Roberto Silvestri
Venezia.
In due film fuori
concorso, Black Mass del virginiano Scott Cooper e La prima luce di
Vincenzo Marra (Giornate degli Autori), c'è la stessa identica
scena. Ma che differenza di fraseggio! Il papà, lì il gangster
Johnny Depp e qui l'avvocato Riccardo Scamarcio, consigliano al
figlioletto di rispondere sempre alle provocazioni manesche dei
bulletti di classe. Identica e scandalizzata è la reazione delle due
mamme. “Non si fa”. Non bisogna educare i figli alla violenza.
Chissà perché, poi. Come se non fossero proprio le donne,
casalinghe o meno, e poi entrambe americane, una del nord, una del
Cile, come in questi casi, le persone più esperte nella secolare
arte della legittima difesa. Avete presente Craig's Wife? No.
Il personaggio di Scamarcio ha però una giustificazione. Non c'è
più Vieri Razzini a raccontarci il ciclo Dorothy Arzner in prima
serata tv. In Usa sono molto più aggiornati....
La differenza delle
due scene non infatti è nella qualità agonistica della risposta del
papà, che sia l'estremista pugno (Johnny Depp è collegato all'Ira)
o il moderato schiaffo (visto che Rai Cinema coproduce Marra...). La
differenza è nella scrittura, nella sceneggiatura, nella scrittura
visuale. Nel lavoro complessivo. Complesso, sofisticato nel caso dei
due sceneggiatori di Black Mass, Mark Mallouk e Jez Butterworth.
“Devi rispondere. Ma non è importante come lo colpisci, ma dove e
quando lo colpisci. Non ci deve essere nessuno a vederti, questo
conta”. Ecco una bella lezione morale. Ecco perché il film è
didattico come ci piacerebbe che fosse la nostra Rai. Perché dal
caso particolare si apre a quello generale, e affonda nella storia
stessa di Boston. E ci fa pensare al metodo Hoover, al metodo
Blair-Bush jr. oppure a Sacco e Vanzetti, che abitavano proprio a
Boston zona nord, e che nessuno vide assassinare alcuno. Eppure
furono condannati a morte lo stesso...
Scarno, senza
spiegazioni, e forse anche un po' deprimente è invece la lezione di
vita, solo tradizionalmente e noiosamente “macha”, di
Scamarcio-Marco nella versione Marra/Angelo Carbone. Che non tirano
fuori dalla sequenza né evocazioni storiche, né connotazioni
emotive, né fulminanti motti di spirito. Incapaci di trasformare una
scena scritta in una suggestione che apra il film ad altra sostanza,
che buchi lo schermo. Ma si sa. Il cinema americano è a volte
politico-poetico, quello italiano quasi sempre forzato ad essere
neo-naturalistico, piatto, prosaico, “due camere e cucina” (se
spunta una piscina è scandalo).
Marra utilizza
questa scena burocraticamente, solo per far andare avanti la storia.
Per dare immagini a un copione. Per indicarci che la “buonista”
Martina (l'attrice cilena Daniela Ramirez) in realtà è la vera
micidiale macchina della violenza. E Marco una ingenua e ignorante
“anima bella” destinata al sacrificio. Martina utilizzerà
proprio quell'elogio alla “difesa armata” del marito Marco per
strappare legalmente il figlio al consorte (in realtà l'avvocato
meridionale più inaffidabile della storia). Come se il dolore, certo
provato da molti mariti che si sono visti strappare ingiustamente i
figli dal magistrato (donna), fosse accecante, troppo grande per
avere anche la voglia di divertirsi (e di vendicarsi) con il cinema.
Un peccato mortale per chi fa cinema certo modo di essere
autobiografici. E' vero che “colpire senza essere mai visti” era
la specialità del mafioso di origini irlandesi James Whitey Bulger,
icona perfetta del cinema d'azione. Mentre noi ci muoviamo in un
angusto dibattito etico da cinema d'azione cattolica (se no
niente finanziamenti?), sempre consolatorio. Se l'avvocato Scamarcio
fosse stato coperto per una vita dai servizi segreti se lo sarebbe
riportato a casa subito il suo figlioletto rapito in Cile...
Questa fragilità,
debolezza, impotenza totale Marra e suoi due attori la sanno
catturare con eleganza. E non solo. La rabbia, la voglia di spaccare
tutto, di rapire, di corrompere, di legarsi alla mafia pur di
vendicarsi, il corpo imploso di Scamarcio tutte queste bad vibrations
sa nasconderle/esibirle come pochi. Finirà certamente in palestra a
imparare jat kune do, dopo il The end. E nella “body art”
Scamarcio rivaleggia bene con Depp, che ha più bisogno di lui di
parrucche e protesi e lenti a contatto. Se il corpo complessivo del
film fosse stato adeguato al corpo Scamarcio avremmo avuto davvero un
film da mercato internazionale.
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