Mariuccia Ciotta
Venezia
L'atmosfera noir si espande da Mystic
River, passa per Spotlight e approda a Black Mass,
il film fuori concorso di Scott Cooper, attore e regista, nato in
Virginia nel 1970, due Oscar vinti con Crazy Heart (2009). La
storia dell'”ultimo gangster” James “Whitey” Bulger è
vera e a scriverla sono stati due giornalisti del Boston Globe,
Dick Lehr e Gerard O'Neill, autori del best-seller all'origine del
film. Lo stesso quotidiano che smascherò nel 2002 la Chiesa
responsabile dell'insabbiamento dei molti casi di preti pedofili. Il
giornale glorificato in Spotlight di Thomas McCarthy, passato
ieri alla Mostra, e che torna in scena in uno dei film più
attesi dai fans assiepati davanti al Palazzo del cinema già da
ieri notte, in attesa di Johnny Depp e di Dakota Johnson,
protagonista di Cinquanta sfumature di grigio e qui al Lido
anche per A Bligger Splash (concorso) di Luca Guadagnino.
Protagonista della triade nera è
Boston e a cucire la fosca avventura degli “amici di strada”, tre
marmocchi allevati nel South della città, periferia estrema (nbon geograficamente, mentalmente), è
la faccia angolosa di Kevin Bacon, il poliziotto che nel film di
Clint Eastwood spara con la mano tesa, e un tocco di Shakespeare, a
Sean Penn, boss del quartiere, e qui agente Fbi alle prese con la
gang irlandese in mano a Whitey Bulger, avversaria della mafia
italiana che controlla la zona nord (ma è anche quella dove crebbero Sacco e Vanzetti).
I “good fellas” si sono già
visti, Scorsese, ma anche Abel Ferrara insegnano, e si sa che
spaccano ossa, sparano a teste inquadrate nel finestrino dell'auto,
strangolano al più piccolo sgarro gli amici, e hanno una
mogliettina incantevole, innocente e ignara. “Questa è mia
cucina!” urla lei, territorio limitato e libero, tutto il resto, le
strade di Boston sono degli uomini, cresciuti insieme e legati da un
codice d'onore. Ognuno copre l'altro, anche se uno è
diventato senatore, William “Billy” Bulger (Benedict
Cumberbatch), suo fratello un criminale e il terzo è entrato
nell'Fbi, John Connolly (Joel Edgerton).
Dove finisce Mystic River inizia
Black Mass (Massachusetts nero) con gli stessi interrogativi
morali sullo sfondo della parata del Columbus Day. Il regista
dichiara: “Non mi interessava mettere in scena un mondo in cui ai
criminali capitava di essere anche umani, al contrario mi interessava
moltissimo mettere in scena un mondo in cui a degli uomini capitava
di diventare criminali”. Questo è il meglio del film,
dominato dalla faccia deformata di Johnny Depp, potente dietro la
maschera non più grottesca del pirata ma segnata da
un'espressione di morte, gli occhi vuoti e opachi di un verde
acquoso da lenti a contatto, la fronte desertificata e il sorriso
aperto su denti neri. Il gangster terrà in scacco l'Fbi per
anni, coperto dall'amico d'infanzia John Connolly, il quale lo ha
proposto all'Agenzia come informato di alto livello, il solo in grado
di sgominare i picciotti italiani.
Ma non è solo la corruzione o la
fedeltà di quartiere a muovere gli agenti. E' la ragion di
stato. Quella che fa passare impuniti rapine, sfruttamento della
prostituzione, spaccio di droga e una valanga di omicidi, compreso
quella di un imprenditore di Miami e di una ragazzina colpevole solo
di aver passato una notte in galera. Johnny Depp alias Whitey Bulger
la soffocherà in tempo reale, tanto è ormai defunto
dentro, dopo la morte del figlioletto.
La copertura dell'Fbi (gestione Edgar J. Hoover, e siamo sempre all'interno della sensibilità Clint) ai crimini del
famigerato boss irlandese, finanziatore benvoluto dall'Ira, che
chiude gli occhi per gli stessi motivi, obiettivi superiori alla vita
di poveri cristi, è di gran lunga il peggior delitto, tutto
politico, messo in scena da Scott Cooper. E così il suo film
si sottrae al genere, e va fuori dalla cornice del noir e del
gangster-movie e si fa cronaca per
la prima pagina di ogni The Boston Globe.
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