Mariuccia Ciotta
Venezia
The Zero Theorem |
Monty Phyton - Il senso
della vita, Terry Gilliam torna alle origini della banda di
umoristi laureati a Oxford, lui, unico americano (nato a Minneapolis
nel '40) a far parte del gruppo di eccentrici cineasti, prima di
dirigere i suoi film fantasgamorici e fantapolitici (Brazil,
L'esercito delle 12 scimmie, Paura e delirio a Las Vegas).
Disegnatore di tavole pop
mischiate a icone della grade arte pittorica, il regista (ormai
cittadino inglese) ha presentato qui a Venezia uno dei titoli più
pregevoli, The Zero Theorem, che deluderà
gli amanti dei suoi megafilm fiammeggianti.
Piccolo budget, tutto in
una stanza, anzi in una chiesa sconsacrata zeppa di pale, affreschi,
crocifissi e di monitor tridimensionali, cavi e spie elettroniche
seppelliti sotto giocattoli da prima infanzia, tute al neon, mucchi
di libri e sacchi di cemento... La chiesa dei frati Certosini fu
distrutta da un incendio perché nessuno ruppe il silenzio e
gridò “Al fuoco! Al fuoco!”. Prologo raccontato da un
Christoph Waltz (Inglourious Basterds, Django Unchained) nudo
e pelato, seduto al suo bancone di programmatore al servizio di una
mega società diretta da Matt Damon nelle vesti (mimetiche, i
suoi abiti riprendono sempre il motivo di poltrone e tendaggi) del
signor Management, colui che può stabilire a base di algoritmi
“il senso della vita” come estremo modello di profitto.
Soggetto e sceneggiatura
di Pat Rushin, docente di scrittura creativa all'università di
Orlando, The Zero Theorem è un trattato filosofico
travestito da commedia futuribile, con personaggi da fumetto e decor
che scimmiotta, in versione trash, Blade Runner. Fuori, nel
“mondo reale”, la città è tutta uno spot
pubblicitario con megaschermi invasivi e un caos da day-after in
colori pastello, una gran festa di carnevale con funamboli e
ballerini, umanità giunta al massimo livello di consumismo,
senza più desideri. Toccherà al solitario genio del
computer provare la “teoria zero”, il buco nero che inghiotte
l'universo, il nulla, l'esistenza insensata dell'umanità.
Inutile cercare il senso della vita, né in cielo né in
terra, l'unico mondo che conta è l'interfaccia digitale che
fornisce piaceri sessuali e giochi a premi. Ma lui, il malinconico e
misantropo programmista aspetta una telefonata da qualcuno che gli
promise, poi cadde la linea, di svelargli il mistero della vita, e
non si arrende all'annientamento interiore.
Gilliam mette su un circo
surreale con personaggi deformati, frutto dei suoi allucinogeni
abituali, e una pin-up bionda (Mélanie Thierry) che insieme al
ragazzino nerd, figlio ribelle di mister Mangament, gli fanno
assaggiare chi l'amore, chi una pizza canterina (il jingle parte
quando si apre la scatola) e lo trascinano su una spiaggia tropicale
dove il sole non tramonta mai, essendo di pixel. Per ora.
La solitudine
dell'individuo davanti al monitor e l'angoscia di un'umanità
perduta ricorre in molti film di generi diversi, dalla commedia
teenager Palo Alto (Orizzonti) di Gia Coppola, al film
d'animazione giapponese Harlock: Space Pirate di Shinji
Aramaki in 3D.
Gia è la nipote di
Francis F. Coppola (e figlia del giovane Giancarlo Coppola morto
tragicamente) fotocopia 26enne di Sofia, della quale ha preso la
malinconia da Giardino delle vergini suicide condita
con l'humour corrosivo di American Graffiti.
Palo Alto, spia
nel mondo degli adolescenti ricchi e annoiati della baia di San
Francisco, privati perfino del gusto di trasgredire. Fumano, fanno
sesso come esercizio di potere e di controllo, si strafanno senza
attirare l'attenzione dei genitori, più fuori di testa di
loro, e quando abbattono alberi secolari, provocano incidenti
stradali, o istigano allo stupro di gruppo, a fermarli è solo
la polizia. L'unica cosa che li mette in difficoltà, l'unica
linea invalicabile, è la dichiarazione d'amore.
Produce James Franco (qui
presente ovunque come attore, regista, produttore) nelle vesti di un
insegnante di ginnastica che dà il buon esempio alle sue
studentesse esperte in “blow job” e le inizia alla “prostituzione
intellettuale”, vai col professore (e suo analogo) e sarai
promossa.
Cameo per Val Kilmer,
ormai gonfio di alcol, nella parte del patrigno del suo vero figlio,
Jack Kilmer, dallo slang adolescenziale perfetto, attore promettente
come la giovane esordiente alla regia Gia Coppola, degna del nome
che porta.
Anche il Capitan Harlock è
preda di un vuoto cosmico che lo tormenta nel film d'animazione
basato sul manga fantascientifico di Shinji Aramaki, autore della
serie televisa in 42 episodi prodotta dalla Toei Animation.
Harlock: Space Pirate,
kolossal tenebroso che ripercorre le autostrade intergalattiche di
Final Fantasy, videogioco giapponese diventato saga digitale
con al centro la perdita della Terra. La Coalizione di Gaia domina
l'universo popolato dalla diaspora degli esseri umani, coloni ed
esuli, ai quali è interdetto il ritorno sul pianeta di
origine. La combatte il pirata immortale, vivo da 100 anni grazie
alla “materia oscura” che lo mantiene giovane e bello, alla guida
dell'Arcadia, gigantesca astronave dalla prua a forma di teschio.
Il digitale richiede
immagini “pesanti” per sfuggire all'effetto dell'assoluto
immateriale, così le navi spaziali e le armature metalliche
sono oggetti da archeologia industriale, sferraglianti e arrugginiti,
salvo poi farsi leggeri e volubili ologrammi, tanto per tradire la
loro vera natura.
La fanta-favola è
profondamente nobile e tutt'altro che stereotipata. Doppi e triple
personalità, enigmi, dubbi e capovolgimenti di fronte con al
centro le sorti dell'amato pianeta azzurro, ridotto a un cumulo di
macerie, morto a causa di antiche guerre stellari. Ma ecco Wall-E, il
robottino Pixar, l'unico abitante del deserto-mondo, innalzare il suo
trofeo, la capsula che contiene il fiore della vita, la pianticella
verde sopravvissuta alla catastrofe. Le citazioni si susseguono a
bordo dell'Arcadia, dotata di un timone di legno da vascello pirata,
quando il tempo aveva un andamento lineare e praterie e oceani un bel
colore verde-azzurro, proprio come in Gravity di Alfondo
Cuaròn.
Insomma, tutti gridano
“Terra!” declinata nel senso della vita, e del 35mm invocato da
Paul Schrader. Né analogico né digitale, né
nostalgia né cinismo. Mondi ibridi, multitecnologici, e
irriducibilmente umani.
Il lungometraggio giapponese è stato introdotto dal pregevole corto (3') Disney Mickey Mouse 'O Sole Minnie di Paul Rudish, studente della CalArts fondata da Walt. Altre credenziali: suo padre era un illustratore di Kansas City, Missouri, città dei primi esordi del papà di Topolino. Produttore della serie di cartoon in 2D per la Disney Channel, Rudish ha realizzato il gioiellino con un Mickey stilizzato, quasi irriconoscibile, immerso in una Venezia che sembra l'opera di May Blair, raffinata disegnatrice dell'ultima ondata di Burbank. Il suo “Small Word” (a Disneyland) è citato tale e quale con i suoi pinnacoli colorati, le linee essenziali, un neo-gotico pop, bellissimo. E così tutti i palazzi sul Canal grande dove Mickey Mouse fa il gondoliere canterino, prima di essere travolto da un grosso traghetto guidato a tutta velocità da Gambadilegno. Dettaglio sorprendente dopo l'orrendo incidente mortale avvenuto sotto il Ponte di Rialto pochi giorni fa. Inconsapevole della cronaca, il Topo si fa in quattro per conquistare Minnie, sbirciata su un balcone mentre serve a tavola i turisti.
Il lungometraggio giapponese è stato introdotto dal pregevole corto (3') Disney Mickey Mouse 'O Sole Minnie di Paul Rudish, studente della CalArts fondata da Walt. Altre credenziali: suo padre era un illustratore di Kansas City, Missouri, città dei primi esordi del papà di Topolino. Produttore della serie di cartoon in 2D per la Disney Channel, Rudish ha realizzato il gioiellino con un Mickey stilizzato, quasi irriconoscibile, immerso in una Venezia che sembra l'opera di May Blair, raffinata disegnatrice dell'ultima ondata di Burbank. Il suo “Small Word” (a Disneyland) è citato tale e quale con i suoi pinnacoli colorati, le linee essenziali, un neo-gotico pop, bellissimo. E così tutti i palazzi sul Canal grande dove Mickey Mouse fa il gondoliere canterino, prima di essere travolto da un grosso traghetto guidato a tutta velocità da Gambadilegno. Dettaglio sorprendente dopo l'orrendo incidente mortale avvenuto sotto il Ponte di Rialto pochi giorni fa. Inconsapevole della cronaca, il Topo si fa in quattro per conquistare Minnie, sbirciata su un balcone mentre serve a tavola i turisti.
Acrobazie di ogni genere
e la voce stentorea del gondoliere nato nel 1928 che canta l'opera
alla sua amata mentre, altra citazione commuovente, Willie la balena
tenore (Willie the Operatic Whale) emerge dalle acque della
Laguna e intona la sua romanza d'addio. “Sold out” anche per Paul
Radish.
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