Roberto Silvestri *
Incredibili variazioni di montaggio su una struttura formale e un procedimento di ripresa e di alto dinamismo spaziale sempre identico, che articolino un'idea. Proprio come fanno i film high concept a Hollywood...
Dal 1967, influenzato dal "cinema diretto" (registrazione simultanea di suono e immagine, oggi con il numerico una norma, ma un tempo no), da Grierson e Rouch (ma sessantottino come van der Keuken e Depardon), Fredrick Wiseman, 87 anni, 41esimo film, ha scelto di dedicare a New York il suo quinto lavoro, esplorare il metodo del cinema-saggio e sincronizzare questa volta tre ore (197' per la precisione) di immagini e suoni, per scoprire qualche verità vera sulla storia della “New York Public Library” nelle sue tre sedi di Manhattan, Bronx e Staten Island, una delle più grandi biblioteche al mondo. E si è gettato nei suoi labirinti e segrete e sale di lettura gigantesche per scoprire su come funzionano oggi questi gioielli, aggrediti dalle nuove tecnologie informatiche e dalla minaccia (sempre in agguato) di tagli pubblici ai fondi necessari per sopravvivere. L'idea è che questa istituzione, secondo una antica tecnica di combattimento del New Deal, può reggere la competizione senza svendere la sua natura comunicativa gratuita, non a finish lucrativo verticale, anche nell'era del Nasdaq, del mercato borsistico elettronico.
Non sempre infatti si eleggono politici che ci difendono dalle avide manone della finanza e delle big company. A volte si scherza troppo, e ci si ritrova giocondamente con un pericolosissimo Trump capace di chiudere istituzioni essenziali solo perché non danno profitti immediati.. Anche se la maturità capitalistica degli States ha saputo quasi sempre (maccartismo a parte) ben gestire commercialmente la cultura (i contenuti sono preziosi per il mercato, sono l'oro della società dello spettacolo) e poi la sede centrale della Public Library (public a metà, come ci spiega il film) è proprio prestigiosa e sembra intoccabile: è quel maestoso palazzone simile a una reggia, con ampie scalinate protette da giganteschi leoni eisensteiniani, che tutti i turisti conoscono e che chi non è ancora andato a Manhattan ha ammirato in tv o al cinema: Newsroom, Law and Order, Sex and the City; e Colazione da Tiffany, Spiderman 1 e 3, Ghostbusters, Prizzi's Honor, Finding Forrester, Il caso Thomas Crown, Chiamami Bernardo, Quiz Show, per nominarne solo alcuni degli oltre 50 "ospiti" di questa superattrazione metropolitana. La spesa pubblica Usa per la cultura è, in percentuale, molto più alta rispetto all'Italia. E' sempre bene ricordarlo a chi si consola a forza di sbeffeggiare le "americanate".
Già. Luoghi superstar. Negli ultimi anni Wiseman per continuare a lavorare con il suo metodo (dai tempi lunghi) ha avuto bisogni di luoghi turisticamente sempre più "forti" che potevano favorire la chiusura dei budget attraverso interventi istituzionali o misti (l'università pubblica di Berkeley nel 2013, il Crazy Horse nel 2011, l'Opera di Parigi nel 2009, l'Assemblea Legistativa di Stato dell'Idaho nel 2006, la Comedie Francaise nel 1996...).
Paradossale no? Il più libero e indipendente dei cineasti nordamericani è quello che viene più sovvenzionato dallo stato. Anche se le sue opere non sono mai agiografiche, si occupino di licei, sistema giudiziario, prigione, ospedale, manicomi, polizia, esercito, scienza, religione, problemi di quartiere, assistenza sociale, scuole per ciechi, moda, commercio, violenza domestica, istituzioni del tempo libero (Racetrack, Zoo, Aspen, Central Park). E non c'è bisogno di ricordare la famosa censura al suo primo film, il carcerario Titicut Follies (1967) durata fino al 1992. Film così, alla Foucault, in Italia non te li farebbero nemmeno girare. O il suo rifiuto di continuare un film se la sotuazione scelta pretendesse di mettere voce sul lavoro durante le rirpese o in sede di montaggio.
Anche perché per andare in un carcere e saper cosa fare per non essere infinocchiati dai direttori tipo Eddie Albert in Quella sporca ultima meta, bisogna, come Wiseman, avere una certa preparazione culturale alle spalle. Diciamo che per Wiseman il cinema è la prosecuzione dell'insegnamento universitario su scala più ampia. E' stato infatti docente alle università di Boston e Brandeis in diritto criminale, diritto di famiglia, medicina legale e psichiatria. La differenza tra il suo progetto enciclopedico e quello di Rossellini è tutto qui, senza per questo avere una esagerata predilezione per i cineasti più accademici.
Torniamo negli spazi della Public Library. Certo non ci racconta come si entra in epoca di terrorismo e di sicurezze accentuate. Però.
Wiseman come al solito ti conquista subito, da eccellente giornalista sportivo, fin dal primo "paragrafo". Interroga bibliotecari alle prese con il web, dove e come diffondere i tesori custoditi nei suoi giganteschi edifici; "spia" gli amministratori in riunione, quando pianificano i nuovi investimenti e gli impiegati che spiegano il rapporto tra finanziamenti pubblici e privati ma negano gentilmente al telefono il prestito e la visione della versione originale della Bibbia di Gutenberg "ci scusi, signore, non è proprio possibile!". Cattura interventi radicali di poeti, storici, saggisti del cinema e maghi della cibernetica invitati a tenere conferenze. Tra questi frammenti, uno è particolarmente interessante. Si tratta di uno studioso dell'Islam nell'Africa occidentale che ha scritto un libro sulla partecipazione attiva dei musulmani nelle prime lotte antischiaviste in Senegal, anticipando di gran lunga i filantropi inglesi del XVIII secolo. A proposito di primati fasulli dell'Occidente. Maledizione non troviamo indicazioni del libro né dell'autore neppure nei titoli di coda. Non si fa pubblicità qui.
Wiseman non fa “documentario documentaristico”: fiancheggia una istituzione in mutazione fertile conoscendo bene il suo funzionamento e obiettivo. Centro culturale vivo, transculturale e aperto alle arti performative, non deposito sterile (e, nel maccartismo, censorio ma questo si sa inutile ricordarlo?) di libri e audiovisivi. Servizio sociale pubblico che offre alla comunità strumenti informativi e aiuti lavorativi finché il capitale privato sarà copioso, ma sotto controllo. Un patrimonio iconografico unico, inoltre, nato più di un secolo fa, di cui gli artisti americani (Andy Warhol soprattutto, ma tanti tanti altri) beneficiano da 100 anni. E ne vediamo gli esiti.
Wiseman si smarca così dalle accuse fatte al cinema diretto di enfatizzare troppo la capacità della realtà di raccontare da se la propria verità. No, bisogna avere un criterio. Il suo più che cinema del reale è macchina desiderante un "mondo realmente rovesciato" come intitolava Fulvio Baglivi una monografia edita dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roa. Non fare domande in libertà, ma saper dare risposte in anticipo che modifichino il reale. Anche se si èp convinti che un film non serva a nulla, e la realtà è immodificabile. Comunque. Non girare o gironzolare a vanvera.
Il cinema-verità, nato negli anni 60 grazie alle nuove tecnologie leggere (camera 16 mm, magnetofono Nagra) che permettevano di girare in esterni con una certa comodità audiovisuale, teorizzava riprese improvvisate a grande forza d'urto a-grammaticale e non più teste parlanti prestigiose e inamidate intervistate in studio. E anche far dialogare le persone comuni per strada e non concepire più il documentario come solo sociale, strettamente legato al lavoro, ma anche ai temi più vasti delle relazioni umane. Pasolini, per esempio in Gli italiani e l'amore, piegò il cinema verità a una sorta di cinema-documento approfondito, giansenista (come suggeriva Edgar Morin) cioé non purificato artisticamente, con immagini con maggiore valore emozionale perché restituite allo stato bruto, perfino goffe e fortemente soggettivo. Wiseman cerca di socializzare le sue competenze creando un punto di vista singolare-collettivo o individuale-comune attraverso un forte rispetto etico per l'intera struttura e per tutte le articolazioni di sistema.
Fredrick Wiseman nella Public Library |
*NEL CORSO DELLA MANIFESTAZIONE VENEZIA A ROMA IL FILM EX LIBRIS DI FREDRICK WISEMAN VERRA' PROIETTATO IL 19 AL CINEMA GIULIO CESARE E IL 20 AL CINEMA EDEN
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