venerdì 6 settembre 2013

Elogio del tradimento. 'Venezia Salva' di Serena Nono ovvero l'antitesi artistica

Roberto Silvestri

  
Serena Nono
Nel terzo film, presentato dalle Giornate degli Autori, realizzato da Serena Nono in collaborazione con la Casa dell'ospitalità di Venezia e Mestre, una struttura che accoglie persone in difficoltà finanziarie e mentali, e senza dimora, e dunque un cast transetnico e transculturale, dalla forma più libera e documentaria (Ospiti , 2007, e Via della Croce, 2009) si passa al copione di ferro, alla parte da imparare a memoria, - e non tutti sono superprofessionisti come David Riondino - alla scena teatrale (ma in senso Brecht, de Oliveira o Straub, il testo si digerisce a seconda dei corpi recitanti, ma poi si indica che lo si è fabbricato, non interpretato e dunque annientato) molto più impegnativa, alle luci che devono fare pittura d'epoca e non devono farla (oscillando tra le due parole d'ordine Tarek Ben Abdallah inventa un mondo cromatico di ombre, neri e colori   'a parte'), alla musica che non commenta o accompagna le immagini anzi le tradisce, partecipa all'intrigo, di Ernst Stolz, agli spazi dove si svolsero i fatti autentici della storia 'montati' anche da Manuela Pellarin: palazzo Ducale, Arsenale, campo San Zaccaria, campo S. Francesco della Vigna e palazzo Benzon. Una mostra di quadri e bozzetti e story-board disegnati dalla regista (che è anche pittrice, come Lynch, Antonioni, Fellini....) si svolge contemporaneamente a Venezia.


  
David Riondino e Roxana Kenjeeva
Infatti la tragedia è in costume, in tre atti, con il prologo. 

Che vuol dire tragedia? Che non c'è composizione dialettica possibile. Niente sintesi, solo antitesi. Che l'anima del protagonista, dell'eroe, in questo caso il traditore, rimane scissa, lacerata e infine 'tradito'. Aveva ragione? Aveva torto? Si è comportato bene? Male? A questo punto tocca a ognuno di noi giudicare e emettere la sentenza. Una tragedia, insomma, di stampo greco. Liberamente ispirata al dramma di Simone Weil scritto negli anni della seconda guerra mondiale quando non ci si poteva augurare altro che una congiura ben congegnata contro il Fuhrer. . 

   Venezia salva racconta fatti accaduti più di quattrocento anni fa. Ma sembra oggi, in questo momento di grandi congiure di giganti affamati contro piccoli ancora più affamati e alti tradimenti, di processi a efebici militari americani mutanti, che si sono trasformati in 'anime belle', in un'era di commuoventi 'maramaldi' digitali dell'Impero che crescono di numero. Sono eroi? Sono traditori? Il cast multicolore e multilinguistico rispecchia la Venezia dell'epoca, una potenza commerciale mercantilmente 'corretta' e dunque mista. La presenza sul set di eredi di dinastie celebri, come Caroline Murat, ha perciò un suo senso storico, così come quella dei tanti mercenari fedeli alla Serenissima, mori, anti ugonotti francesi,   anche quando la febbre del cattolicesimo recitato a pappagallo divenne la grande moda controriformista del momento....  

  
Il processo al traditore (Jaffier - Nicola Golea)
Allora, all'inizio del XVII secolo, ci fu un altro progetto globalizzante, anzi ecumenico, e totalitario, quello dell'Impero spagnolo, colonialista e predatorio, antisemita e indocile alle minoranze. Contro, una piccola realtà felice ed eretica. Venezia. Prezioso laboratorio finanziario di un capitalismo a venire. Ci sono da una parte gli 'assolutisti', barbari e selvaggi, nella loro inebrante fede identitaria, travestiti da religiosissimi esecutori di ordini indiscutibili piovutigli dai cieli più alti. In sostanza il potere cieco all'opera, gendarme del pensiero unico, letteralista e fondamentalista, mentre sta per esercitare brutalmente tutta la sua forza, una violenza contro chi si ha ragione di considerare militarmente meno forte, più vulnerabile, perché non in grazia di dio e 'piccolo'. E non sa che sta sperimentando, invece, la propria fine. Se davvero Osama e i fondamentalisti, Al Qaeda e i fratelli musulmani sono mostri anticomunisti preparati in laboratorio dal Pentagono, l'America sarà certamente travolta e sparirà come l'Impero di Spagna, quello sul quale non tramonta mai il sole...E chi sono oggi quelli che si oppongono al totalismo culturale? Ancora i francesi. Che qui, è un provenzale l'eroe, salvano Venezia, e a Roma, qualche anno prima, avevano salvato dal conformismo pittorico e dal pietismo obbligatorio, il Caravaggio, proteggendolo dall'Inquisizione. Ovvio che Caravaggio in qualche modo sia omaggiato nel film, ma non iconograficamente, filologicamente, bensì sostanzialmente. Si fa cinema solo con chi ha studiato nelle università della strada, ci suggeriva il Merisi. Se no si fa solo tappezzeria preconfezionata.     

I congiurati e la cortigiana

   Infatti. Anche allora. Dall'altra parte c'era un capitalismo dell'al di qua, 'leggero', più laico e meno esibizionista, più serio e estroverso nel traffico con l'altro, nel mercato con tutti, e più longevo perché molto poco incestuoso, che distilla qualche profezia di democrazia (il consiglio dei dieci è un organo quasi anarchico), che maltratta gli ebrei ma non li caccia, con oasi di tolleranza culturale, qualche procedimento di democrazia diretta (niente gondole blu per i parlamentari e per i ministri) che certo hanno ispirato il movimento 5 stelle, e una libertà sperimentale artistica che non ha eguali... Se la Prussia, per fare un esempio storico finito invece malissimo, aiutata da Austria e dallo zar, e da una sinistra e una estrema sinistra ancor più inetta di questa, non l'avesse schiacciata, staremmo parlando anche della Germania del 1848 progettata transculturale da Marx e Wagner... 

  
Serena Nono e Tarek Ben Abdallah
Nel 1618 la Spagna cercò insomma - lo dicono anche i documenti d'archivio - di impadronirsi di Venezia e di metterla a ferro e a fuoco. Distruggerla. Sbriciolarla. Restituendola  alla laguna. Solo Napoleone avrebbe fatto di peggio, trasformando i canali in strade d'asfalto... Ma la Spagna fu fermata. Da un tradimento. Fatto in nome della 'bellezza' del mix stilistico e etnico, di quell'urbanistica marziana, di quella città invisibile all'occhio rozzo, che si rispecchiava in Laguna. 'Come posso io dare l'ordine di bombardare Damasco?' dovrebbe oggi dirsi, in veneziano, Obama, tra sé e sé. Contro ogni logica razionale, ogni certezza etica, contro i più profondi sentimenti di ambizione politica, di amicizia e di lealtà, a costo di far decollare e impiccare tutti i miei amici più cari (chi si può fidare infatti del dominio?) parlerà, rivelerò ogni cosa... E il dramma di Jaffier, l'ufficiale provenzale innamorato della figlia del più (in realtà l'attore non professionista che lo interpreta è un pittore rumeno, Nicola Golea) che ha tutti i militari con sé e deve solo dare, a mezzanotte, l'ordine. Non lo darà.  Dirà tutto al consiglio dei dieci, chiedendo in cambio la vita in salvo dei congiurati. Non la può ottenere. I rapporti di forza non gli sono favorevoli. Un passato di fedeltà alla Serenissima non serve a nulla. Per chi sbaglia l'ultimo film non c'è redenzione, come a Hollywood.


   La congiura era stata organizzata dall'ambasciatore del re cattolico presso la Serenissima, il Marchese di Bedmar, e dal duca di Osuna, viceré di Napoli. E finisce così in un massacro. Tortura, impiccagione per tutti. Jaffier traditore e salvatore alla fine viene tradito e muore, mentre i diplomatici verranno rispediti al mittente. Venezia è salva

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