Venezia
Mostra n. 70, cinema
ibrido non più classificabile per generi. Né
documentari, né animazione, né “classici”, barriere
infrante, e non da oggi. Eppure c'è ancora chi si meraviglia e
si congratula per i due titoli firmati da Gianfranco Rosi Santo
Gra, e da Errol Morris The Unknown Known in concorso, il
primo un giro di valzer sul Grande raccordo anulare, nello spirito di
Renato Nicolini, al quale il film è dedicato, l'altro un
“ritratto” dell'ex complice di George W. Bush nella guerra in
Iraq. L'unico inconveniente del cinema ispirato a “una storia vera”
è che l'ex criminale segretario alla Difesa sarà
presente qui al Lido.
E qualcuno si stupirà
anche di Hayao Miyazaki in gara con il suo Kaze Tachinu (The
Wind Rises), 126' di “cartone animato” sull'aviazione nipponica
ai tempi della seconda guerra mondiale, e disegnato a mano dal
creatore di Totoro, che evoca anche lui una “storia vera”, quella
del padre, costruttore di motori per aerei kamikaze, e dunque
sospettato di simpatie per Hirohito, mentre si conosce la cultura
marxista del grande regista giapponese, estremo avversario di Abe,
primo ministro atomico e guerrafondaio di Tokyo. Non un film
d'animazione “per soli adulti”, altro genere in disuso, come ci
tiene a specificare il napoletano Alessandro Rak, autore di un
pensoso e raffinato L'arte della felicità, che apre
domani la Settimana della critica.
Infine, i “classici”,
ovvero una retrospettiva random, tanti, quasi 30, titoli restaurati
“senza filo logico” (non ne sentiamo il bisogno). Al pregevole
“cofanetto” George Cukor di Locarno si affianca la pioggia
veneziana di Alberto Barbera e delle cineteche di mezzo mondo, senza
barriere geografiche e d'autore.
Sfilati ai critici i
“territori protetti”, lo spazio si apre all'interpretazione e
alla sospensione di sé, come accade nel film portabandiera di
questa edizione transgender, Gravity, fuori concorso,
prodotto, scritto, diretto e montato dal cineasta messicano
internazionalista, Alfonso Cuaròn, che ha osato la
composizione per immagini di Charles Dickens in Paradiso perduto,
omaggio allo scrittore inglese, inventore del montaggio parallelo
per parole e visioni.
2001 Odissea nello
spazio incontra Alien... Cuaròn pensa anche ai
fotogrammi in dissolvenza di Brian De Palma, quando in Mission to
Mars, Tim Robbins svanisce lentamente nel vuoto nero
dell'universo, scollegato dal legame con la realtà, e al
protagonista di Radiazioni Bx: distruzione uomo di Jack
Arnold, su magico testo (Tre millimetri al giorno) del genio appena
scomparso Richard Matheson. La morte è abbandonarsi alla
notte, fondersi con il nulla o con lo schermo scuro di un film
finito, dove il sogno non si può più sognare, e neppure
George Clooney potrà tornare in scena a dettare i comandi
giusti a Sandra Bullock, unica superstite di uno Shuttle colpito dai
frammenti di un satellite per telecomunicazioni distrutto da
meteoriti. Le autostrade del cielo ingombre di macchine disintegrate,
discariche di monili tecnologici alla deriva sono l'aldilà
violato dalla corsa alla conquista di un impero liquido dei due
astronauti, Ryan Stone (Bullock) e Matt Kowalski (Clooney),
fluttuanti nel vuoto senza gravità, naufraghi in cerca del
pianeta dove abita dio, indirizzo mancato dal Ridley Scott di
Prometheus. “Kowalski!” il richiamo rimbalza dal set di
Un tram che si chiama desiderio al dark profondo dove si perde
il desiderio di vivere e dove nessuno risponde al jingle “Houston,
abbiamo un problema”.
“Tutti devono morire,
ma io morirò oggi” sussurra al microfono Sandra Bullock,
collegata con un radioamatore cinese, ignaro e scherzoso terrestre
circondato da cani e bambini, mentre lei si eclissa nel confine
della vita eppure convinta che lassù c'è uno sguardo
rivolto a quell'oggi, istante folgorante del passaggio dalla luce al
buio. Viaggio a ritroso, fin dentro le tenebre del non essere, e
ritorno. Il nastro si riavvolge e Cuaròn ci inebria di potere
immaginifico, filma la “nuova nascita” affidata metaforicamente
ai cavi che continuano ad avvolgersi e a svolgersi, legami ombelicali
con la tuta degli astronauti, in un alternarsi di “immagini
movimento” e “immagini tempo”, da Abissi al
trascendente, dal gigione Clooney, armato di buffe storielle
autoreferenziali, al mondo rarefatto ed emozionale nella sua assenza
di frontiere, globo interattivo di navicelle spaziali, ciambelle di
salvataggio russe, cinesi e americane, gioco di ruolo spaziale per il
dott. Ryan, una Sigourney Weaver inseguita da alieni ben più
rapaci, le ombre dell'esistenza. E sarà un'Eva dal paradiso
ritrovato che imprimerà la sua prima orma sulla Terra.
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