Mariuccia
Ciotta
Il
“magazzino delle curiosità” è come una libreria, di quelle con
le scalette di legno e il ballatoio e i volumi accatastati con le
copertine lucenti, quelle che hanno chiuso in metà mondo e riaperto
dietro l'angolo, basta cercarle. E' qui che si aggira il film di Todd
Haynes, Wonderstruck (concorso), nome di un padiglione segreto
del Museo di storia naturale di Manhattan, affollato di oggetti e
miniature, collezioni di scarabei e conchiglie, stampe e scheletri,
vetrine di rarità come una zanzara gigante, presa forse dalla mostra
mostruosa di Guillermo Del Toro, e un'infilata di fantasmi che
pedinano il presente. Si sente subito profumo di Hugo Cabret,
il bambino di Scorsese rifugiato nella stazione ferroviaria e
“allievo” di Méliès. E' sempre lui, infatti, a disegnare
l'universo in bilico tra il paese delle meraviglie e il cinema muto,
Brian Selznick, scrittore e illustratore (qui anche sceneggiatore),
seguace di Maurice Sendak (Nel paese dei mostri selvaggi).
Il
regista di Carol, attratto da metamorfosi organiche e di
gender, ispirandosi a un suo romanzo del 2011, si spinge in una
doppia avventura, montaggio parallelo, due epoche lontane, anni Venti
(la Grande crisi del '29) e anni Settanta (il blackout di New York
durante il quale la città si riprese con il saccheggio le spese sociali tagliate dal governo federale). Bianco e nero da cinema
muto/e technicolor da cinema sonoro in stile Seventies. Un film di
sperimentalismo estremo per bambini. Non è un paradosso. Todd
Haynes interpreta il lavoro di Selznick come la ricerca di un nuovo
linguaggio, sinestesia immagini-parole, e ne forza la scelta. Nel
libro la storia anni Venti è raccontata per sole illustrazioni
mentre il film è fatto di visioni incrociate e in dissolvenza,
sovrapposte, condensate e ritmate da musiche dissonanti - sound
design magnifico con un David Bowie riarrangiato - e dal silenzio
profondo. I due protagonisti dodicenni, Ben e Rose, sono sordi.
Nel
1977 vive Ben (Oakes Fegley, Pete's Dragon) e un fulmine lo
assorda; nel 1927 la coetanea Rose, priva di udito dalla nascita
(come l'attrice Millicent Simmonds) sulla pista di una star del
cinema muto, l'unico a farla sentire uguale agli altri.
Wonderstruck
è tutto un andirivieni di segnaletiche, scritte sul taccuino e
black out sonori che fanno il paio con il black out elettrico del
luglio '77 quando l'intera area metropolitana della Big Apple piombò
nel buio. Salvo un “angolo” di Queens, dove brillano le stelle di
Wonderstruck che ci conduce dietro un altro ”doppio”,
Julianne Moore, diva di silent-movie e creatrice di modellini
urbanistici, esposti nel museo del “borgo” dove un'immensa
maquette in gesso distesa sul pavimento riproduce New York, un po'
all'Alighiero Boetti.
Le
intersezioni costanti di Ben e Rose attraverso il tempo creano
continui salti estetici, Haynes gira su due set contemporaneamente,
sventaglia la macchina da presa per le strade di New York e scatta
istantanee etniche, african-american e latino-american come Jamie
(Jaden Michael), flessuoso pre-adolescente, amico di Ben, che salverà
dalla strada - è venuto in città dalla provincia del Minnesota per
cercare il padre – e lo inizierà ai segreti del passato.
E'
una specie di entanglement a inglobare Wonderstruck e a
provocare l'incontro fantasmatico di due generazioni, tornate
entrambe bambine. Nonna e nipote, a distanza, sfiorano la stessa
meteorite esposta al museo che affaccia sul Central Park, e fissano
spaventati gli stessi lupi feroci trasfigurati nel diorama. Realtà
congelata in scala ridotta come i ricordi.
“Acid
trip for kids” lo definisce il regista, ed è così anche per i
maggiori di dodici anni, catapultati all'indietro quando i sensi si
adattavano a salti di luce, colore e rumore, e, Ben insegna,
colpivano come coup de foudre. Il film esce in Italia il 15
novembre. Data poi rimandata. A Gennaio 2018.
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