Cannes, 17 maggio 2016
Sulla Croisette Personal
shopper di Olivier Assayas, mentre il cineasta spagnolo si presenta con
Julieta. Entrambi candidati eccellenti per la Palma d’Oro
ROBERTO SILVESTRI
Oggi è il giorno di Olivier Assayas e di Pedro Almodovar con
due film in concorso molto attesi, la ghost story eccentrica Personal shopper e una tragedia meno
fiammeggiante e pop del solito, forse perché tratta dai racconti poco rococò
della scrittrice canadese Alice Munro, Julieta. Molti li danno
superfavoriti per la Palma d’oro, soprattutto il primo. È vero che il dramma
sulla paranormalità, i fantasmi, gli ectoplasmi e lo spiritismo del regista
francese che viene dai Cahiers du cinema
è stato tra i più fischiati della selezione. Ma del pubblico di Cannes non ci
si può più fidare, né quando delira di entusiasmo né quando si indigna
rumorosamente, perché le proiezioni stampa sono ormai deformate da un pubblico
di invitati (di Lescure) scelti scrupolosamente tra i non addetti ai lavori, .
È anche vero che da indiscrezioni autorevoli il direttore
del festival Thierry Fremaux dà per favorito proprio il dramma teosofico che
Kristen Stewart interpreta come un assolo di violino, dall’inizio alla fine.
Quasi un documentario sul corpo e la tecnica recitativa della superstar di 26
anni, ma veterana del set, che entra ed esce dai blockbuster (il più famoso
resta Twilight) con una nonchalance
invidiabile. Tanto che ha vinto un Cesar per Le nuvole di Sils Maria, la precedente stravaganza “vettista” di
Assayas.
Qui Kristen Stewart è Maureen, americana in Europa, che di
mestiere fa, annoiata, lo shopping di classe e la stilista per una celebrità
parigina, non poco narcisista, e che intanto cerca, traumatizzata, di rientrare
in contatto con lo spirito del fratello gemello, morto giovanissimo di infarto.
Entrambi erano medium, sensitivi capaci di comunicare con ogni mezzo
necessario, al di qua e al di là della vita.
Durante questa ricerca, tra Praga, Londra e Parigi,
complicata da un fidanzato genio dei computer che lavora nel Golfo wahabita,
dall’assassinio della sua datrice di lavoro (nel quale viene quasi implicata,
per colpa di una sua avventata amicizia on line), dall’amicizia con la ex del
gemello, che ora ha un nuovo fidanzato, Maureen evoca strani e minacciosi
poltergeist, che abitano i misteriosi spazi di una villa abbandonata in
campagna, e altri elementi fantastici che stridono con il resto del film, un
thriller tradizionale ma sfrontatamente realistico. Da cui lo scandalo della
ricezione, che considera insopportabili le basse incursioni di genere horror
dentro un testo prodigo di citazioni colte come le sedute spiritiste di Victor
Hugo e il rapporto tra teosofia e nascita della pittura astratta, frutto delle
ricerche di Kandinskij e prima di lui da Hilma af Klint, pittrice svedese che
iniziò a comporre i suoi mille giochi cromatici nel 1906 sotto l’influsso
dell’occultismo.
Arrivare a prosciugare dalle immagini il senso, ampliando
nello stesso tempo la gamma delle suggestioni sensorie, è il procedimento che
pure Assayas sperimenta. Anche perché il cinema è un’arte occultista, non nel
significato spirituale o mistico. Ma perché nasconde strutturalmente il fuori
campo. Il migliore cinema è proprio quello che di questo fuori campo si fa
traghettatore.
Almodovar invece cambia il proprio registro. Il suo Julieta è un film sobrio. I colori sono
accesi perché il regista della Mancha nasce al cinema con i technicolor
hollywoodiani degli anni ’50, con Sirk e Minnelli. Ma questa volta niente
movida e niente elogio del kitsch. I drammi segreti, invece, di una signora
madrilena di 50 anni che ha perduto la figlia tanto tempo fa, non perché è
morta ma perché è fuggita di casa incolpandola della morte dell’adorato padre,
un pescatore galiziano buttatosi nella tempesta a causa di un litigio di
gelosia e per esser stato scoperto amante di un’amica pittrice e scultrice.
Tanti anni dopo riemergono tracce della figlia e il film va
indietro nel tempo a ricostruire il complicato puzzle esistenziale di questa
donna esausta, giocato sui mezzi toni e sui mezzi sentimenti. Julieta ha due
corpi (echi di Bunuel e Hitchcock), da grande quello di Emma Suarez e da
giovane quello di Adriana Ugarte; è un’insegnante di filologia classica,
esperta di miti, emula di Ulisse, che solca il mare dell’avventura rifiutando
l’agio e la tranquillità, la ricchezza e la lussuria. Perché la vita è mare in
tempesta, non calmo mare da cartolina.
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