Nikhil Sahni si getta nel Gange in Masaan |
Roberto Silvestri
Un film indiano ha vinto il premio Fipresci (critici internazionali) e quello dell'Avvenire nella sezione Un Certain Regard del festival di Cannes. Si intitola Masaan, titolo internazionale inglese Fly Away Solo ed è l'esordio di Neeray Ghaywan. Siccome non si tratta del solito rimescolar le carte posmoderne giocando con gli stereotipi di Bollywood, come avviene nei film di Mira Nair e Peter Boyle, ma di un interessante esperimento controculturale, prepotente e egemonico, il film merita un discorso più lungo e una contestualizzazione più dettagliata. In questi giorni è in programmazione nella manifestazione Cannes a Roma all'Alcazar e all'Intrastevere.
L'India è vicina. Più di quanto noi non pensiamo. Non solo per le 5 caste, lì stabilite religiosamente, qui ereditate da un feudalesimo (più mafia e corruzione) millenario, più invisibile, ma non meno inossidabile (il 25% di super poveri è più o meno una identica percentuale). Per la goffagine speculare delle rispettive istituzioni giuridiche (caso Battisti/caso Marò). Perché le due società sono patriarcali e, maggioritariamente, conservatrici e e misogine.
Da noi qualche speranza di cambiamento di classe, di salto in avanti, in vita, c'è ancora. Almeno a giudicare dai telequiz. Basta scimmiottare idee e valori della classe dominante. Ma in India è inutile fare i soldi, gli steccati aristocratici sono ferrei, la mobilità è morta. Anche chi, come i Sikh, rifiuta il sistema delle caste, si rinchiude nella propria comunità ma non rompe il giocattolo sacro. Non ci fosse la reincarnazione (come da noi il Paradiso dell'aldilà) a premiare con un salto di casta i più pii dopo la morte... Oppure il cinema, che premia sempre, in anticipo, i karma meritevoli.
Vicky Kausal nel ruolo di Deepak Chaudhary, l'ingegnere innamorato, figlio di un becchino |
Se fossimo stati più rispettosi delle altre culture, per esempio programmando un numero superiore di film indiani in tv, e non solo di Bollywood (Anurag Kashyap, cavaliere delle arti e delle lettere in Francia nel 2013, è un nome proprio sconosciuto alla Rai? Mai sentito parlare di Ugly?) ne avrebbe beneficiato di molto il nostro pubblico, il nostro prodotto cinematografico medio, la nostra bilancia dei pagamenti (e anche il trattamento riservato ai nostri marò, più risentito del normale a causa del nostro disprezzo culturale per un resto del mondo che si conosce mediamente malissimo). Possiamo sempre invertire la marcia. "Cambiare di passo", come dice il presidente del consiglio. C'è un'occasione.
Richa Chadda in Masaan pronta a cambiare il saari |
Non è un film di Bollywood, una grossa produzione di studio stampata da un unico cliché (colori metallizzati, ogni tre minuti una canzone, ogni sei un balletto, una pletora di ralentì e di zommate). Non è un film d'arte mozzafiato e rigoroso (sulla scia di Satyajit Ray, Mrnal Sen, Ritwik Ghatak, John Abraham...). Non è una piccola produzione indipendente no budget e miserabilista che sul mercato internazionale si compiace del proprio esotismo. Ma è il prototipo di una quarta via.
E' un film pensato per il mercato internazionale non solo d'essai. Drammatico, umoristico, serio ma anche popolare. E che tocca, nel contesto, nervi scoperti dell'architettura morale-religiosa. Per esempio: i flirt e le relazioni sessuali extra matrimoniali non sono autorizzate. Ora in epoca Facebook come credere che un flirt possa causare disonore, cacciata di casa e suicidio? Ma non basta il messaggio edificante o combattente. Bisogna trovargli un punctum emozionale forte per trasformare un "prodotto medio" in medio-alto, il regista non ama "spezzare una lancia in favore". Detesta appendere immagini a una "problematica". Per apparire come un avanposto da nouvelle vague bisogna avere in mente una forma forte, un'immagine generatrice di turbativa all'immaginario publico dominante.
Il giovane regista indiano Neeraj Ghaywan |
E così in Francia, Masaan esce nelle sale il 24 giugno. Tra i pochi film indiani esportabili.
Robusta è infatti l'impostazione e l'intenzionalità documentaristica. Il set è Benares (in indiano Varanasi), una delle sette città sante induiste, una località "più vecchia della storia, più vecchia della tradizione" (Mark Twain), a nord est del gigantesco paese. Centro mistico e funereo (è stata fondata dal dio della distruzione e della costruzione del nuovo mondo, Shiva), meta di pellegrinaggio induista (l'80% della popolazione della più grande, anche se castigata, democrazia al mondo), è il posto dove i vecchi vanno a morire, i vivi si purificano in attesa del salto di casta con la cremazione, ma che non è esente, nel frattempo, da laceranti ingiustizie sociali.
Richa Chadda, ex modella, femminista combattiva in Masaan |
La polizia irrompe nella stanza d'albergo.... |
Richa Chadda e il padre, l'attore Sanya Mishra |
Molti i roghi e i dettagli macabri. Sono i becchini e i figli dei becchini e gli amici dei becchini i protagonisti di queste tre storie intrecciate collegate solo dal fiume che le rispecchia.
Vediamo cosa racconta il film. Un piccolo orfano spiritato, Jhonta (Nikhil Sahni), nuotatore provetto, intraprendente fino all'incoscienza, che cerca affetto e almeno un padrino, sopravvive grazie al giro delle scommesse clandestine (si butta nel fiume e afferra più rupie possibili, lanciate sul fondale dal banditore mentre i maniaci dell'azzardo perdono tutti i loro soldi, come qui alle slot machine).
Vicky Kaushal e Shweta Triphani |
Scoperta in un hotel a far l'amore con il compagno di studi, fotografata discinta e minacciata di arresto per oltraggio al pudore (sic! neanche negli alberghi puritano-sabaudi succedono cose di questo tipo) è turbata e angosciata dai sensi di colpa perché il suo amante si è suicidato nel corso dell'incursione poliziesca, per non finire in carcere. Il padre di Devi è terrorizzato che la notizia trapeli, rovinandole per sempre la reputazione (altro sic!). E ne approfitta il perfido losco e disonesto ispettore della polizia Mishra.
Infine il romantico futuro ingegnere Deepak Chaudhary (Vicky Kaushal), figlio di becchini, che si è innamorato di Shaalu (Shweta Tripaty), una ragazza di casta superiore che lo ricambia e che ha deciso di fuggire comunque con lui, i genitori lo accettino o no, ma che non potrà avere mai....
A Cannes da sinistra Richa Chadda, il regista Neeraj Ghaywan, Shweta Tripaty e Vicky Kaushal |
Richa Chadda |
Nel frattempo, scossa dalla crisi di crescenza, il sistema Bollywood-Tollywood-Kollywood deve fare un salto di qualità o entrerà in crisi. La novità arriva dagli studi più grandi del mondo, secondo il Guinness dei primati, Ramoji Film City, proprietà del magnate della stampa Ramoji Rao, il William Hearst indiano, proprietario di una villa da nababbo con un giardino pieno di alberi e cespugli a forma di animali che sembrano opera di Edward Mani di forbici. Negli studi, che si estendono su più di ottocento ettari di terreno, a un'ora dalla quarta città più grande e popolata del paese, Hyderabad, capitale dello stato di Télangana è in post produzione l'iper kolossal in lingua telogu Baahubali, un fantasy dalle tinte anche sonore vivacissime, diretto dal quarantenne S.S.Ramajouli, ben 600 addetti agli effetti speciali, che, secondo gli analisti e anche secondo una bella inchiesta del mensile francese Sofilm cambierà la storia del cinema indiano. Il regista afferma di ispirarsi alla mitologia, al folklore (non solo indiano) e ai comics e il film è un adattamento di miti e leggende transculturali. Il budget è il più alto fin qui in India 45 milioni di dollari. Insomma una sfida alla Hollywood dei blockbuster digitali e in 3d. Sarà doppiato anche in tamil, malayalam, hindi e vorrebbe approdare nel mondo intero. Si vedrà.
Vicky Kaushal, il figlio dell'addetto alla cremazione |
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