Roberto
Silvestri
CANNES
Un
tempo in nome del libero pensiero si rompeva con scuola, famiglia e
plumbea atmosfera repressiva circostante. Oggi avviene il contrario.
I giovani che esigono ordine e tradizione non vengono più messi in
grado di non nuocere, né dallo stato né dai coetanei. Un
interessante film selezionato per Un Certain Regard, che sceglie lo stile del grottesco, e un tono molto poco
realista, si occupa con una certa preoccupazione di questo rovesciamento di fronte.
Nel
film russo “Lo studente” (o “il discepolo”, a seconda della
traduzione americana o francese), ambientato sul mare, a Kalingrad
Oblast, enclave transculturale, si scodellano almeno una trentina di
citazioni bibliche, e neanche le più interessanti, con note a pié...
schermo, per indicare ai profani se sono tratte dai vangeli di Marco,
Luca, Matteo o Giovanni. Versetti decontestualizzati, utilizzati e
sbandierati ad alta voce da Veniamin, detto Venya, un biondo liceale
ariano, reazionario e in banale crisi mistica (l’attore è Petr
Skvortsov, e riproduce alla perfezione le espressioni di un
baccellone), per combattere, a casa, in classe e ovunque, antiche scemenze ariane antisemite,
miti patriottici fondanti, come l’industralizzazione, e luoghi comuni mal interpretati
come l’imbarbarimento della civiltà, l’apocalisse dello spirito
(russo cristiano), “lo stato di cose vigenti”, il Potere e la
sua ipocrita avidità materialista.
“Prendiamo
esempio dai ragazzi che combattono nell’Isis e che non hanno paura
di morire pur di difendere la Fede!” urla Venya, nell’unico
momento internazionalista (anche se da internazionale nera) del film,
seducendo un unico compagno di classe, lo sciancato, che si è
perdutamente innamorato di lui (ricambiato nel profondo, ma, come
sappiamo, non in superficie, perché sarebbe grave peccato), l’unico
che Veniamin non dileggia per l’handicap (come a dire: c’è una
profonda ostilità nell’animo russo a tutto ciò che è differente,
estraneo….) ma solo perché ama schiavizzarlo e se non ci riuscirà,
lo annienta.
Il
mondo che circonda l’aggressivo Veniamin e finge di esserne
scandalizzato, è tutt’altro che sordo però alle sue parole feroci
e ai suoi gesti teatrali (che sono da espulsione immediata), perché
è diceria comune che “la fede organizzata in chiesa e i lussi dei
pope servono soprattutto per compiacere i disegni di Satana”….
L’insegnante laica di biologia (che verrà lasciata sola a combattere, perché ha un cognome ebreo) e un pope “moderato” (che poi per opportunismo fiacheggerà il ragazzo) cercano
inutilmente di riportarlo alla ragione o alla ragionevole fede.
Però, quando la Bibbia e il Corano sono abusati in modo
letteralista, come facevano certi ribelli del ‘68 con il libretto
rosso di Mao, ecco che chi ne abusa trova consenso, a differenza di
quanto capitava ai filocinesi perché il loro libretto era
difficilmente strumentalizzabile, proprio tra i peggiori nemici da
combattere: i potenti, la preside, il pope, i guardiani, la maggior
parte del corpo insegnante, e perfino i compagni di classe, tutti
piuttosto acefali.
In
fondo ogni dittatura che vuol tutelare solo un pugno di happy few
(materiali o spirituali, come il Partito) ha bisogno di seguaci
servili, di miti alienanti o mariani, di croci e simboli anche non
uncinati da adorare, di repressione militare e corporale, di
sessuofobia a manetta (e il ragazzo unto dal Signore pretende e
ottiene che le compagne di classe non sfoggino all’ora di piscina,
i loro succinti e diabolici bikini), orizzonti mistici, ordine
maschilista da restaurare e di classe da rispettare.
Tre
anni fa il presidente russo Putin, rompendo per opportunismo con la
separazione tra Stato e Chiesa, ha emanato una legge che rafforza
l’educazione religiosa nelle scuole (la scelta è tra sei
religioni, ma quella dominante è la cristiana ortodossa,
agnisticismo e ateismo sono esclusi, forse perché hanno già dato?).
E sappiamo come sono finite le Pussy Girls e chiunque a scuola non
metta sullo stesso piano in modo che se discuta creazionismo e
evoluzionismo, fascismo e comunismo. Un bel regalo agli stati
confessionali e autoritari, dai wahabiti del petrolio agli sciiti
iraniani a Israele. Lo ha spiegato Willhelm Reich in “Psicologia di
massa del fascismo”, quando Stalin dal 1930 ha congelato la
Rivoluzione ha fermato per prima cosa l’autonomia e
l’autodeterminazione delle donne, ricondotte alla patria potestà
che tanto inebria non solo il talebano ma il maschio che ovunque ha
perso la sua centralità. Lo stesso fa Putin, ex Kgb, con la
democrazia rappresentativa, messa sotto tutela della Chiesa
ortodossa. Uchenik, è l’opera quarta del russo Kirill
Serebrennikov, che fu a Venezia nel 2012 con Betrayal tratta da un testo teatrale abbastanza dirompente,
Marthyr, del tedesco Marius von Mayenburg, che non credo gironzoli
troppo per i teatri russi.
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