mercoledì 4 settembre 2013

Anche Krupp ha un'anima. Ma è meglio starne alla larga. La promessa di Patrice Leconte

Roberto Silvestri

Sembra l'idea di un melo' noir americano antinazista anni 40 interpretato da Sidney Greenstreet. Un ricco e vecchio capitalista (Alan Rickman, inutilmente alla ricerca delle sue tonalità prussiane) sta per coronare il suo sogno. 
Patrice Leconte

Produce acciaio e non vede l'ora che un conflitto mondiale lo ricopra d'oro, altro che binari ferroviari. Così, in attesa di nuotare nei marchi, grazie ai cannoni - è una specie di herr Krupp - e anche perché è piuttosto malandato, sceglie tra i sudditi-impiegati della sua fabbrica il più intelligente e bello come successore (Richard Madden), e se lo porta in casa. E' colto, inventivo, di grande comunicativa, lavoratore indefesso, già vede gli affari in modo global, saprà anche far l'istitutore del figlio del magnate, un po' somaro. E' di cultura scientifica ma disdegna le arti, va solo sgrezzato un tantino. Oltretutto, poverissimo, è facile da catturare. Lui abbocca. 

Rebecca Hall
Sua moglie, che herr Krupp ama, ma come ama un capitalista, perché è di sua totale proprietà, è giovane e bellissima (Rebecca Hall). Glielo scodella su un vassoio d'oro... La donna abbocca. Lo vuole in casa, lo stuzzica, non ne può più fare a meno. L'ambizioso rampante (orfano che si è costruito tutto da se') pure. Assapora l'odore del piano solo perché è stato sfiorato dalle dite romantiche di lei. E cose simili. Già. Ha lasciato la catapecchia in cui vive e quella servetta di fidanzata e si è trasferito in villa. Si abitua all'idea di entrare in fabbrica nell'auto di lusso, scansando i villici col clascon, invece che a passo d'uomo, con gli operai. 

La Dama Bionda, profumo Guerlaine, così, si innamora del giovane e potrebbe cedere da un momento all'altro. A quel punto il capitalista, sadico, avido, spietato sbatte per due anni il suo sottoposto in Messico, a far fruttare un giacimento di manganese utile all'acciaieria. La gelosia lo divora? La Storia si può controllare quasi come un ciclo economico, ma la storia del cuore no. E i ricchi non reggono all'amore. Perché un grande amore, direbbe Kim Ki duk, è solo volere un più grande dolore. Così la coppia si fa una promessa. Quando torni dal Messico staremo insieme. Il vecchio muore, la guerra scoppia, lui tornerà....


Rebecca Hall e Richard Madden
Lo distribuirà in Italia Officine Ubu il film fuori concorso a Venezia del francese Patrice Leconte, tratto da un romanzo storico-d'amore del tedesco Stefan Zweig Una promessa. Un european-movie che dovrebbe agevolmente appassionare i fan del circuito d'essai che coinvolge la Germania come set (che in realtà è il Belgio: la storia è ambientata tra il 1912 e il 1920 nella villa e negli uffici della rampante e bellicola industria siderurgica), attori britannici illustri e impeccabili come orologi svizzeri come Alan Rickman e Rebecca Horn, la lingua (straniante) inglese, creativi francesi e coproduttori della Wallonia francofona.


Un film 'pastiche' e in costume, dunque, pettinatissimo, ordinato fino allo sfinimento e prevedibile come una superconfezione televisiva ben rifornita di pessimi quadri alle pareti e di nodi impeccabili alla cravatta dal rigattiere e dal costumista di turno, che parte come un melodramma a venire (l'amore impossibile tra Charlotte, “chiamami Lotte”, la giovane moglie melomane e non fedifraga del vecchio e moribondo magnate dell'acciaio e Freidrich, il giovane segretario, 'secchione', povero e paziente, del marito) e conduce forse la coppia a venire (attraverso la catastrofe della prima guerra mondiale - dieci milioni di morti, e tutti ventenni maschi - e approfittando della morte finalmente sopraggiunta del padrone) verso la felicità, ma solo dopo la parola 'fine'. 

I rapporti di potere tra “uomo” e “donna”, prima e dopo la grande guerra, saranno completamente ribaltati in Europa, altro che suffragette. Le donne europee saranno schiavizzare da governi fascisti e sessuofobici (tranne in Gb). E se fossi uno scommettitore non giurerei sul futuro di quell'amore, più o meno falso, artefatto e costruito, su diretto ordine del magnate dell'acciaio, dal regista del film. Più pessimista, in realtà, era il finale di Zweig, che Leconte ha leggermente modificato. Ma se osserviamo bene la faccia da schiaffi di Friedrich tornato dal Messico e ormai tombeur de femmes....

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