Roberto Silvestri
"Non bisognerebbe mai fare film sulla Yakuza. Se ne compiacciono sempre troppo, quei miserabili delinquenti". Parola di Koji Wakamatsu, il cineasta della sinistra nipponica rivoluzionaria, che gironzolò attorno alla malavita di Tokyo in gioventù e ne conosce molto bene la radiante, vanesia, seduzione esiziale.
Takashi Okamura |
Toma Ikuta |
Takayuki Yamada, il traditore |
Toma Ikuta |
Ebbene Reiji, sorprendendo i bookmakers, riesce a intrufolarsi nella Yakuza, e quasi senza sforzo. La sua dinoccolata unicità, la sua surreale imprevedibilità, lo sfrontato anarchismo e la spontanea gestualità che si fa beffe di qualunque gerarchia, anche mentale, considerata inopportuno per un servile cameriere dell'Ordine e della Legge, insomma tutti questi vizi capitali vengono infatti giudicati dalla nuova comunità, così uguale per mentalità militaresca - ma così diversa per scala dei valori, anche perché così ostile alla proprietà privata (altrui) - come le virtù di un comportamento antisociale perfettamente consonante allo spirito autentico - arcaico, aristocratico, con quella punta di zen ormai dimenticata - della Yakuza. Toma Ikuta rischia di diventare così un vero personaggio eccentrico seriale, alla Jerryssimo.
(Inciso: E siccome il militarismo mentale del nuovo pericoloso presidente del Giappone Abe ci inquieta tutti, questo film e questo anti eroe Reiji sono già una doppia arma di combattimento politico, che ci tranquillizza. Il Giappone migliore reagisce al revanscismo montante al potere. Come Jerry nell'epoca Eisenhower-Johnson. e non dimentichiamo che il terremoto del Kanto, 1023, con 100 mila morti e le aree di Tokyo e Yokohama completamente distrutte, furono il germe dell'espansionismo fascista).
Lo sceneggiatore Kankuro Kudo ha infatti a disposizione la solita tastiera per delineare con pochi ficcanti tratti lo sviluppo dei personaggi di questa storia, ma la maneggia da virtuoso sovversivo, esperto in fumetti, cartoon e videogames, avendo in mente, per determinarne la validità, la quantità di gioia di vita e non di odio che stipa nelle varie sequenze (è il metodo di un altro fine umorista, John Landis). E così penetriamo nel solito mondo (nella regione del Kantō sono ambientate le vicende di anime, manga e videogiochi come Death Note, Ikki Tōsen, Eyeshield 21, Pokémon) fatto di: violenti riti di iniziazione con sacre, ma disgustose, libagioni; complicate codificazione d'onore; cruenti scontri tra bande e sotto bande rivali (in questo caso tra la moralista Sukiya-kai, slogan no alla droga, e l'immorale Hachinosu-kai) con micidiale abuso di piombo; lunghe automobili di lusso nere con vetri antiproiettile ; inseguimenti al cardipalma; controllo del gioco d'azzardo, dei night club e della prostituzione; moda e accessoristica varia stravagante, vistosa e costosa (come la dentatura a triangoli, vezzosamente adornati di diamanti di un sotto boss particolarmente ostile a Reiji, e nervosetto)...; spazi oblunghi verticali o orizzontali (vie, corridoi, piazze, ampi saloni, specchi d'acqua portuali) perfetti per improvvise incursioni esterne; tradimenti e opportunismi, amicizie impreviste e improbabili, irruzione improvvisa di cani-corrieri della droga; situazioni al limite della follia e del divertimento bambinesco (alla Yattaman), amori struggenti ma sottili, ironia debordante, sacrifici estremi anche al di là della semplice passione rimossa omosessuale, combattimenti a mani nude, in interni e in esterni, che non fanno della 'trovata' il perno della sequenza ma si preoccupano di dispiegare in bella grafica uno spettro di emozioni ben bilanciato.
Takashi ha il solo compito di levare espressività e emozione dal fuori campo, astenersi dalle emozioni di regia. La scuola Imamura qui si sente. All'artista l'astinenza espressiva, al pubblico il finish fisico, risate paura dolore eccitazione...Missione compiuta.
Riisa Naka |
Yusuke Kamiji, il motociclista |
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