Roberto Silvestri
Bisogna essere flessibili, se no non si
va avanti, nonostante il sindaco Pisapia e l'Expo. Se no si è senza contenuti (come Bersani) si è spompi (come Renzi). Non bisogna fermarsi mai. Milano freme. L'identità deve essere multipla, ora che Mazzarri è all'Inter. E,
vista la crisi di posti di lavoro, l'escamotage congeniato dal
protagonista di questo film, il comico, commediante tragico Antonio Albanese, è quello di entrare
in molte identità lavorative differenti. In pratica in tutte. L'ozio è anche il padre di tutti i lavori, ammesso che si sappia lavorare danzando, come piaceva a Joao Cesar Monteiro. E
Gianni Amelio ha seguito questo filo d'azione e d'ozio in questa bellissima, stranissima
avventura. Una fiaba, un fumetto, un divertimento molto istruttivo.
Solo i lavativi fischiano in sala (e qui alla mostra ce ne devono essere un
po', addetti ai fischi mirati). Perché si sentono scoperti. E non sono certo i bamboccioni, né i fannulloni di Brunetta, un politico che non sa dove è di casa la danza.
Gianni Amelio (sinistra) e Antonio Albanese |
Antonio Albanese (non a caso anche ballerino al sax tenore) e Gianni Amelio
costituiscono una coppia perfetta, a giudicare dalla riuscita di
questo gagliardo Intrepido. Speriamo che duri come quella Risi-Gassman o Monicelli-Sordi. L'idea è quella del rimpiazzo. Se si rimpiazza si lavora sempre. Grazie all'ozio, il padre della crescita e dello sviluppo.
Albanese, così, è stato un ottimo 'rimpiazzo' di
Amelio. Come se gli avesse chiesto di girare lui il film al suo posto
e Albanese avesse detto ok. Infatti Albanese sa fare proprio di tutto
in questo film. L'attore comico, l'attore serio, la spalla, il
generico, la comparsa, il regista in campo e fuori, l'attore albanese perfino, scusate il
gioco di parole, ma va proprio a Tirana a fare il minatore nei
paraggi e a chiedere scusa, per chi avesse equivocato, per Lamerica, con un pellegrinagggio capovolto....E siccome siamo per lo più a Milano nel resto del film (che il direttore della fotografia Bigazzi, che milano la sa catturare meglio di Roma, fa
piangere e fa ridere con la stessa abilità di Amelio e Albanese), ci
sono un sacco di cose da fare. Nell'edilizia, (l'expo), nel
commercio, allo stadio Meazza, che bisogna pulire. Come cuoco. Come
meccanico. Come tenutario di palestra di boxe...
Albanese minatore in Albania |
Prende il posto di chi si assenta, per svariati motivi, perché sta male o perché ha
un problema familiare o perché è troppo stanco e poi per la paga che danno... E si fa sostituire. Otto, nove lavori al
giorno. E di notte, ad attaccare i manifesti due volte di fila, perché non si può
dimenticare Ladri di biciclette quando si fa un film sul problema Italia, su un paese da ricostruire da capo (ammesso che il geniale Violante non ce lo riporti indietro, allo sfascio in cui stava).
Un
tempo i film italiani erano pieni di lavoratori e di disoccupati, di padroni orridi e di sfruttati in lotta, e non solo nel
neorealismo. Adesso hanno chiamato, perché costano meno, le controfigure, i rimpiazzi... Sono
quasi tutti extracom, ma Albanese è con loro. E se sono tanti i
lavori manuali ancora da coprire, sono tantissimi i lavori affettivi lasciati a badanti e estranei. Ma Albanese copre anche quegli spazi.
Gabriele Rendina, il figlio di Albanese in" L'intrepido" |
Il figlio in crisi di panico, che non riesce a suonare in pubblico anche se ha una professionalità da conservatorio e da Charlie Parker invidiabile. E la ex
moglie, che proprio deve aver preso una sbandata da ubriacatura leghista-mafiosa. E una probabile amante, vacillante, sull'orlo del suicidio e poi nel tunnel della depressione.... e gli amici di sempre, sempre pronti a
lasciarli, però, se diventano dei 'mostri' (e per i super profitti organizzano incontri pedofili....) perché il mondo cambia e non tutti
sanno stargli dietro. Albanese si fa seguire dal mondo, non precedere.
Albanese al concorso, rimpiazza anche una concorrente, Livia Rossi |
Gianni Amelio da piccolo leggeva, come
tutti quella della sua generazione, l'Intrepido, un inebrainte
fumetto per ragazzi più serio, ponderoso e avventuroso del Monello,
che ne era la versione light, cazzona e stracult. Il modello di
maschio che trasmetteva l'Intrepido, attraverso storie
esotiche, di mare e di terra o melodrammi familiari strappalacrime,
era quello del super eroe tutto d'un pezzo, virile, capace di ogni
impresa, viaggiatore alla Garibaldi, eticamente impeccabile, dalla
parte dei poveri e degli sfruttati, e anche romantico, ma anche
strafatto di valori astratti, tipici di una cultura ancora
comunitarista e contadina, come l'istinto patriarcale un po' misogino,
un eurocentrismo incapace di autocriticare la storia d'Italia e i
suoi crimini, e malato di triade 'Dio, patria e famiglia' (anzi Miss
Violenza, come l'ha rinominata il greco Alexandros Avranas,
quella macchina incestuosa di immensa potenza).
Per fortuna Gianni Amelio ha poi via
via affinato la sua griglia di valori modernizzandosi con il cinema
americano classico, quello dei tre decenni 30-50, di cui è uno dei
maggiori cultori e collezionista di dvd, vhs e laser disc, a forza di iniettarsi nelle vene 'individualismo
democratico', antirazzismo, jeffersonismo e 'femminismo come programma minimo'. E noi
con lui.
E credo che una delle ispirazioni per il suo nuovo film in
gara a Venezia (e tra i suoi migliori in assoluto, degno dell'epoca
La città del sole o Il piccolo Archimede)
provenga proprio dalle saghe rooseveltiane e della resistenza
anti-Truman. Pensiamo ai tre film dedicati a Mister Elia Belvedere,
il personaggio interpretato negli anni 50 da Clifton Webb (un
geniale attore gay, che pagò molto cara l'esibizione sfrontata e
'anacronistica' della sua identità sessuale differente da quella di Alain Delon) che, nato più o meno
in parallelo con le svisare contorsioni del contro-eroe Jerry Lewis - incapace di fare
alcunché, di lavorare, divertirsi, amare, comportarsi secondo
l'american ways of life, perché la civiltà americana si era
ammalata e conformarvisi significava tradire i valori più alti della
dignità e della solidarietà umana - affermava la stessa cosa, solo
ipotizzando, in stile pop art, che invece questo elegante,
impeccabile, gentleman, il colto Mister Belvedere sapeva fare proprio
tutto tutto tutto quel che si doveva e meglio del galateo conformista e di chiunque: dal baby sitter al
campione di salto con l'asta, dal casalingo all'operaio, dal
professore di yoga alla soluzione dei test attitudinali più
complessi, dalla progettazione di missili a lunga gittata alla
telefonata dall'apparecchio pubblico (e senza pagare un cent) al
Presidente degli Stati Uniti. C'è un modo di fare arte critica urlando, alla action painting, alla howl di Ginsberg, alla rock'n'roll (Jerry Lewis) e c'è modo di fare arte critica alla pop art, con l'ironia, con il sarcasmo camp, con la satira sottile, con il dichiarare un altro tipo di grande sì alla vita (Warhol, che si faceva sempre rimpiazzare da chiunque, alla macchina da presa e nelle conferenze stampa, e Amelio-Albanese). Amelio qui la smette anche di credersi un Albert Camus, anzi meglio, come nel precedente film. Una lezione di umiltà che abbiamo gradito e cercheremo di copiare.
Nessun commento:
Posta un commento