mercoledì 12 giugno 2013

Sugar Man, il cantante che ha smantellato (da dentro) l'apartheid

Guarda il trailer del film http://www.youtube.com/watch?v=ixrcYDaHils





Roberto Silvestri

Un operaio di Detroit, negli anni 60 del ciclo di insubordinazione di classe. Canta e compone canzoni d'amore, di droga, di sesso, di lotta per la sopravvivenza. Chitarra dolce, testi forti.  "Inner City Blues", "I wonder", "A most disgusting song", ballate folk rock molto intime, ma anche liberatorie, spregiudicate. Alla Pete Seeger, alla Woody Guthrie. Nell'epoca dell'acquario, dell'eroina, della rivolta totale e dell'lsd. Si chiama Sixto Rodriguez.

"E' più bravo di Bob Dylan", però, commenta l'ex boss di Motown che ha visto nascere Quincey Jones e Otis Redding. Il nostro cantante operaio riesce a trovare una piccola etichetta, la Sussex, che gli pubblica due album e per metà un terzo nei primi anni 70. Ma non hanno successo. Vende pochissimo negli Usa. Per gli studenti e gli hippies sono troppo operaie, per gli operai 'patriottici' sono troppo controculturali e radicali. Torna al lavoro, alle lotte, agli scioperi, alle manifestazioni. Ha tre figlie (Eva, Regan e Sandra) che lo adorano anche se è spiantato.

E' di origine metà ispanica metà nativa. Peggio di un cane bastardo. Ma. Ha quel disarmante sorriso egemonico di chi è inconsapevolmente un poeta 'danzante', un artista 'naturale',  anche senza una lira e senza la fama. Vive in una casetta da niente. Mentre Detroit decade, le fabbriche d'auto delocalizzate ovunque. Disoccupazione. Miseria...subprimes. E lui una birra con gli amici. Dopo il lavoro. E la chitarra per piacere.

Eppure quelle canzoni, "Establishment Blues" per esempio,  in una certa parte del mondo erano state delle bombe spirituali di immane potenza. Avevano cambiato la vita di centinaia di migliaia di giovani afrikaans soffocati dal fascismo, dal puritanesimo, dalla sessuofobia, dall'idiozia fatta senso comune, dall'iconoclastia dalla segregazione razziale più oscenamente incestuosa e che scoprirono un nome sconosciuto che sintetizzò tutto il marcio circostante: establishment.

Songs che avevano spinto e favorito, mentre Mandela era in prigione, alla formazione di band rock punk antisistema che a lui si ispiravano (e sulle rock band anti Pretoria è appena uscito un doc nei circuiti internazionali che vedremo a Merano nell'ottobre prossimo, Punk in South Africa, con la presenza di un cineasta e musicista italosudafricano, Steven Moni).

Il musicista rock sudafricano Willem Möller,  lo spiega diffusamente. In un paese dove la televisione era ancora proibita perché considerata diabolicamente 'comunista', lui parlava romanticamente di quante volte aveva scopato quella notte..."Sugar man" immaginatela in sottofondo, mentre Soweto brucia...

Così un bel giorno, molto tempo dopo, alla fine degli anni 90, arriva nei sobborghi di Detroit una telefonata dal Sudafrica....Dei fan ostinati, Stephen 'Sugar' Segerman, proprietario di un negozio di dischi, e Rian Malan, giornalista musicale e il collega Craig Bartholomew Strydom (autore di un articolo miliare, "Looking for Jesus") gli stanno dando la caccia da anni. Quelle canzoni proletarie erano diventate l'inno della liberazione dei giovani bianchi antirazzisti anti Botha.

Sulle copertine degli album, arrivati casualmente, a Capetown e Johannesburgh, magari portate da una ragazza americana in vacanza, con le tracce incriminate manomesse dalla censura boera imbufalita, non c'erano indicazioni biografiche. Mistero su chi fosse e su dove abitasse. Sui giornali musicali specializzato di lui non si trovava una riga. Si inventarono leggende. Poi, un accenno in una canzone a un sobborgo di Detroit e la ricerca s'impenna, l'obiettivo si avvicina. Grazie a internet una delle sue figlie contatta un giornalista-detective. Esiste. E' vivo. E' il grande ritorno sulle scene del padre. L'apartheid è ormai smantellato. Anche grazie alle manifestazioni in tutto il mondo. All'embargo. Al boicottaggio di Pretoria. Che solo l'Italia attua tiepidamente. Anzi Mister Galliani, l'infame, acquista arrogantemente proprio a Pretoria i decoder per la tv del suo padrone potente, simpatizzante di Botha e emergente...Acqua passata.

Concerti davanti a migliaia di  kids e ex kids urlanti. Un tour dopo l'altro, dall'altra parte del mondo. Autografi, imterviste in tv. Questo cantante sconosciuto scopre di essere, in Sudafrica, un mito, un idolo delle folle (ormai liberate dal giogo nazi), più famoso dei Beatles e dei Rolling Stones...E i suoi esegeti finalmente hanno scoperto che non si è suicidato sul palco bruciandosi vivo durante un concerto, come la leggenda metropolitana con le solite straiture martiriologiche aveva imposto di credere. 

Oltre 20 premi internazionali, dal Sundance all'Oscar, come miglior documentario del 2012, per questo incalzante e 'magico' film, in forma di recherche, di detective story, piena di colpi di scena e di rilanci, come tutte le belle canzoni dallo schema AABA, produzione svedese e britannica (con sequenze girate anche con una application dell'iphone chiamata 8mm Vintage) che abbiamo visto all'ex Massimo di Roma, il The Space, in splendida copia digitale,  Searching for Sugar Man, diretto dallo svedese Malik Bendjelloul.

Un capolavoro che rende omaggio in circa 90 munuti a un grande cantautore dimenticato in patria, involotariamente paladino della rivoluzione democratica e semi-socialista dell'African Nation Congress, e che chiude virtualmente la breve stagione felice dei mockumentary (i film che ingannano lo spettatore rendendo l'inverosimile plausibile) con una storia invece così vera e commuovente (e davvero incredibile) da sembrare assurda e inventata.

I long playing nordamericanidel 1971 e del 1972  arrivati a Capetown per volontà divina, ma che odiavano spontaneamente razzismo e apartheid erano Coming from reality, piratato e diffuso clandestinamente, manifesto della sovversione sociale per tutti i kids bianchi antifascisti. E un altro album poetico politico, inebriato di polvere di stelle, Cold fast. Li aveva prodotti senza incassare un soldo Clarence Avan. Insieme  mezzo milione di copie vendute (più o meno sotto forma di bootleg). Il suo autore, il cantautore Sixto Rodriguez qualche giorno fa, il 9 maggio 2013, ha ricevuto la laurea honoris causa della Wayne State University di Detroit, Michigan. Se ascoltiamo oggi i Parlotones (Push me to the door) scopriamo da dove hanno succhiato tutta l'ispirazione....

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