Mariuccia Ciotta
Cannes
Il regista russo di Leviathan, Andrey Zvyagintsev, immerge lo
schermo nella notte cupa di una Russia senza più anima, incollata
allo smartphone, opulenta e immorale. Loveless (concorso), i
senza d'amore. Al primo posto un ragazzino che si eclisserà tra
foresta ed edifici in rovina pur di sfuggire a due genitori mostri e
in via di divorzio. Caricature del male. Nessuno dei due vuole il
figlio, ognuno si è già fatto un'altra vita, ripetizione della
prima, al cento per cento cinica. Senza intenzioni comiche, il film
sfodera una serie di macchiette familiari, madre e padre spietati in
continuità con i “mangia-bambini”, forse eredità dell'infanzia
siberiana del regista, e una nonna ancor più grottesca che si
esibisce in un numero di teatrale stalinismo anti-nipotino.
Zvyagintsev
ha molteplici intuizioni visive (l'apparizione improvvisa del bimbo
piangente dietro la porta) e un andamento da thriller psicologico.
Provoca brividi sotto la nevicata di sentimenti aberranti e sfoggia
scene di sesso da amanti lascivi e indifferenti al destino del
dodicenne Aliocha, uscito nel mondo in cerca di paura con
l'intenzione di vincerla. Ma l'inverno del regista russo è troppo
freddo, la metafora troppo dichiarata. Non c'è bisogno di mostrare
la scritta “Russia” sulla tuta della madre snaturata mentre fa
ginnastica sul tapis roulant per farci capire che sta parlando del
paese di Putin, il quale corre e non va da nessuna parte.
Zvyagintsev,
però, ha il dono di stregare le giurie, dopo il Leone d'oro per Il
ritorno, ha conquistato il premio della giuria di Cannes.
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