venerdì 6 settembre 2013

Le terrazze. Merzak Allouache, dall'Algeria con furore

Roberto Silvestri

C'è una scena chiave per capire il film. La tortura nella bacinella piena d'acqua è il simbolo della guerra di liberazione nazionale e dell' Fln. Quando le truppe francesi d'occupazione toglievano il respiro ai partigiani per farli parlare. Mohammed Zemmouri, in un celebre film comico sull'Algeria degli anni 60, Gli anni folli del twist l'aveva parodiata così: il partigiano torturato era contento della tortura dell'acqua perchè se la beveva tutta e risolveva i problemi atavici della sete. Questa volta la tortura dell'acqua è fatto da un algerino contro un algerino. Peggio da un fratello contro il proprio fratello....

In Tunisia, in Egitto, in Siria, in Marocco, in Libia, in Libano, in Giordania, in Algeria e nei paesi del golfo, l'Europa e l'America, se non fossero ipocrite come sono, dovrebbero intervenire, eccome, ma non per bombardare le strutture di difesa militare di chi non gli garba, ma per aiutare le moltitudini, di ogni fede, età e sesso, che dal basso stanno lottando senza armi in questi ultimi anni per abbattere l'assolutismo faudale, il fascismo travestito da religione e la reazione armata ispirata e finanziata dai wahabiti, che, in tutte le forme necessarie, comprese quella della dittatura socialdemocratica (Mubarack e Ben Alì), impediscono all'area di sviluppare una forma matura di democrazia e la propria potenza economica e culturale. 

Merzak Allouache, regista algerino
Quel che succede è invece che l'occidente gattopardesco aizza e arma le contrapposizioni più fasulle (sunniti e sciiti la più classica) perché, con sostituzioni di facciata, tutto resti congelato e nulla cambi. Solo Israele deve essere una democrazia se no il teorema non tiene. E gode un mondo di sapere che metallari e femministe, avanguardie operaie e contadina, sindacalisti e cineasti, scrittori e ceti medi nazionalitari del maghreb e mashreq vengano schiacciati, imprigionati, torturati, assassinati e messsi in grado di non nuocere.

Una band sulla terrazza di Algeri
Ce lo raccontava già il filosofo Michel Foucault, testimone del '68 tunisino. E con lui anche i grandi cineasti della nouvelle vague araba, come Merzak Allouache. Nel 1976 Allouache ha realizzato il dramma dolce-amaro metropolitano dalle mille sfumature Omar Gatlato, considerato un simbolo del nuovo cinema arabo, e uno dei capolavori del cinema africano. Era una sorta di I Vitelloni di Algeri, umorismo compreso. 

Il successo critico e di pubblico ha permesso al suo autore (scrive sempre le sue sceneggiature) di girare - caso raro in Africa - con una certa frequenza, anche se nella sua filmografia figurano non più di 15 lungometraggi a soggetto (il penultimo Il pentito, del 2012) e molti lavori per la tv e doc, spesso coprodotti dalla Francia.

Opere che ci hanno raccontato, problema per problema - corruzione, fondamentalismo islamico, dittatura del Fln, neocolonialismo, strapotere poliziesco e militare, guerra civile, oppressione delle donne, spaccatura arabi/berberi, etc -  la storia dell'Ageria indipendente, ma non ancora libera e democratica. 

Con il grande buco nero della guerra civile tra partito unico che fu di Ben Bella e di Boumedienne, il Fln e il Fis/Gia islamista, quando il cinema fu impossibile sia girarlo che immaginarlo.

Una lesbica sulla terrazza di Algeri
Coproduzione franco-algerina, ma c'è anche l'appoggio finanziario del Qatar, attraverso il Doha Institut, questo straordinario, per forza di immagine e sintesi drammaturgica, Es-Stouh, Le terrazze, di Merzak Allouache, chiude la competizione ed è una sorta di film summa non solo del suo cinema ma un po' della storia di questa cinematografia ex 'socialista araba'. 

Le cinque storie, tutte ambientate sulle terrazze di vari quartieri della capitale (Bab el Oued, il Centro, il suq, etc...) scandite nel tempo dalle cinque preghiere obbligatorie del muezzin e del musulmano pio, non a caso scodellano il dramma della guerra di liberazione, per voce di un reduce impazzito (e ingabbiato dai parenti sul terrazzo) dopo aver visto i traditori esaltati e gli eroi imprigionati, a vittoria ottenuta; la tragedia di alcune donne, o sfrattate (e costrette a vivere sul terrazzo), o molestate (da un capo religioso piuttosto sadico, che ne abusa con la scusa dell'esorcismo, sul terrazzo), o costrette al suicidio magari solo perché lesbiche (neanche fossimo nella cristianissima Russia), lanciandosi nel vuoto dal terrazzo; o le persecuzioni contro i comunisti  nei ricordi di un poliziotto in pensione, ex membro del Partito marxista-leninista, costretto alla clandestinità da Boumedienne e che copre un omicidio su cui indaga, commesso sul terrazzo, perché eliminare un neoliberista non è reato; i comportamenti mafiosi di una borghesia sempre più corrotta, avida e asservita al capitale estero che tortura a morte per interesse, sul terrazzo di un edificio ancora in costruzione, perfino un parente davvero stretto come il proprio fratello; l'ipocrisia dei religiosi che coprono lo spaccio di droga (afghana) con l'attivismo politico-religioso, praticato lontano da sguardi indiscreti proprio su un terrazzo; le difficoltà di un gruppo di musicisti della nuova generazione che non si vogliono vendere e che per suonare sono costretti a provare in terrazzo, ma davanti a manifestazioni di violenza domestica contro le donne non se la sentono di intervenire...  
Il mafioso qualunque di Algeri


Allouache non dimentica di criticare con sarcasmo anche i suoi colleghi artisti e registi della giovane generazione rampante che si credono 'esteticamente corretti' ma che, incaricati di girare un documentario su "Algeri, culla della cultura araba', nel disegnare, da una terrazza, una mirabile panoramica sul paesaggio costiero mozzafiato della città, si chiedono come evitare di sporcare con qualche astuto zig zag quella panoramica perché non si devono assolutamente inquadrare anche i suoi cimiteri imbarazzanti, quello cristiano e quello ebraico. 

Nessun commento:

Posta un commento