VENEZIA
Sono apparsi sul Lido,
vera macchina teorica per rianimare i generi perduti, oltre a Zombi
di Romero e a Un lupo mannaro americano a Londra, intesi come
libri di testo, due-tre nuovi bellissimi film indigesti, slasher,
gore, splatter, che tagliano e segano tutto e subito, si introducono
in ogni foro possibile e immaginabile, che sanguinano, irritano,
fanno strepitare e... ricominciano dal medioevo. Dal secolo buio.
Dove violenza regna, dentro e fuori i corpi. Indicano però quel
momento indocile del medioevo in cui scatta la mutazione. Il
“preferirei di no”. Il medioevo alchimista, sperimentale,
neoscientifico, andaluso e sovversivo, che guarda indietro alla
Grecia pagana e dionisiaca per andare avanti, contro il dogma
cristiano illiberale e sessualmente repressivo, quando una parte del
mondo antico, quella dei trovatori e dei filosofi islamici eretici, è
pronta a saltare sul vento della modernità e a salpare verso un
illuminismo (mai ben completato). Guarda caso due sono iraniani della
diaspora, Monte di Amir Naderi (lì si tagliano le montagne,
secondo un dotto detto maoista) e The Bad Batch di Ana Lily
Amirpour (qui si tagliano le braccia e le gambe umane con la sega,
secondo un desiderio irrefrenabile del cannibale, che non ha più
altro da mangiare), a indicarci quel momento fatale della storia
umana, che inizia con Giotto e Dante, con Averroé e Avicenna e
finisce proprio con l'inferno cannibale descritto dal luterano
olandese Hieronimus Bosch con immagini che rendono qualunque
efferatezzo sullo schermo un gioco da ragazzi di oratorio. Dire basta
all'orrore. Deviare la corso fatale. Anche Escalante e il suo cupo
pamphlet sul Messico della disperazione di oggi, Una regione
selvaggia, risposta tutta sessuale al cerebrale e puritano
Arrival, mixa tragedia contemporanea (della disoccupazione e
della sottooccupazione, dell'erotismo e del sottoerotismo), a
fantascienza, e escogita la scatola orgonica reichiana adatta al
sottosviluppo, per riattivare almeno i sensi perduti, costituita da
una piovra orgiastica che farebbe faville in un sex shop perché
multiuso e della consistenza giusta (viene dallo spazio), per
distendere nel piacere le muscolature irrigidite dallo sfruttamento
intensivo. Ovvio che se erotismo è accettazione della vita fin
dentro la morte, molti rischi dovranno pur correrli i nostri
protagonisti, emarginati nevrotici o borghesi corazzati. Non solo in
Messico, e in Trumplandia. Siamo oggi tutti nel “nuovo medioevo”,
visto le collezioni di carneficine che ci lasciamo alle spalle, tra
Ruanda e conflitto Iran-Iraq, e il boom bellico del fanatismo
religioso ovunque nel globo riacceso e scatenato grazie alla “banda
Bush”. Il “genius loci” però non abita più qui. La
deterritorialità ha mischiato le carte. Si tratta di cambiare
paesaggio, ovunque. Set e set mentali. O nella dispora, fuggendo via
da casa, ed è la strada Amirpour, che preferisce inventare nel
deserto dal caldo secco (ma pieno di mosche perché putrido) nuove
geogrefie emozionali o nella modifica del proprio territorio
naturale, atavico, ancestrale, comunitario, come succede in
Friuli-Venezia Giulia-Carnia dove è ambientato il più umido
ombroso, boscoso e dark Monte. La terra non basta più a
produrre i beni necessari? Non c'è luce? Scappano via tutti? I
vicini credono che chi abita nel cono d'ombra sia diabolico?
Stregonesco? Demoniaco? Ebbene la soluzione è sgretolare la
montagna. Abbatterla. Arriverà il sole. La modernità. Il mercato.
Non è più la terra degli antenati? Meglio. Ottima indicazione per
uscire dal localismo e dal comunitarismo pur restando fermo...in
moto. Buona ricetta per chi combatte, da dentro, oggi in Iran,
Messico, Turchia, Siria e....Texas. Dove, è il film di Amirpour (che
già si è occupata di vampiri in stato d'allarmo, e dopo Twilight la
missione ra davvero impossibile), un cannibale padre si converte alla
carne di animale non parlante grazie all'apparizione di una sorta di
venere di Milo (per via del braccio e di una mezza gamba che le hanno
già mangiato) in un futuro distopico che relega nel “fuori mondo”
disperati&gangster o muscolosi profughi “sans papier”. I
primi se la cavano con il traffico della droga gestito da un Keanu
Reeves che in pochi tocchi fa meglio di Milian e di Fernando Sanchez
il mostro baffuto da “cartello della droga”. I secondi
sopravvivono solo mangiano i malcapitati umani del “Lotto cattivo”
che deambulano nella brousse. Insomma c'è una quarta via tra
capitalismo di metropoli, giro della droga e fanatismo che non guarda
in faccia a nessuno? Sì, ci dice il film. Basta trovare sui nostri
passi un body builder cubano che ha tatuato sul braccio la bandiera
di Fidel, ed è già fuggito a Miami, ma che il socialismo in una
sola famiglia se lo dovrà letteralmente reinventare.
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