Il film di Sofia Coppola, premiata per la migliore regia al festival di Cannes 2017, è nelle sale italiane dal 21 settembre
Mariuccia
Ciotta
Le
querce della Virginia aprono varchi nebbiosi mentre l'inquadratura
scivola in basso sul sentiero dove una bambina con le treccine e un
cesto in mano cammina lentamente nel bosco. Cappuccetto rosso
incontrerà il lupo nelle vesti del caporale nordista John McBurney
che nell'immaginario ha il volto di Clint Eastwood, il Jonathan della
notte brava di Don Siegel, anno 1971, accolto ferito nel collegio
femminile durante la guerra di secessione, 1863.
Sofia
Coppola, magnifico Leone d'oro con Somewhere, firma
sceneggiatura e regia del remake The Beguiled (L'inganno) e
sceglie Colin Farrell, oggetto erotico (non a caso) meno potente di
Eastwood, nelle vesti blu dell'uomo ferito alla gamba e trovato tra
l'erba dalla dodicenne Amy (Oona Laurence), per spostare l'attenzione
sulla algida e spettrale Nicole Kidman, nel ruolo perverso che fu di
Geraldine Page. Sguardo affilato anche su Elle Fanning, Carol, la
Lolita, e su Kristen Dunst, Edwina, la romantica sessualmente
repressa. Donne-stereotipo che Coppola esplicita nel suo southern
gothic, statuine in abito bianco che esploderanno in una vulcanica
rappresaglia contro il maschio creatore di gender. Eredi di The
Virgin Suicides.
Allevate
al ricamo dai punti perfetti, alla cucina impeccabili e alle buone
maniere, le signore del collegio in stile neo-classico riproducono,
potenziate, Le piccole donne di Louise May Alcott, ragazze del
New England, nordiste, anche loro in piena guerra civile e alla
ricerca di uno spiraglio contro il destino di femmine docili e
vittoriane. Joe ci riuscirà con i suoi romanzi e Beth con l'esodo
più radicale, la morte.
Ognuna
di queste “vergini” isolate nel tempio immerso tra gli alberi ha
un conto aperto con il soldato bugiardo e mercenario che le blandisce
a seconda del loro “tipo”. Ad Edwina, insegnante di francese,
dirà che la ama, ad Amy, fotocopia della piccola, sensibile Beth,
che si prenderà cura della sua tartaruga, prima di scagliarla per
terra in uno scoppio d'ira. A Martha, la Madame, farà intendere quel
che sognava la Geraldine Page di Siegel, una visita nella sua camera
da letto. Ma sarà Carol a perderlo. Il caporale precipita dalle
scale, spinto da mani deluse, perché sorpreso tra le gambe della
ninfetta. Il gioco è smascherato. I candidi angeli ricoperti di
trine e merletti si mutano in Erinni. Il corpo desiderato del
caporale sarà spartito in brandelli metaforici.
Sofia
Coppola costruisce un film rarefatto, elimina quasi tutto il contesto
storico - Eastwood compariva in flash-back feroci sul campo di
battaglia, e le fotografie dal fronte del pioniere Mathew Brody
dominavano i titoli di testa - e i retroscena narrativi - il passato
incestuoso di Martha con il fratello - e si immerge nella nebulosa
gotica, candele e pianoforte, fruscio di abiti, sensualità vellutata
e scale a chiocciola.
Un'opera
horror e non più il western anomalo di Don Siegel, consacrato
all'epoca autore per un film considerato “europeo”, flop al
botteghino. Qui le manine delicate cuciono squarci sanguinolenti,
tagliano gambe in un rituale sacro, e rispondono alle accuse di
misoginia rivolte negli anni Settanta al regista di Dirty Harry
('71, stesso anno). Alle critiche di The Velvet Light Trap
risponderà, solo nel 1998, G. Herring in The Film Quarterly
consacrando il film “favola
femminista”.
Non
sono “cattive” le ragazze del collegio, solo che le dipingono
così. E Sofia Coppola ne disintegra il guscio, ne cambia la forma.
La metamorfosi è compiuta con la mela di Biancaneve sostituita dai
funghi avvelenati del romanzo di Thomas Cullinan, A Painted Devil
('66) dal quale è tratto The Beguiled.
Il
cerchio si chiude con Amy dal cestino ricolmo di mistero, ombra
fatata nel bosco.
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