Roberto Silvestri
Sms
Save my soul di Piergiorgio Curzi, Italia, 2012, documentario,
60'
Il poeta Nicolino Pompa, protagonista di Sms Save my soul |
Se vivi in un bel posto scrivi belle cose. Ma se vivi in un posto che si
compiace della propria degradazione?
Se Jerry Rawlings fosse ministro italiano dell’ambiente risolverebbe in
un batter d’occhio il problema della speculazione edilizia sulle coste,
soprattutto laziali e calabre. Raderebbe al suolo, in una notte, tutti quegli
obbrobri estetici e etici, cancellerebbe la tettonica che ha umiliato il
panorama della costa attorno a Roma, Anzio, Latina, Reggio Calabria… restituendo
turismo al paese, morale a Italia Nostra, una serie di architetti alle patrie
galere e case non indecenti al popolo, come fece l’amico di Sankara, ad Accra,
negli anni 80, con il quartiere a luci rosse (non per le prostitute, ma perché
era malsano e ammorbante di suo).
Ma da noi di ministri marxisti eretici o ortodossi (oltretuttto
militari, e abituati a far eseguire gli ordini celermente) neanche l’ombra.
Eppure di marxisti c’è un gran bisogno. L’aria è tutta malsana. Così è
interessante in modo particolare il lavoro documentaristico che da qualche anno
Piergiorgio Curzi sta dedicando, con ambigua e ‘straniante’ grinta, ai marxisti
dimenticati o ai comunisti ‘speciali’.
Assieme a Raffaele Brunetti, nel 2011, ha realizzato per esempio L’altra rivoluzione-Gorky e Lenin a Capri
sull’università proletaria fondata nell’isola campana da Bogdanov e che, tra il
1906 e il 1912 ha ospitato esuli e
sfornato socialdemocratici rossi e esperti, pronti alla rivoluzione bolscevica
e ottimi giocatori di scacchi, come gli stessi Bogdanov e Lenin (che nel doc,
frettolosamente, viene però accusato di quella svolta autoritaria e
antiscientifica che isolando Bogdanov, e sotto gli occhi di un attonito ma
timoroso Gorky, avrebbe portato alle contraddizioni dittatoriali del dopo
1930). Di scacchi Curzi tratta anche in questo nuovo lavoro, Sms, che sta girando con successo i
festival nazionali specializzati in non fiction, dai Popoli di Firenze a
Contest di Roma a Mix di Milano, dove è stato proiettato ieri.
Da sinistra Bogdanov, Gorky e Lenin a Capri |
Sms – Save my soul è
la storia, o forse è un mockumentary, di una ossessione erotico-compassionevole da epoca digitale ed è il
ritratto di un poeta settantenne, poco femminista, ma vispo e vegeto, nonostante
il solleone, scrittore solitario, affetto da "dongiovannismo immateriale" compulsivo,
nonché padre di quattro figli (di cui uno scacchista).
E’ Nicolino Pompa, “sono solo un poeta a tempo perso”, che ruba agli annunci
di lavoro di Porta Portese i numeri di cellulare delle ragazze che scrivono ‘in
quel certo modo estroverso’, possibilmente minorenni ("se mi danno del lei sono vecchie"), contattandole e
intrufolandosi nella loro vita infracellulare.
Nicolino si è costruito così
negli anni una fitta rete di relazioni virtuali (1500 circa, attualmente in
rete circa 150) con donne anche maggiorenni, attratte e affascinate dai suoi
versi industriosamente utilizzati in maniera combinatoria e scodellati ‘just in
time’ da questo Casanova del ‘daje’ e dell’anti-ritrosia Tim. Rime baciate
piene di passione, cinismo, tenerezza, volgarità, seduzione e furbizia (“sei
nel quaderno delle persone che non dimentico” o “lontano dalla tua carne,
cuore, mente, anche se mi menti lo fai adorabilmente” o “sciogliere fa rima con
cogliere”).
“Non posso negare di avere iniziato questa pratica, nel 2003, con una
diciassettenne, Chiara, poi così rispettata e così degradata nello stesso
tempo: una storia meravigliosa e patibolare”. Insomma, l’inizio fu un po’ da porcellone,
il seguito, invece, quasi ‘alla Califano’.
Certo. C’è chi lo gela da subito o resta indifferente ai suoi sms, chi si
incuriosisce, chi si sente molestata dall’insistenza di Nicolino, che ha una
voce maschia e suadente, ma anche chi - commessa, impiegata, diplomata,
disoccupata, ‘clandestina da 7 anni in Italia’ – abbocca alle esche d’amore, reagisce, è turbata, lo
chiama e si ‘avventura’ in una corrispondenza vocale e segnica (che verrà
sempre burocraticamente trascritta al computer) con uno sconosciuto che non
vedrà mai, “qualunque cosa del reale sconfina sempre nel banale”, e che
diventerà un angelo custode, un’alternativa sexy alla solitudine, un
consigliere sensibile 24 ore su 24, una trasgressiva masturbatoria mano (virtuale)
amica. “La tenerezza non sbaglia mai indirizzo”.
Nicolino Pompa è anche un padre che mantiene con i suoi quattro figli
adulti (uno di loro è un regista teatrale che ha utilizzato i suoi versi per lo
spettacolo Io guardo il mare; il più
giovane un pankettone biondo; uno è lo scacchista timido e l’unica donna è
ricoverata in brutte condizioni in una clinica) relazioni conflittuali e
contradditorie, dure e franche, mai ipocrite, molto poco tradizionali,
affettuose e famigliari. I suoi spazi domestici sono labirintici e oscuri,
pieni di saracinesche, garage, librerie e cuniculi…l’ambiente perfetto dove
William Wyler potrebbe far nascondere Samantha Eggar da Terence Stamp…
Il regista Piergiorgio Curzi |
Piergiorgio Curzi ha incontrato e
conosciuto Nicolino Pompa molto tempo prima di decidere di mettere in scena
questa intervista di 60 minuti senza domande, e di realizzare un documentario su
come si recita la propria vita, intrecciando tacito dialogo tra amici (“vorrei
che l’affetto per me sia superior all’affetto per il tuo film” dirà Nicolino a
Piergiorgio) con un pianoforte romantico che ogni tanto jazzeggia, e
frequentando con complicità e sensibilità versi, abitudini, ossessioni, tic,
gentilezza, commozione e la scontrosità
tipicamente ‘romana’ di un burbero
benefico. Questo esempio di cinema-saggio - che non dimentica qualche
escursione solitaria in auto al lago, mentre canzoni e ninne nanne danno il
ritmo - sulla disperata inaffettività della vita nell’epoca dell’eccitazione
riproducibile, segue, nel patetico “fine
del cammin di nostra vita”, il godimento del solo comunicare come appagamento
erotico e sentimentale. Omoerotico, più che altro, come in ogni esibizione di
machismo. E, a questo proposito, torniamo al comunismo. E leggiamo, dalla
pubblicità di uno spettacolo teatrale interpretato da Nicolino Pompa, nel semiautobiografico
ruolo di Paladino Sghembo in Come eravamo (aspettando il 68)
“Nacqui fascista, figlio di fascisti,
nipote di un gerarchetto, poeta marinettiano.
Ad anni 21, Tommy mi disse:
“Quando parli tu mi sembra di sentire Marx, Engels, Lenin…ma, me fai capì
perché te leggi er Messaggero?”. Diventai rosso e, con spavento, mormorai:
“Mah…se vede…che sarooo…”. Poi, in un mezzo strillo: “
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