venerdì 22 settembre 2017

L'inganno - La vendetta delle vergini suicide

Il film di Sofia Coppola, premiata per la migliore regia al festival di Cannes 2017, è nelle sale italiane dal 21 settembre

Mariuccia Ciotta

Le querce della Virginia aprono varchi nebbiosi mentre l'inquadratura scivola in basso sul sentiero dove una bambina con le treccine e un cesto in mano cammina lentamente nel bosco. Cappuccetto rosso incontrerà il lupo nelle vesti del caporale nordista John McBurney che nell'immaginario ha il volto di Clint Eastwood, il Jonathan della notte brava di Don Siegel, anno 1971, accolto ferito nel collegio femminile durante la guerra di secessione, 1863.
Sofia Coppola, magnifico Leone d'oro con Somewhere, firma sceneggiatura e regia del remake The Beguiled (L'inganno) e sceglie Colin Farrell, oggetto erotico (non a caso) meno potente di Eastwood, nelle vesti blu dell'uomo ferito alla gamba e trovato tra l'erba dalla dodicenne Amy (Oona Laurence), per spostare l'attenzione sulla algida e spettrale Nicole Kidman, nel ruolo perverso che fu di Geraldine Page. Sguardo affilato anche su Elle Fanning, Carol, la Lolita, e su Kristen Dunst, Edwina, la romantica sessualmente repressa. Donne-stereotipo che Coppola esplicita nel suo southern gothic, statuine in abito bianco che esploderanno in una vulcanica rappresaglia contro il maschio creatore di gender. Eredi di The Virgin Suicides.
Allevate al ricamo dai punti perfetti, alla cucina impeccabili e alle buone maniere, le signore del collegio in stile neo-classico riproducono, potenziate, Le piccole donne di Louise May Alcott, ragazze del New England, nordiste, anche loro in piena guerra civile e alla ricerca di uno spiraglio contro il destino di femmine docili e vittoriane. Joe ci riuscirà con i suoi romanzi e Beth con l'esodo più radicale, la morte.
Ognuna di queste “vergini” isolate nel tempio immerso tra gli alberi ha un conto aperto con il soldato bugiardo e mercenario che le blandisce a seconda del loro “tipo”. Ad Edwina, insegnante di francese, dirà che la ama, ad Amy, fotocopia della piccola, sensibile Beth, che si prenderà cura della sua tartaruga, prima di scagliarla per terra in uno scoppio d'ira. A Martha, la Madame, farà intendere quel che sognava la Geraldine Page di Siegel, una visita nella sua camera da letto. Ma sarà Carol a perderlo. Il caporale precipita dalle scale, spinto da mani deluse, perché sorpreso tra le gambe della ninfetta. Il gioco è smascherato. I candidi angeli ricoperti di trine e merletti si mutano in Erinni. Il corpo desiderato del caporale sarà spartito in brandelli metaforici.
Sofia Coppola costruisce un film rarefatto, elimina quasi tutto il contesto storico - Eastwood compariva in flash-back feroci sul campo di battaglia, e le fotografie dal fronte del pioniere Mathew Brody dominavano i titoli di testa - e i retroscena narrativi - il passato incestuoso di Martha con il fratello - e si immerge nella nebulosa gotica, candele e pianoforte, fruscio di abiti, sensualità vellutata e scale a chiocciola.
Un'opera horror e non più il western anomalo di Don Siegel, consacrato all'epoca autore per un film considerato “europeo”, flop al botteghino. Qui le manine delicate cuciono squarci sanguinolenti, tagliano gambe in un rituale sacro, e rispondono alle accuse di misoginia rivolte negli anni Settanta al regista di Dirty Harry ('71, stesso anno). Alle critiche di The Velvet Light Trap risponderà, solo nel 1998, G. Herring in The Film Quarterly consacrando il film “favola femminista”.
Non sono “cattive” le ragazze del collegio, solo che le dipingono così. E Sofia Coppola ne disintegra il guscio, ne cambia la forma. La metamorfosi è compiuta con la mela di Biancaneve sostituita dai funghi avvelenati del romanzo di Thomas Cullinan, A Painted Devil ('66) dal quale è tratto The Beguiled.
Il cerchio si chiude con Amy dal cestino ricolmo di mistero, ombra fatata nel bosco.





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