domenica 9 giugno 2013

"Materia Oscura" di Massimo D'Anolfi e Marina Parenti. Atomic Café in Sardegna

Quando ero militare nel 1976, dopo il mese di Car a Cagliari, ho temuto, come tutto il mio plotone, di essere spedito - sede definitiva - a Perdasdefogu. La cosa terrorizzava oltremodo tutte le reclute. Significava abbandonare la civiltà. Libera uscita dove? Era la morte civile... Ma - non lo sapevamo - rischiavamo anche quella anticipata. Tutti però erano certi che si trattasse di un Inferno. Pastori, allevatori e contadini sardi, anche senza internet, avevano già fatto un efficace passa parola...
Ecco perché Materia oscura (che dopo Trieste, il Forum di Berlino, Cinemambiente e tanti altri festival è stata presentato a Roma nel corso di 'Contest', al Nuovo Cinema Aquila) mi ha colpito particolarmente, al di là della sua interessante e originale sostanza formale e forza concettuale.
Ci avrebbero esposto, e per 11 mesi - e senza avvertire (i Pid di Lotta Continua, i proletari in divisa qualcosa l'avevano però scritta) -  alle radiazioni cancerogene e a 'illuminarmi', patriotticamente, di tesio e uranio impoverito del poligono sperimentale terra-aria-mare di Salto di Quirra. In quei 12.700 ettari (era il più grande d'Europa) estremamente pericolosi dove collaudavano, per ordine Nato, missili di tutti i tipi, armi proprie e improprie, sostanze lecite e illecite, napalm e altre diavolerie chimiche e batteriologiche (l'aggressione Usa nel sud asiatico era appena stata fermata), private e pubbliche. E dove brillavano i vecchi arsenali militari, disperdendone pericolosamente le scorie...
Poi, un provvidenziale burocrate protettore, deviandomi verso il 44° Battaglione Penne di Roma (Trasmissioni),  mi salvò dal Poligono Interforze Sperimentale - che includeva la caserma di Perdasdefogu - dove credo comunque di aver sparato, in un bellissimo giorno assolato di marzo, la mia dozzina di proiettili regolamentari... Forse per questo la vista e la tiroide sono un po' andate? E i miei commilitoni senza santi protettori che si sono fatti tutti gli undici mesi che fine avranno fatto?
Materia oscura, 76 minuti, è un film non fiction, che proprio non racconta fandonie, di genere politico poetico, non di controinformazione giornalistica, alla Report, girato in Sardegna, nella zona dell'Ogliastra e del Sarrabus, e diretto da Massimo D'Anolfi e Martina Parenti, il primo anche operatore la seconda anche fonica.
E' una coppia che da qualche anno sta spopolando tra gli addetti ai lavori e nei festival internazionali. Perché sa che un'immagine visiva e un'immagina acustica vanno fatte marciare in asincrono per  quadruplicarne la potenza, giocando sulle anticipazioni, sulle sorprese, sul controbalzo. Perché ha un punto di vista emozionalmente corretto, rispettoso dell'avversario, e una maniera non manichea di fare del sarcasmo, tanto che la loro indignazione, obliqua, diventa ancora più contagiosa, mai ipnotica, mai sospetta. Sarà il 'pathos della distanza' calviniano?  I promessi sposi (2007), commedia italiana sui corsi prematrimoniali che sconsiglierebbe a qualunque coppia, etero o omosessuale, di arrivare al fatidico "sì" e di fondar famiglie; e Il castello (2011), ovvero Kafka a Malpensa, i loro bellissimi lavori precedenti.
E torniamo in Sardegna. Per 50 anni, dall'1 luglio 1956, in quella costa incantata (già disboscata dai sadici colonialisti sabaudi) ma molto contaminata, al riparo dagli sguardi indiscreti della magistratura, è stata sepolto, lanciato in mare, fatto esplodere materiale radiattivo global. Gli abitanti della zona circostante, uomini e animali, e anche le falde acquifere e i pesci (con sei occhi e diciotto pinne?), ne portano-porteranno i segni o se li sono portati prematuramente nella tomba. Ma nel film non si parla delle lotte (vincenti ma tardive) per la chiusura di un'area tossica top secret. E neache dei generali che vi sono morti di tumore.
Si parte invece dalla cineteca di Salto di Quirra. Come fossimo in Atomic Café, il film satirico sui doc educativi americani degli anni 50 che, fingendo di rassicurare, istillavano angoscia nucleare e impotenza. Non proprio un archivio coi fiocchi, questo, le pizze non stanno nei cellari a temperatura controllata, ma insomma è rassicurante vedere che tutto (?) quello che è stato fatto in quel luogo inaccessibile è stato regolarmente filmato (e a colori). La trasparenza. E, dopo il lavaggio delle pellicole, gli spezzoni scelti ci raccontano (con un sound da allegra ballata  beat) di tricolori al vento, di missili assemblati che colpiscono il bersaglio, di contadinelle nei costumi tradizionali, fiere e sorridenti, che osservano le esercitazioni in cielo.  E' il primo segmento. La memoria. Viene in mente che il nostro esercito e il nostro cinema sono sempre stati ai ferri corti. Non hanno mai collaborato come negli Usa. Poco amore per la tecnologia? Ricordo che Alberto Sordi in Sono un fenomeno paranormale aveva difficoltà a simulare un disco voltante credibile in una scena...Non possiamo certo essere competitivi con Hollywood nei film di fantascienza, ad alto sfoggio di scienza applicata...Il secondo segmento assume la forma mitica 'del viaggio' di ricognizione. Geografia emozionale. Un omino bianco che da lontano sembra Wall-E misura la radiattività del luogo. Le macerie. Le capre. I ruderi. Rock pesante di sfondo. Jeep, in una paesaggio da Deserto dei tartari. Si capisce che alcuni pastori entrano e escono dal poligono. E il terzo segmento assume la forma stilistica del dialogo. Primi esami scientifici. Al minuto 25 il primo shock. Mentre si viviseziona a morte un topino radiattivo e elicotteri fanno la cavalcata delle Valchierie in cielo, una voce off, di burocratica indifferenza, racconta: "il torio è stato trovato nel miele, in una forma di formaggio, in molti campioni di funghi e lombrichi, nelle ossa dei pastori, che avevano l'accesso nel poligono, 18 fusti sepolti riesumati mostrano tracce di torio, che è più pericoloso dell'uranio impoverito perché la sua radioattività aumenta con il tempo"... Tracce di fosforo bianco e di napalm sotterrato in grande segreto perché non di discarica, di immondezzaio, dovrebbe trattarsi, ma di base d'eccellenza per sperimentazioni ai confini della realtà....E ancora: "le nanoparticelle aggrediscono animali e uomini, entrano nel sangue, nei polmoni, nel cervello...Una ragazza di 23 anni non vede non sente e non si muove se non fosse per l'amore totale e infinito della madre".....Quarto segmento. Ancora memoria. Repertorio. Si vede il mare. Missili lanciati verso gli abissi....Un cartello vieta il transito e proibisce di filmare. Quinto segmento. I contadini. Il grano. Gli allevatori. I maiali, gli animali più puliti del mondo che smaniano per buttarsi in piscina e sono costretti alla fanghiglia disgustosa o a una spruzzatina d'acqua (con arsenico crescente)...Gli allevatori. La mucca. Sesto segmento. L'agonia di un vitellino malato di tumore. I registi non vogliono fare spettacolo da Cottolengo e mostrarci le capre a due teste. O altri orrori. Ma il nostro viaggio nel dolore del vitellino che non riesce più neanche ad alzarsi e a bere il latte della madre è atroce come quel radiodramma di Alberto Grifi (Audiobox, Radiotre di tanti anni fa) sul mattatoio. C'è qualcosa che è peggio di un proletario sfruttato per tutta la vita e poi abbandonato a morire come un cane dal padrone? Sì. L'odissea del manzo nel campo di sterminio....Far lavorare la memoria filmata dentro il viaggio di conoscenza, lo shock improvviso dentro la routine del lavoro seriale a comando, ecco il segreto 'dinamico' e ritmico di questo film in sette siparietti (l'ultimo è l'epilogo, con un cartello esplicativo finale). Il viaggio, il dialogo, l'utopia. Cambiare set mentali, essere capaci di mettere in discussioni pregiudizi e luoghi comuni. Ma riuscire a fare detour. A filmare altre inebrianti immagini sperimentali.....Produrre footage 'ecologico'....    
           
Chi trova del buon footage trova un tesoro (you tube lo sa bene e i filmaker underground anni 60, come Paolo Gioli, pure). I materiali d'archivio, che Marco Bertozzi ha analizzato compiutamente in un suo recente e indispensabile studio (Recycled cinema - Immagini perdute visioni ritrovate, Marsilio, 2013), sono spettri del passato mai biodegradabili, la base di riflessione, l'accumulo di memoria, l'interfaccia storico, quasi un antagonista in campo, dei film a soggetto (Zelig...) o documentaristici (Pelesjan) più appassionanti e critici (anche quando sono reels falsi, posticci, manipolati, come nel mockumentary) da qualche decennio.
Il film non fiction, in particolare, trova nella relazione con il materiale di repertorio un po' quello che il jazzista trova negli standard, il punto di partenza per l'avventura creativa, per la variazione più ardita, per la modificazione e metamorfosi melodica e armonica della forma sonata, tipica della song,  AABA. O quello che il blockbuster succhia dal genere canonico: introduzione, l'eroe scende in campo, difficoltà massima per l'eroe, superamento della crisi e vittoria, happy end.
Che si trovi per caso nello sgabuzzino di casa (Alina Marazzi), che sia un antico 'girato' perennemente in progress dello stesso autore (Alberto Grifi), che emerga miracolosamente dal nulla (Jean Bach per A Great day in Harlem), che rimontato e rielaborato esaurisca il film (Cane Capovolto, Roberto Nanni) o che venga inseguito in tutto il mondo e poi finemente ritoccato, come da un orefice armeno (Ricci Lucchi/Gianikian), il materiale di repertorio analogico, il found footage, è una divinità dei nostri tempi, dalle suggestioni nostalgiche e avveniristiche potenti.
Quando poi il materiale è top secret, esce da cellari protetti da guardie armate, è un ex segreto militare, il thriller diventa ancora più appassionante.  
Ficcare il naso nelle faccende militari scottanti, di oggi e di ieri, dall'armata Sagapò ai gas in Etiopia, è sconsigliabile però ai giovani autori che vogliano fare carriera. L'omicidio Cucchi, recentemente, ha tirato in causa un corpo benemerito delle nostre forze armate, i carabinieri. Ma li ha fatto il film non fiction di Maurizio Cartolano 148 Stefano, mostri dell’inerzia. E non il processo che condannando solo i medici, spero verrà annullato in cassazione per ché quel corpo in quelle condizioni da qualche stanza al di sopra di ogni sospetto sarà pure stato spedito. Ma dopo la lotta, le inchieste della magistratura e le commissioni parlamentari, se ancora nessuno ha pagato per i morti di Salto di Quirra il poligono sperimentale è stato chiuso e recentemente riconvertito. Dunque Materia Oscura si poteva fare. Rai Cinema poteva produrlo. Non è più un luogo di guerra in tempo di pace. E' un territorio compromesso inesorabilmente, silenziosamente avvelenato. E lo spazio, tra montagne e mare, passato e presente, di una “guerra immaginaria” che finisce male. La linea dell'orizzonte è sempre tenuta molto alta. Il contrario dei western di John Ford. Il cowboy domina lo spazio. E' dio. Qui siamo tutti come il vitellino o il toro strattonato con la corda.
Nel gennaio 2011 la procura di Nuoro ha posto sotto sequestro i bersagli ubicati nel poligono del Salto di Quirra, con l'ipotesi di omicidio  plurimo e omissione di atti di ufficio per mancati controlli sanitari, L'ipotesi di reato riguardava l'insorgenza di malformazioni ed altre patologie tra i militari, i lavoratori civili della base, i pastori concessionari del pascolo nell'area del poligono ed i civili abitanti nei centri vicini, battezzata dalla stampa "Sindrome di Quirra". Anche uno dei comandanti della base sarebbe deceduto a causa di linfoma.
Il 30 Maggio 2012 la commissione inchiesta del senato ha approvato alnanimità la relazione redatta dal democratico Scanu sulla chiusura dei poligoni di Capo Teulada (CA) e di Capo Frasca (OR) e sulla riconversione di Perdasdefogu-Salto di Quirra in polo di ricerca, anche per nuovi sistemi d'arma.

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