Alla vigilia di chiusura, a Cannes 2015, arrivò la bellezza in persona e ora è in Italia, non lascetevelo scappare. The Assassin di Hou Hsiao-Hsien (che era concorso), interprete e padre della nouvelle vague taiwanese (anche se il film sul catalogo risulta “cinese”, Pechino non gradisce), Leone d'oro '89 con La città dolente, invitato d'onore ai festival e già ospite di Cannes (Il maestro burattinaio, '93). Dinastie, regni, mitologie e storia sfogliati come un libro rilegato d'oro dalle immagini sottratte all'armamentario del genere. Decostruzione del genere wu xia pian, “film di cavalieri erranti”. Il regista spezza l'azione dei grandi affreschi epici e fonde la materia “arti marziali” nell'astrazione di quadri sospesi, non in cinemascope a linee orizzontali, come Ang Lee o Zhang Yimnou, ma a quadro quadrato, dipinti con la luce, controluce e fuori-fuoco, l'azione congelata dietro veli, tende ricamate, vapori. Eleganza contemporanea e ridisegno di un'epoca che rievoca, distanza di stile e secoli a parte, l'opera di Todd Haynes sugli anni '50 di Carol, e rispetto alla fluidità danzante del geometra Ang Lee qui ci sbigottisce la sperimentazione visiva degna del visionario vellutato e travestito Jack Smith.
Rumore di sciabole, sangue, lotta
acrobatica si dissolvono nel contro-potere di una giustiziera, Nie
Yinniang (Shu Qi), bellezza androgina dai tratti mongoli da far
impallidire le carni bianche di principesse e concubine,
un'apparizione conturbante al pari del samurai transgender di Oshima
(Tabou). Sensuale e acrobatica, è incaricata di uccidere
dall'”ordine degli assassini” i dissidenti del regno centrale, e
in particolare suo cugino Tian Ji' an, governatore della provincia
militare di Weibo, al quale era promessa sposa prima dell'esilio e
dell'iniziazione alle arti marziali della nonna, icona bianca e
maestra crudele. Yinniang combatte con gesti danzanti e non porta
mai a termine la lotta, volteggia e disarma stuoli di aggressori ma
poi s'incanta nell'assenza. La vera sconfitta dell'avversario sta
nella negazione del suo rituale di morte. Qualcosa d'attuale che
suggerisce la non corrispondenza tattico-filosofica con i “tiranni”.
Hou Hsiao-Hsien non decora , scompagina gli avvenimenti delle due
Cine con intarsi di preziosità “fuori posto”.
The Assassin segue l'esempio
della killer imbattibile - inebriante la scena del combattimento con
il possente cugino barbuto reso impotente da giochi di prestigio –
si distrae dalla narrazione, va a cercare mantelli neri trapuntati di
rosso, stole di seta, soprabiti damascati (una sfilata di alta moda
modernissima) la liturgia cosmetica e la vestizione delle bambole
cinesi... Su fondali fiabeschi si incidono le figure della leggenda,
spostate dal loro luogo naturale dalla presenza fantasma di Yinniang,
l'assassina “dalla tecnica perfetta e dal cuore ancora schiavo dei
sentimenti”. Ad avere entrambe le doti si può essere Hou
Hsiao-Hsien.
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