Cannes
Il festival cambia
“format” e genere, Okja (concorso) del coreano Bong Joon
Ho, prodotto da Netflix, è una commedia per bambini. Cose insolite
per Cannes. Ma c'è qualche problema. La proiezione del film alle
8,30 del mattino è andata avanti per 8' con il mascherino sbagliato
taglia-teste tra urla e battimani di protesta e altri 10' ci sono
voluti per studiare il caso e riprendere il film dall'inizio. La
colpa sarà probabilmente attribuita all'operatore internet che non
sa cos'è il cinema, e che comunque ha deciso, dopo l'accesa querelle
dei giorni scorsi, di distribuire Okja in Corea, Stati Uniti e
Gran Bretagna. Che la Francia aspetti, vista la guerra aperta a colpi
di “eccezione culturale”.
Dopo Wonderstruck,
questa fiaba viene dalle lussuose foreste sudcoreane dove vive una
ragazzina, Mija, e la sua creatura, Okja, un animale geneticamente
modificato, un superpig destinato, secondo la Mirando
Corporation, a “sfamare il mondo”.
Okja - orecchie da maiale,
corpo grigio da ippopotamo e muso da cane - ha negli occhi, però,
il luccichio dell'intelligenza. Mija si arrampica sul corpaccione
della sua compagna di giochi, che ricambia gli abbracci e la stringe
a sé. Potrebbe essere la sorella coreana del giapponese Totoro,
marchio Miyazaki. E al contrario del mostruoso anfibio mangia-uomini
di The Host, record di incassi di Bong Joon Ho, Okja è un
“animale da compagnia”, solo un po' ingombrante.
I due esseri, risultato
della creatività digitale, non esistono, ma entrambi sono metafore
della cupidigia del mercato, che qui si materializza in una
fenomenale Tilda Swinton, look da Barbie, volto della corporation
ereditata da un padre orrendo, inventore del napalm. Le fa da spalla
un altrettanto strepitoso Jake Gyllenhaal, vanesio e queer conduttore
tv.
Sul tono di una slapstick
comedy con il bestione che travolge gli stand dell'aeroporto in una
corsa fracassona e invade le strade di Seoul, il film sul “rapporto
tra l'uomo e l'animale”, come dice il regista, vira verso un
cupissimo epilogo, dentro un vero mattatoio-lager dove i superpigs
vanno al macello consapevoli. Qualcosa tra John Berger e Alberto
Grifi.
In scena, anche un gruppo
di animalisti svitati che sostengono Mija nel recupero
dell'animalone. L'ombra di King Kong si profila insieme allo skyline
di New York dove Okja viene trascinata in catene per un finto
concorso di bellezza. Netflix scommette sul gran successo di
pubblico nelle sale e in rete, mentre Cannes non può che accogliere
il simbolo della metamorfosi del cinema, sempre che azzecchi il
mascherino.
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