Roberto Silvestri
Cannes
Film dai nobili intenti ma molto
pasticciato, metà presepe e metà action movie, certo di
stringente attualità (non c'è solo il fronte mediterraneo, 6000
boat people stanno fuggendo in queste ore dalla Birmania e dal
Bangladesh tra l'indifferenza di Thailandia, Malesia, Indonesia e
dell'opinione pubblica mondiale) quello che Michel Audiard, beniamino
di Cannes, ha voluto costruire attorno a uno scrittore e a un attore
profugo politico, Anthonythasan Jesuthasan, cingalese, ex militante
rivoluzionario tamil, romanziere marxista che oggi vive in Francia
dopo aver attraversato comprensibili difficoltà, economiche e
culturali, e autore del dittico autobiografico, “Gorilla” (2001)
e “Traditore” (2004). Ma questo “Dheepan” interpretato
proprio da Jesuthasan, non è farina del suo sacco, ma l'accurata
visualizzazione di una sceneggiatura originale non troppo riuscita
nei raccordi e nelle psicologie scritta proprio da Michel Audiard,
con la collaborazione di Noé Debré e Thomas Bidegain. Il pacchetto
produttivo esagonale poi comprende tutti tutti: Canal +, ministero,
film commission, banche, privati e tv pubblica...
Uno scrupoloso portiere di periferia -
fuggito dallo Sri Lanka, con una falsa moglie e una falsa figlia di 9
anni, se no la cosa non funzionava, tutti e tre miracolosamente
scampati agli eccidi del maggio 2009 - si trasforma (ma è sogno? è
realtà?) in una macchina bipolare e schizofrenica. Affettuoso padre
di famiglia, spasimante pieno di premure verso “la moglie”, che
si fa sbirciare da lui nuda nel bagno, ed efficiente lavoratore da
una parte. Ma, dall'altra, una sorta di Rambo impazzito, guerrigliero
che si aggira nelle banlieu parigine come un pesce nell'acqua e
sgomina, a pistolettate e bottiglie molotov, le gang afro-maghrebine
del giro della droga... Era stato infatti una tigre Tamil, Dheepan,
militante del Ltte, Liberation Tigers of Tamil Ealam, prima carcerato
e poi torturato e infine miracolosamente (?) liberato... Solo che qui
Stallone non c'entra. Siamo talmente ai confini della realtà e nei
territori dell'allucinazione che l'happy end deve essere assicurato
anche per tranquillizzare il pubblico più xenofobo di Francia. La
'sacra famiglia' di rifugiati si ricomporrà infatti, legale questa
volta, vera, ma in … Gran Bretagna. La falsa moglie è interpretata
dall'attrice indiana di teatro Kalieaswari Srinivasan, madre più che
dilettante molto maldestra, che insaporisce il suo ruolo di ottima
cuoca e domestica di un vicino potente e mafioso, con qualche finezza
umoristica inattesa, come l'attrazione per le canne e la pornografia
dozzinale delle riviste per soli uomini.
Dopo aver assistito in questi giorni
alla pubblicità progresso del ministero della Giustizia francese, “A
testa alta”, del ministero della sanità francese, “Mon Roi”,
ecco che a ricevere i complimenti della stampa e della critica
mondiale “ospitata” sulla Croisette, è il ministro
dell'istruzione (che scuola modello quella che accoglie Illayaal, la
figlia 'inventata' dei rifugiati) e quello degli interni che concede
facilmente asilo politico perché mantiene una parvenza umana
nonostante lo scodellare di bugie su bugie extracomunitarie....
Ma puntualizziamo. Non c'è stata mai
una “guerra civile” in Sri Lanka, come si sintetizza malamente
nel materiale stampa del film di Michel Audiard “Dheepan”, in
competione per la Francia (ben 5 film transalpini quest'anno, una
pletora sciovinista, un altro segno che qualcosa è cambiato, in
peggio, con Lescure). La guerra è stata piuttosto incivile. Si è
assistito impotenti, senza intervento della comunità internazionale,
con giornalisti e fotoreporter occidentali espulsi, al massacro
feroce della minoranza Tamil da parte del governo cingalese buddista
di Mahinda Rajapaksa e del suo esercito. Gli ultimi 70 mila civili
induisti uccisi, quell'anno, dopo 25 anni di guerra. Nonostante la
resa dell'esercito. Si chiamò genocidio. Chi scappa da un genocidio
si chiama profugo politico. Il profugo politico deve essere accolto
dalla comunità internazionale in base a una convenzione dell' Onu -
anno 1951 - sullo statuto dei rifugiati. L'Italia non era ancora
nell'Onu quell'anno. Ma ha poi ratificato quella convenzione e oggi
chiede aiuto alla comunità internazionale, che il 13 maggio scorso
ha proposto di aiutarla, e assistere anche la Grecia, avamposti di
chi fugge dall'Isis e dalle violenze wahabite scatenate nell'area,
per ripartire urgentemente l'esodo africano e medio-orientale in base
alla ricchezza, popolazione, indice di disoccupazione e numero di
persone già accolte dei singoli stati Ue. E proprio la Francia si
rifiuta in questi giorni di accogliere la sua quota di rifugiati,
fissata dall'Alto Commissariato Onu in 20 mila, chiedendo di
riceverne solo 5-10 mila in due anni. Anche perché, dicono le
statistiche la Francia non sarebbe che il sesto paese, tra quelli
altamente industrializzati, richiesto dagli aventi diritto (circa 620
mila, nel 2014). Dal film si capisce anche perché non si vuole (e
non si deve!) finire nelle banlieu più degradate, dove le sparatorie
sono all'ordine del giorno, la delinquenza metafisica regna e alle
donne è imposto il velo, almeno secondo i resoconti giornalieri del
lepennismo, malattia infantile della contagiata sinistra europeo di
oggi e dei suoi organi di deformazione della realtà.
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