità, Stanley Baker.  
Ma forse qualche cosa ce la siamo dimenticata, visto che  "Big Tam" si è ritirato a 74 anni, 16 anni fa, dal grande schermo. Vegano. Ecologista. Nazionalista scozzese, si è esiliato dalla Gran Bretagna, prima a Marbella, in Spagna e poi a Nassau, Bahamas perché sarebbe tornato solo in una Scozia indipendente e in una Edimburgo non più monarchica: "sogno che potrebbe realizzarsi perfino durante la mia vita", sperava. Nella lista nera della NRA, la società che tutela gli interessi dei venditori di armi da fuoco statunitensi, perché finanziava con i dollari americani guadagnati sul set potenti  campagne contro la caccia e la vendita di pistole e fucili, e si meravigliò quando Hollywood, la cui struttura e politica aveva attaccato tutta la vita, gli conferì premi alla carriera e la regina Elisabetta gli conferì la più alta onorificenza del Regno Unito (che accettò forse come Bond più che come Connery). 
Si era ritirato ma non poté rinunciare a prestare la sua voce, così profonda e unica, al videogioco di 007 dalla Russia con amore che dei "7 magnifici Bond "che ha girato è sempre stato il suo prediletto. 
Ma forse abbiamo dimenticato lo splendido film che ha fatto prima di diventare famoso, quando era ancora poco più di un caratterista, I piloti dell'inferno di Cy Endfield 1957. Era una storia che riguardava i camionisti salariati d'Inghilterra sottoposti a ritmi di lavoro schiavistici con conseguenze cruente (come i motorboy di oggi). Per Sean era un soggetto quasi autobiografico, vista la professione del padre. Il regista americano di quel film era stato sbattuto fuori dagli Usa perché comunista, coinvolto nelle epurazioni maccartiste. A proposito di film politici radicali ricordiamo anche - dimenticatissimo -  I cospiratori di Martin Ritt del 1970, sui Molly Maguires, organizzazione segreta anarco-sindacalista di fine ottocento piuttosto clandestina, molto, molto "cattiva" come direbbero i migliori commentari calcistici di Sky, con Sean Connery che cerca di aizzare alla lotta i minatori supersfruttati con ogni mezzo necessario. 
Ovviamente ricorderei anche il bellissimo, magico e poetico film prodotto da Walt Disney in Irlanda, Darby O'Gill e il re dei folletti (1959) diretto da Robert Stevenson (Connery ha partecipato anche a una puntata della serie Disneyland,  sempre del 1959) che potrete vedere sulla piattaforma Disney Plus. E' un momento importante nella sua carriera, anzi l'attimo fatale. Sean veniva dal teatro e dagli sceneggiati tv (un Macbeth, e il conte Vronsky in Anna Karenina). Fu infatti proprio vedendo quel film tutto fate gnomi e spettri che il produttore Albert Broccoli (e sua moglie), architetto con Harry Saltzman della più famosa saga cinematografico della storia, gli  007, si accorse di un attore di secondo piano, poco più di un caratterista, che nel ruolo di Michael McBride simpatizzava con il re dei folletti che doveva invece sfrattare dalla sua fattoria e nella scena finale fa a cazzotti con il teppistello del paese e lo massacra. "E' un duro, ma sa muoversi con grazia!". Alto bello muscoloso e dalle folti ciglia scure proletarie era il Bond perfetto anche se in un primo momento Ian Fleming restò male, era "troppo grezzo, un rude e sardonico scozzese dalla voce possente. Non è meglio Cary Grant"? Poi si auto-criticò. Non va sottovalutato il fatto che Harry Salzman  (che poi ha avuto due cani, uno di nome James e l'altro di nome Bond) assieme a John Osborne aveva precedentemente prodotto opere come Ricorda con rabbia e fondato una sua compagnia, la Woodfalls Films, assieme a Tony Richardson, finanziando un film manifesto del free cinema inglese  Sabato sera domenica mattina. Veniva insomma dal cinema arrabbiato d'arte. 

Non si può comprendere l'esplosione di Connery e Bond nel 1962 senza considerare che in quel momento Londra era la capitale dell'arte mondiale, non solo del cinema, anche dell'arte rivoluzionaria (Bertrand Russell aveva guidato oceaniche manifestazioni pacifiste contro la bomba atomica e per fermare l'aggressione in Vietnam il movimento studentesco inglese non sarà meno drastico dei Weathermen o come si dice con maggiore rispetto e per rispetto alle donne combattenti dei Weather Underground) . Teatro (Osborne e gli arrabbiati, Peter Brook e Glenda Jackson ), moda (Mary Quant, Twiggy... Carnaby Street), arti plastiche (Richard Hamilton e la pop art inglese), design, musica popolare (Beatles, Rolling Stones, Who...), musica colta (Britten) formavano un tessuto pulsante di idee, contenuti e forme ricche ed esplosive. Mentre Hollywood viveva il momento peggiore della sua storia, il manierismo cool e pretenzioso e rigido dei suoi kolossal pompeur, l'Europa aveva conquistato i mercati mondiali con opere a basso costo, e alta naturalezza, super erotismo e spregiudicatezza anarchica. Lindsay Anderson, Tony Richardson, Richard Lester, Edgar Reisz, Lorenza Mazzetta si avvalevano di testi radicali e di "forze della natura" performative. Pensiamo solo ai magnifici undici attori (con Sean Connery) del momento: Peter O'Toole, Michael Caine, Oliver Reed, Albert Finney, Alan Bates, Richard Burton, Richard Harris, David Hemmings Dirk Bogarde, Stanley Baker e Tom Courteney (in panchina David Warner). I "rudi" anti borghesi (Harris, Finney, Reed) e i "morbidi" dalla sessualità ribelle (OToole, Bogarde) e lui, l'ago della bilancia. Il duro che si muove con grazia, che colpisce con classe come Cassius Clay e diventa un oggetto di spietata caccia sessuale femminile. Il contrario dei playboy dell'epoca, da Porfirio Rubirosa Maurizio Zanfanti, il latin lover della riviera romagnola. Pinewood oltretutto si avvale dell'esperienza delle "leggende viventi di Hollywood" come Joseph Losey, Jules Dassin, Ben e Norma Barzman, Donald Ogden Stewart, John Barry e Cy Endfield che il fanatismo bigotto dei conservatori Usa gli aveva regalato. E anche dell'eccellenza tecnologica dei suoi studi che attirerà presto la nuova generazione di Lucas e Spielberg, in cerca di attrezzature adeguate al loro "pensiero sensibile", alla materializzazione della loro fantasia sconfinata e galattica.       



Ma i 7 007 a parte - 3 di Terence Young, 2 di Guy Hamilton, uno di Lewis Gilbert e di Irvin Kershner -  che con Marnie di Hitchcock e La collina del disonore  di Lumet completa la sua filmografia degli swinging sixty, la capacità di non farsi schiacciare da Bond si vede dalla crescita espressiva del decennio 70 e 80, sempre all'inseguimento di progetti anticonformisti e di qualità. Zardoz di Boorman (1974), Il vento e il leone di John Milius (su Roosevelt Theodor e l'Africa, del 1975), L'uomo che volle farsi re di John HustonI banditi del tempo di Terry Gilliam, Robin e Marian di Richard Lester  (1976). E ancora con Lumet Rapina record a New York del 1971 e Assassinio sull'Orient Express con Albert Finney nel ruolo di Poirot (1974). A volte si pentirà di un film, Avengers per esempio. A volte si entusiasmerà, per Entrapment, di Joe Amiel del 1999 anche perché toccherà lì il suo cachet record, 20 milioni di dollari. Se pensiamo che per Dr.No (007 Licenza di uccidere) aveva guadagnato solo 20 mila dollari, e 1.250.000 dollari per il suo ultimo Bond, Mai dire Mai (Never Say Never Again) del 1983, quando la calvizie di un 53enne (ma aveva iniziato a perdere i capelli fin dall'età di 17 anni) dovette essere nascosta da una parrucca costata ben 52.000 dollari. La distribuzione United Artists garantiva un budget di lusso.  

Il miglior saggio su James Bond, anche come icona della controcultura lounge scriverà Francesco Adinolfi in Mondo Exotica (2000), è quello di Alberto Abruzzese in Contropiano, pubblicato nel 1968 sul numero 1 della rivista marxista/operaista/trontiana. Il sociologo della comunicazione ci raccontava (scandalizzando tutti a cominciare da Cinema Nuovo, Cinema Sessanta e perfino Filmcritica) che la saga britannica è finalmente l'esempio riuscito di cinema politico, non reazionario o anticomunista come si crede (come pensava perfino Ian Fleming: "il mio personaggio letterario è un orrendo fascista maschilista, esecutore immorale di ordini superiori") ma che scavalcando quel tipo di dicotomia è proprio rivoluzionario (almeno per come l'ho interpretato io): "Il futuro di Bond ha notevoli affinità con il futuro di Marcuse. La lotta di classe diventa una dialettica di generazioni". La prova è che si chiamerà proprio The Bond (l'unione) il primo giornale underground dissidente stampato all'interno delle truppe di terra americane in Vietnam nel 1967. La fonte è il saggio di James Lewes Protest and Survives: Underground G.I. Newspapers during the Vietnam War. 2003. Greenwood editore.

I Magnifici Sette Bond sono piuttosto precoci nell'annunciare scenari geopolitici futuristi come lo scontro a venire tra democrazia e complessi militari industriali globalizzanti e totalitari (la Spectre non si può sovrapporre a Urss e Cina e al bipolarismo, piuttosto a conglomerati transnazionali dagli oscuri disegni apocalittici o predatori, guidati dai Bezos di allora, gli Adolfo Celi o i Gert Frober. In fondo la bomba atomica l'aveva sganciata la democrazia occidentale, no Mr.Truman?). Insomma è vero che Bond si scontra con una realtà futura tecnocratica per riaffermare la realtà presente della democrazia, ma apre un campo di tensioni "consumistiche", di desideri individuali possibili e inauditi e incontrollabili e destabilizzanti che molto si collegano alle elaborazioni di Marcuse e perfino di Roberto Rossellini nel magnifico saggio Utopia Autopsia 10 alla decima (Armando editore 1974). Lo sviluppo tecnologico raggiunto permetterebbe di risolvere ogni problema di fame nel mondo e di riduzione del lavoro planetario se solo si consentisse al cervello umano di svolgere in pieno la sua potenza, chiusa ancora nel segreto dei suoi dieci e più miliardi di neuroni, crescita che si vuole ritardare di parecchio per puntare alla sola crescita Pil, continuare a sottosviluppate i tre mondi e mantenere al potere assoluto l'1% del mondo.  Il "cinema politico-civile" di quegli anni (i Rosi, i Petri, i Taviani i Gavras) era per noi piuttosto "moderato e cantabile": il linguaggio era ricalcato sul cinema commerciale popolare e si asservivano le immagini alla disciplina di una ricezione obbligata di massa (il messaggio umanista, lavorista e progressista) ma non produttrice di altro senso erotico eretico e utopico. Volevamo tutti, non più solo Cererentola il principe azzurro. La fantascienza stava davvero per esplodere. Invece quei film politici doc erano chiusi al presente, non aperti al passato e al futuro. E parlavano al "pubblico" massificato e non allo spettatore singolare maschile o femminile, a corpi generazionalmente nuovi, quelli della "soggettività desiderante" come la chiamava Oshima. Quella fuori dalle Chiese e dai Partiti, sciolti dal giuramento. La generazione del 'vogliamo tutto e subito'. Del "Niente di meno, di più". Del sex prismatico, delle drugs benefiche e del rock'n'roll non bromurizzato. Della tensione tecnologica-fantascientifica. Infatti Bond è un "nuovo linguaggio", che non ha più bisogno di stile né di bellezza (è ,piuttosto macchina di desiderio erotico irresistibile)  come non saranno dopo di lui molti super eroi 3d Marvel, più giocondi e pedanti (Guardians of the Galaxy e Black Panther esclusi). Vince sul reale, contro una macchinazione che vuole peggiorare il presente (che già non è un granché) con una prospettiva futura assurdamente anti umanitaria. Un po' come i film western degli anni trenta-cinquanta, come spiegava Glauber Rocha, che elogiavano quella generazione selvaggia che conquistò il l'Ovest reinventando il mondo ma facendo piazza pulita (criminalmente come nel genocidio indiano) anche di un certo passato orrido (feudale, 'europeo', superstizioso, gerarchico) per riaffermare un altro presente. L'individualismo democratico, orizzontale.  

Non accademico. Thomas Sean Connery nasce nel 1930, figlio di un camionista e di una domestica, nella Edimburgo della grande crisi tra disoccupazione, povertà e fuga dalle campagne per una vita migliore in città. Il fratello fa lo stuccatore. Da piccolo si rimbocca le maniche consegnando il latte, facendo il macellaio e lavorando nelle miniere di carbone, disposto a tutto per aiutare economicamente la sua famiglia. A 16 anni si arruola nella Royal Navy (poi esonerato per motivi di salute) e al rientro scopre i mondo del teatro. Dunque è un attore che non fa il liceo né l'università. Qualcosa che lo accomuna a grandi attori formati e laureati nell'università della vita, un ateneo più esclusivo di Harvard e Yale. Come vediamo dal palmares. Ci sono gli attori, più che i divi, che consideriamo più profondi e colti: Roger Moore, Melina Mercuri, Al Pacino, Peter O'Toole, Gene Hackman, Lee Marvin, Elaine May (sic!), Cary Grant, Jerry Lewis e Dean Martin, Rod Steiger, Peter Ustinov, Michael Caine, Charlie Sheen, Ellen Burstyn, Robert Mitchum, Jim Carrey, Uma Thurman, Johnny Depp perfino Robert Downey jr., Anthony Quinn, Richard Pryor, Drew Barrymore (sic!) Keanu Reeves, Carrie Fisher, Nicholas Cage. Nessuno di questi si è diplomato alla high schoool. Certo molti di questi performer sono stati educati "privatamente", a differenza di altri non diplomati celebri come Gerard Depardieu, Sidney Poitier, Steve McQueen, Tom Cruise, Brigitte Bardot, Sophia Loren, Sonny Bono e Cher, Danny Aiello, John Travolta e Olivia Newton John, Quentin Tarantino, Prince, Mike Tyson, Ringo Starr, Michael J.Fox, Bo Derek e Laurence Fishbune, Rob Lowe, Courtney Lowe.


Con il toupe. La Warner Bros ha speso 52 mila dollari per creare l'acconciatura irresistibile di James Bond in Neve Say Never Again (Mai dire mai) diretto da quel beatnick di Irving Kershner nel 1983. Insomma è una questione di soldi il sex appeal? Se vediamo chi ne ha fatto uso a Hollywood ci viene questo dubbio: Bogart, Gary Cooper, Henry Fonda, James Stewart, John Wayne, Frank Sinatra, Burt Reynolds, Gene Kelly, Charlton Heston, Kevin Costner, ... Andy Warhol... Bé sono artisti, animali da palcoscenico, f for fake ... Bruce Willis no: "è un monumento all'architettura cranica" e può permettersi di essere pelato.



Il tatuaggio. Ovvio che si è tatuato sul braccio "Scotland forever" e "Mum & Dad". Quello di Robert Mitchum non sono riuscito mai a vederlo, la leggenda vuole che sul braccio abbia inciso una oscenità innominabile. 

Gli amici. Pochi tra i colleghi. Roger Moore, Michael Caine e Richard Harris 

Cachet. 10-13 milioni di dollari a film, dopo il boom del primo Bond, sarà il suo cachet medio. Come Clint, che arriva a 15.

Era tirchio? Sì, scrivevano i giornali scandalistici e reazionarii. "Notoriamente avaro" come Clark Gable, Cary Grant, Steve McQueen, Babs Streisand (sono considerati al contrario molto generosi De Niro, Streep, Clooney, Mirren, Stallone e Sharon Stone. E anche Mike Tyson). Ma non era affatto  tirchio come prevede il luogo comune. Utilizzava la maggior parte dei super cachet in edificazione di scuole a Edimburgo per i poveri (lui era stato costretto a lasciare la scuola a 13 anni), per lotte ambientaliste e ecologiste (e, finché gli fu possibile, per finanziare il partito indipendentista scozzese), per la cultura (è stato un magnifico supporter dei festival scozzesi del cinema e del teatro). Non approfittava del suo crescente successo divistico per ritoccare in alto i suoi introiti (come si legge nell'autobiografia di John Huston a proposito di L'uomo che volle farsi re, dove oltretutto dà prova sul set di una tecnica recitativa pressoché perfetta).   

Manesco? Solo nei ricordi della prima moglie, Diane Cilento: "L'ho lasciato dopo che mi ha incupito la faccia di pugni" . Ma quando si tratta di divorzi con celebrity meglio non dare ascolto ai pettegolezzi, chissà il suo avvocato cose le ha ordinato di dire. Ma, in una celebre e famigerata intervista televisiva disse a Barbara Walters che usare le mani con una donna quando se lo merita è più che giusto. Forse è per questo che il Saturday Night Life ne fece la caricatura, trasformando l'impeccabile agente segreto di Sua Maestà in un imbranatissimo partecipante a un telequiz...

Rimpianti. Doveva girare Vestito per uccidere con Brian De Palma...