Mariuccia Ciotta
Artista totale, Laurie Anderson disegna lo schermo con musica, poesie, “frasi celebri”, ritagli di sogni, il ricordo dell'amato Lou Reed, appena inquadrato ma presente, in Heart of a Dog (concorso), che guida il viaggio nell'aldiqua insieme allo spirito di David Foster Wallace, “Ogni storia d'amore è una storia di fantasmi”.
Icona dell'avanguardia
americana, ha incrociato la strada di Burroughs e di Wenders, di
Brian Eno e di Glass, è salita in cima alla classifica con O
Superman, ha esposto le sue
opere e se stessa, e a quasi trent'anni dal concert film Home
of the Brave firma la regia di
questa opera prismatica in viaggio ai confini di vita e morte, in
compagnia non solo di Wittgenstein e di Kiekegaard, ma soprattutto di
Lolabelle, la sua cagnetta, un alter ego speciale visto che ha
imparato a suonare il piano, a dipingere e a plasmare sandali di
ceramica per amici a quattro zampe.
La
macchina da presa striscia ad altezza di muso ansimante o guarda in
su verso i rapaci che mimano l'attacco alle Twin Towers e si
avventano su Lolabelle, doppio del cane senziente di Godard. Adieu
au langage. E al linguaggio è
interessata Laurie Anderson, che ama soprattutto raccontare storie e
lo fa con materiali solidi e vaporosi, fotografie di sua madre,
rapporto difficile, e dei fratellini gemelli scampati per un soffio
al gorgo di un lago ghiacciato dove la giovane pestifera Laurie li
sprofondò con tutta la carrozzella, per sbaglio, ma sempre per
la voglia di “mettersi in mostra”. Desiderio esibizionista che
confessa quando racconta di come si spezzò la spina dorsale
cadendo sul bordo della piscina nel tentativo di esibirsi in un tuffo
acrobatico.
Il
viaggio di 75 minuti è pieno di digressioni sulla via
tracciata dal suo cane, che capisce 500 parole, ed è in
collegamento con un'altra dimensione, virata sui toni del blu, la
zona dopo la morte chiamata dai monaci tibetani il Bardo, 49 giorni
di attesa prima che l'anima come la neve dell'infanzia si sciolga.
L'anima di Lolabelle va in ricognizione, la fede buddista di
Laurie è assoluta, per comunicare al suo alias umano le forme
e i colori del paradiso, là dove Lou si è disteso su un
prato tutto d'oro, un quadro di Goya, il preferito, che trova il suo
punctum nella testa di un cagnolino curioso.
Delirio
onirico, è come precipitare nella tela dei pensieri di Laurie
Anderson, voce vibrante e violino, qualcosa di umoristico e divino,
un film (presentato il 9 settembre alla Mostra di Venezia) che piacerà al presidente della giuria Alfonso Cuaròn,
non lontano da lei, nello spazio sconfinato di Gravity.
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