Mariuccia
Ciotta
Ai
confini geografici ed emozionali, La vita possibile di Ivano
De Matteo ha quel profumo assente in molto cinema italiano, qualcosa
che mette in circolo pensieri e immagini transnazionali, senza frufru
gergali, tutto nella storia di Anna (Margherita Buy) colpita al
cuore, non metaforico, di un marito visto solo di spalle, anonima
presenza da cronaca nera.
A
Torino con vista sulla Francia (produzione italo-francese,
distribuzione Teodora) il regista di Gli equilibristi e I
nostri ragazzi (invitato alle Giornate degli autori di Venezia
2014) tesse una trama sospesa nel tempo di un tredicenne, Valerio
(Andrea Pittorino), perduto sotto i portici della città fredda - i
due fuggitivi vengono da Roma – in cerca di un rifugio per un
alieno, un ragazzo invisibile che neppure la squadretta di quartiere
invita a giocare. Valerio, bello e biondo, se ne va in bicicletta
come Le gamin au vélo dei fratelli Dardenne in cerca di un
padre che potrebbe assomigliare al ristoratore francese Matthieu
(Bruno Tedeschi) un tipo fascinoso e dal passato oscuro, ex campione
di calcio nel Toro.
A
consolarlo della perdita c'è poi Valeria Golino, Carla, attrice di
teatro, sprizzante gioia di vivere, battute allegre e perforanti,
permissiva con il tredicenne quanto la madre è angosciata a ogni suo
ritardo. Carla ha accolto l'amica nella casetta torinese dove non c'è
la televisione (“scusate, ma la odio”), si sa, è un'artista...
così non si possono vedere le partite. Allora Valerio scende al bar
del francese barbuto per il derby e mangia trash-food, beve CoCola e
un po' si confida.
Il
suo vagare per le strade di Torino, lungo il parco del Valentino
segna il ripetersi dell'allucinazione, la scena di uno shock, suo
padre è un mostro e sua madre una vittima colpevole che gli nasconde
la lettera di pentimento del genitore recidivo.
Margherita
Buy è una nebulosa nel “pieno” del razionale, presenza angelica
e confusa di fronte ai sentimenti distorti degli umani, i suoi
occhioni celesti attireranno sempre molestatori violenti. Per vivere,
andrà a lucidare le vetrate postindustriali di uffici enormi e
sontuosi, Cenerentola notturna che, finito il lavoro all'alba,
porterà un croissant caldo al figlio prima della scuola, come la
protagonista di Anche per te di Lucio Battisti, “per te che
è ancora notte e già prepari il tuo caffè... per te che metti i
soldi accanto a lui che dorme e aggiungi un po' d'amore a chi non sa
che farne”. Valerio non sa che farne né della madre né del suo
dolce preferito, è pieno di rabbia, odia la calma apparente di quei
giorni torinesi. I neuroni-specchio si attivano e riflettono il lutto
inconsolabile del ragazzino sulla bicicletta che De Matteo guida
verso un nulla carico di misteri, dentro la città magica. Ma,
succede nelle favole, Valerio incontra la faccia affusolata e
ringhiosa di Caterina Shulha (magnifica), la piccola bielorussa che
si prostituisce nelle ombre del parco. Ogni volta che la ragazza
bruscamente lo caccia - non è posto quello per un bambino -Valerio
si consola. Si sente uguale a lei, con un buco dentro. E finiranno
per innamorarsi, per andare al Luna park e a fare shopping, una
maglia della Juventus per il figlio lontano di Caterina, una del Toro
per Valerio. Passeggiate quasi parigine nei boulevard degli anni
sessanta. L'uscita dai canoni sentimentali, lo scandalo di una
relazione inconcepibile, il rovesciamento dell'aberrazione pedofila.
Il tredicenne e la signora.
La
vita possibile è un film raro per l'Italia della commedia e
dello stereotipo, un “miracolo possibile” che alla fine convince
anche i supponenti monelli torinesi, finalmente pronti a chiamarlo in
squadra. E sgela perfino i principi dell'attrice off-off, comprerà
la tv.
L'imprevisto
motore del cambiamento, fuori campo, fuori famiglia, nello sguardo
della sconosciuta dove si intravvedono prospettive altre.
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