Dusty. il protagonista di Planes (2013) |
Pedros, in Saludos Amigos ! (1942) |
Mariuccia
Ciotta
Anteprima
al Festival di Roma con in sala una nidiata di piccolissimi urlanti,
Planes,
ultimo titolo Disney
in sala dall'8 novembre, diretto da Klay Hall, dà il senso dello stato creativo di
Burbank. John Lasseter, l'inventore di Toy
Story messo alla
guida dello Studio del Topo dopo l'acquisizione della Pixar (2006),
appare sempre più confuso, disposto a sperperare il patrimonio
immaginario di Walt e la rivoluzione digitale della divisione
Lucasfilm, acquistata da Steve Jobs nel 1986, in nome di
un'ottimizzazione commerciale del prodotto. Ma come dimostrò Michael
Eisner, ex ceo Disney, con la sua politica del profitto a scapito
della qualità, il cinema d'animazione fatto di polvere magica si
vendica di chi lo riduce a un'ombra contraffatta di fantasia.
Il
declino dell'innovatore Lasseter, considerato l'erede di Walt Disney,
si è già manifestato con Cars
2, sequel spento
di un cartoon senza slanci emozionali, e che ora torna in pista con
Planes dove il mondo
è popolato da automobili, esultanti spettatori a suon di clacson di
un piccolo aereo agricolo deciso a salire la scala sociale. Da
“contadino” impiegato a irrorare i campi di concime,
l'apparecchio punta a concorrere per la gara del giro del mondo.
Dusty,
polveroso,
sempre un po' maleodorante, soffre paradossalmente di vertigini, ma
il suo accanimento sarà premiato. Lo prenderanno in giro e lo
ostacoleranno in tutti i modi, al suo fianco, però, si staglierà la
grande sagoma scura di un ex aereo militare che gli farà da
istruttore.
Mentore di Dusty, il massiccio aereo reduce della
seconda mondiale, pluridecorato, ormai in disuso, dal passato oscuro,
è il severo maestro di disciplina che lo allena a oltrepassare le
nuvole e a battere una serie di spocchiosi velivoli da corsa: il
bellimbusto inglese, la smorfosietta italiana, il focoso spagnolo, il
teppista campione uscente.
Una galleria di stereotipi umani, compreso
una seduttiva e ambigua signorina alata di nazionalità indiana che
calamita l'attenzione dei maschi metallici con lo sbatter di ciglia
mentre le altre, rare, concorrenti, dimenano il didietro a elica su e
giù per gli hangar. Dov'è finita, non dico Alice, ma Mulan? La
storia disneyana è segnata da eroine combattive, eccentriche,
geniali, e adesso ecco scodellato ai bambini il più melenso e
reazionario paesaggio sessuato, con il “matador” che conquista la
bella riottosa a forza di romantiche serenate.
Il
giro del mondo è un tour da depliant turistico, monotono saettare di
modellini rivali, egoisti o generosi, fatti a immagine dei piloti in
carne e ossa, senza che nulla vada mai fuori mainstream, nemmeno
quando Dusty s'infila in un tunnel ferroviario e per poco non fa
crash con il treno. L'effetto 3D concede profondità spaziali e
qualche virata ravvicinata.
Il
contorno è fatto di ritagli di Cars,
con Saetta McQueen, l'auto rossa da corsa, e i suoi amici un po'
scassati come il carro-attrezzi Cricchetto, stessi caratteri comico
minimalisti, stesse battute, e infatti Planes
è uno spin-off di Cars
destinato al mercato home video e poi finito sul grande schermo.
Uscito in Usa il 8 agosto di quest'anno, il film d'animazione è il
primo di una trilogia annunciata, il numero due si intitola Planes:
Fire & Rescue e,
nonostante la derivazione Pixar, è prodotto dal DisneyToon Studios,
divisione destinata alla produzione dei cartoni “direct to video”,
temibili parassiti dei film ad alto budget, come Aladino
e La sirenetta,
che infestano i canali per l'infanzia con storielle insulse e disegni
tagliati con l'accetta digitale.
Planes
non può neppure contare sulla memoria creativa del prototipo, a
parte la tappezzeria Cars,
e fugge clamorosamente dalla poetica disneyana con un finale che
neppure la Dreamworks avrebbe mai concesso. Dusty finisce in divisa
militare, patriotticamente affiancato ai caccia bombardieri, accolto
sulla portaerei inneggiante all'ex apparecchio agricolo. Pedro si
girerà nella tomba, visto che il minuscolo aereo postale cileno di
Saludos amigos ('42)
fa da modello a Dusty con la sua carlinga arancione e il muso
bianco-giallo, ma non certo per il suo spirito intrepido di
sorvolatore dell'Acongagua, la montagna altissima e minacciosa delle
Ande.
Uno
dei primi oggetti antropomorfi disneyani, Pedro, capostipite di tanti
“giocattoli” animati Pixar, è qui tradito dalla frenesia di
Lasseter, l'uomo con la camicia hawaiana passato alla livrea di
businessman che in Planes
mostra
un gazebo per la
vendita del merchandising del film stesso, una collezione di giochi e
libri chiamati “cars take flight”.
Il
DisneyToon Studios è stato riorganizzato e rinominato (si chiamava
Disney Movietoons) sotto la direzione, oltre che di Lasseter, di Ed
Catmull, veterano dell'animazione digitale, ex vicepresidente del
settore di computer graphic Lucasfilm (poi Pixar), evidentemente
disarmato di fronte al nuovo corso. La missione di DisneyToon sarà
infatti quella di sfornare una serie di titoli sulla scia di Planes
con altri mezzi di
trasporto come protagonisti: navi, treni, automobili, memorabilia
perfetta per i Disney Store.
Cancellati di conseguenza tutti gli
spin-off e i sequel video, anche già in produzione, del DisneyToon
non collegati alla linea Disney Consumer Product: Dumbo,
Cicken Little, Robinson, Gli aristogatti,
che non forniscono novità per il merchandising. Per fortuna, direi,
se non fosse che ci aspetta una valanga di film fatti su misura per
vendere pupazzi. A meno che Planes
non deluderà al botteghino mondiale (finora l'incasso è di 213
milioni di dollari contro i 560 circa di Cars2)
e farà rinsavire John Lasseter.
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