Il campione dei pesimassimi Chuck Wepner, il vero Rocky |
Roberto Silvestri
VENEZIA
Liev Schreiber non l'ho
davvero riconosciuto, se non dopo i titoli di coda, dietro il suo
perfetto travestimento anni settanta da baffuto “Bayonne Bleeder”
campione di pugilato bianco del New Jersey, categoria pesi massimi.
Segno che questo film realizzato con i boxeur, ma non “sul pugilato
d'epoca Cassious Clay e Don King”, qualche originalità la
possiede, non se la mena coi gadget e la moda anni 70, ancora meno di American
Hustle, di cui ruba il luminismo tonale beige freddo con rosse
striature, nonostante la grande tradizione, con annessi stereotipi,
che collega la boxe al cinema e che in The Bleeder (fuori
concorso), vengono
ricordati da continui frammenti di Una faccia piena di
pugni, l'odissea tragica di
Mountain Rivera/Primo Carnera raccontata da Ralph Nelson con Anthony
Quinn in un famoso film in bianco e nero del 1962. La gloria e la
decadenza. Il circo e la mafia. La criminalità e gli incontri
truccati. La famiglia che protegge ma non basta. Perché poi divorzia dalla moglie Phyllis (la mora Elisabeth Moss) sarà
con la bionda Linda (Naomi Watts), di cui condivide la passione per l'alcool, da mescere agli
altri, che la sua vita finirà. E il manager senza scrupoli. La
ricchezza improvvisa e la fama che scodella donne a volontà e che fa
vacillare le migliori coscienze. Il tunnel della droga. Ma
soprattutto lo spettacolo pugilistico offerto dalla categoria dei
boxeur incassatori. Con tanti, benedetti, inestetismi, da arte brut,
altro che l'iperrealismo patinato di Toro scatenato.
Quelli che sanno resistere, che non crollano (quasi) mai, che
finiscono i match in piedi, anche se sanguinanti, che potrebbero
morire sul quadrato sono i campioni subliminali del pugilato (Vito
Antuofermo, ancor più di Wepner).
Il “sanguinante”, questo è il
significato di The Bleeder.
E questo era il nomignolo (poco gradito) nato nel quartiere che
perseguitò a vita Chuck Wepner, un peso massimo che vinceva o
perdeva sempre soffrendo e che gli annali ricordano perché fu
l'unico sfidante bianco a resistere (in un combattimento avvenuto il
24 marzo 1975 presso Cleveland, a Richfield, e valevole per il titolo
mondiale) per quasi tutte le 15 riprese a Mohamed Alì, che Wepner
riesce perfino a mandare al tappeto (probabilmente aiutato da un
micro sgambetto invisibile). Alì si era appena riconquistato la
corona dopo aver battuto tra la sorpresa generale George Foreman a
Kinshasa nel 1974. Immagini di repertorio che ovviamente si vedono
nel film e che nuocciono gravemente alla credibilità dell'attore che
interpreta (riconfigurandolo male, e ingrassandolo perfino) Alì (la
stessa caduta di credibilità e verosimiglianza quando un attore
cerca di impersonare Stallone...).
Naomi Watts e Liev Schreiber |
Al canadese francofono Philippe
Falardeau, Schreiber affida la regia (pulita, senza fronzoli,
dinamica, tonica come quando si è in forma sul ring) del suo
progetto che ricapovolge, dalla storia al Mito, e dal Mito alla
cronaca vera, l'epopea di Rocky Balboa raccontata da Stallone nel
capitolo 1, più volte Oscar nei primi anni 70 grazie a Avildsen. Il
vero Rocky era Wepner (anche se, ci dice il film, Stallone e la
United Artists non hanno dato neanche un dollaro per comprare la
storia al vero Rocky, e forse Cimino l'ha fatta crollare per
vendetta). L'eroe che perde, ma resiste. 35 vittore. 14 sconfitte.
Due pareggi. Due soli ko in carriera, ma ben otto rotture del naso e
313 punti di sutura. Tra i più spettacolari e feroci incontri della
storia, da quando i pugili indossano i guantoni, quello contro Sonny
Liston, che lo ha battutto a Jersey City alla 10a ripresa il 29
giugno 1970. Se ne fa solo cenno. Poi, dopo Alì, il declino. Un po'
di tempo in galera per spaccio di cocaina. Un matrimonio finito e una
totale incapacità di Wepner di vivere al di fuori del quadrato,
senza saper distiguere le persone che gli vogliono bene (Phyllis, la
moglie, il fratello, la figlia, il nipote...) da quelle che lo
sfruttano e lo portano a combattere, a fine carriera, con i campioni
di wrestling e addirittura con feroci orsi giganti.
Il vero Rocky e il finto |
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