venerdì 6 settembre 2013

Parkland, l'omicidio di John F. Kennedy visto dal "lato umano"


Mariuccia Ciotta

Venezia


Zac Efron in Parkland
Mistero sul Leone, a parte qualche voce sulla “sorpresa” promessa da Bernardo Bertolucci, presidente della giuria, che speriamo non assecondi un certo conformismo cinephile addestrato a fischiare o applaudire senza correre rischi. Fischiato ingiustamente L'intrepido di Gianni Amelio tornato ai tocchi surreali e minimalisti dei suoi primi film, e applaudito un film piatto come una tavola da surf, esordio del “giornalista investigatore” statunitense Peter Landesman, tratto dal libro di Vince Bugliosi Four Days in November.

Parkland (concorso) è il nome dell'ospedale di Dallas dove il 22 novembre 1963 John F. Kennedy fu trasportato con il cranio fracassato dalla famosa “pallottola magica” che seguì una traiettoria incredibilmente deviata (compì acrobazie iperboliche e ferì diverse persone). Solo la commissione Warren lo fu di più.

Decine di film e centinaia di libri sono tornati su quel giorno di novembre che cambiò la storia non solo americana, ma Parkland sceglie un altro punto di vista, quello della “gente comune” che gravitò intorno all'ospedale. Medici, infermieri, guardie del corpo, agenti dell'Fbi, e i congiunti di Lee Harvey Oswald, il tiratore, ufficialmente l'unico responsabile dell'attentato mortale.

Devo scrivere un pezzo sul lato umano della vicenda” ironizza Clint Eastwood in True Crime davanti al condannato a morte in attesa del boia, e così Landesman si avvia verso una tremula, lamentosa Jacqueline Kennedy con in pugno una scheggia di cranio del marito, disteso sul lettino chirurgico e immerso in un mare di sangue, litri e litri che imbrattano camici bianchi, colletti, cravatte, braccia e volti. Il medico stagista (Zac Efron, oggi più conosciuto di Kennedy e oggetto di desiderio al Lido) si ritrae timoroso - il primario non vuol essere disturbato, “Il presidente? Si sarà preso un raffreddore” - e poi compulsivamente batte sul torace di Kennedy davanti a una platea di alti funzionari con i volti costernati di fronte a tanta competenza per la serie E.R -medici in prima linea.

 

Il “lato umano” del film si estende alla famiglia di Lee Harvey Oswald, a cominciare dal fratello problematico che in una lunga, dolente conversazione con il detenuto non riesce a chiedergli se e perché ha ammazzato il presidente. Mentre alla madre, raffigurata come una pazza delirante, è affidato il compito di dire una mezza verità: suo figlio è un agente dei servizi segreti americani, non sovietici (Oswald si era recato in Urss e si proclamava comunista).

Colpito a morte durante il trasferimento in carcere nei sotterranei della polizia di Dallas, stretto tra agenti di polizia, Oswald sparisce di scena. Nessuna parola sul suo killer, Jack Ruby, morto in prigione. L'obiettivo si concentra sulla lunga cerimonia funebre dell'attentatore (che sempre si dichiarò innocente) e sull'interramento commosso e pietoso. La sensibilità di Landesman non viene meno neppure quanto la Cia si rivolge ad Abraham Zapruder (interpretato da Paul Giamatti) per ottenere il celebre super8 che contiene le immagini del corteo presidenziale in Elm Street, “Ci pensi un po', per noi averlo è importante”. Il filmino di 22' mostra tra l'altro tracce di fumo uscire da dietro una collinetta (Oswald sparò dall'alto di un edificio) verso la quale si riversa la folla, il che avvalora la testimonianza del vero Zapruder in diretta tv e davanti ai servizi: “Ho sentito un primo sparo, e poi altri due”. Nel film, se si presta attenzione, si sentono tre colpi mentre il super8 registra le immagini, ma neanche un parola della testimonianza di Zapruder, che deciderà di vendere il suo prezioso filmino all'editore di Life per 50.000 dollari, ai quali seguiranno chissà perché altri 150.000 “per i diritti tv”. Il super8 finì in un cassetto. Nel film, Zapruder si accolla la responsabilità: troppo scioccante, è meglio non mostrarlo al pubblico.

Il fumo emotivo affumica ogni dubbio, anzi si presta a consacrare la verità della Commissione Warren. Un solo solitario assassino, una sola pallottola. Il revisionismo storico (qui finanziato da Tom Hanks e Gary Goetzman) passa attraverso i buoni sentimenti, dietro ogni crimine c'è sempre un cuore che batte, una madre piangente, un Donald Rumsfeld che fa l'occhiolino, e un devoto maggiordomo nero alla Casa bianca, Cecil Gaines, elogiato per la sua ubbidienza a otto presidenti in The Butler di Lee Daniels.

Parkland è pieno di vibrazioni umane, per esempio quelle di Lyndon Johnson stravolto sotto l'ala protettiva degli agenti, presidente per grazia ricevuta dal Texas. E zeppo di omissis. Niente su quella Cia meno gentile che figura tra le ipotesi di complotto nell'assassinio Kennedy in sodalizio con la mafia di Sam Giancana ed elementi cubani anti-castristi. L'anno precedente, nel 1962, si ricorderà la crisi dei missili nucleari sovietici di Cuba, a un passo dalla terza guerra mondiale, e l'accordo con l'Urss in cambio della promessa americana di non invadere l'isola di Castro. John F. Kennedy non invase Cuba, e a qualcuno, si dice, dispiacque.

Il film in realtà non è sull'omicidio Kennedy” rivela Landesman. Già. E se volete vedere il super8 di Zapruder cercatelo su YouTube.










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