mercoledì 29 gennaio 2014

Dante no es unicamente severo. Luis Nero alla caccia della quarta dimensione della Divina Commedia

F. Murray Abraham nel ruolo di  Dante Alighieri in "Il mistero di Dante" di Luis Nero, prodotto da Franco Nero
di Roberto Silvestri


La Divina commedia raffigurata da Doré, coi disegni monocromatici filologicamente ricopiati che diventano scenografie (di Vincenzo Fiorito), animati e reinterpretati da attori muti, ma come se Méliès fosse redivivo, soprattutto per qualche analogia con le sue collocazione sceniche frontali dei corpi risorti o per le ali semoventi degli angeli. 

Ma il più visionario dei 'novisti' brasiliani, Moijca Marins, dà una mano - inconsapevole - al regista Luis Nero nel concepire per questo suo nuovo lavoro di circa due ore, Il mistero di Dante, coreografie di braccia e gambe senza torso, 'urlanti', che gesticolano come nei migliori horror di fede splatter, dai bui antri infernali, come in una stampa sunnita, mentre una cascata di budella già cita la celebre sequenza surf di Apocalypse now e altri orrori a venire. Dante e Virgilio, buddies on the road, fanno, circospetti, ed esperti in ombre delle idee, controinformazione nell'aldilà... 

Intanto, montati da Luis Nero stesso, a quanto si intuisce dal pressbook, secondo una architettura che a molti sembra di consequenzialità misteriosa, una ventina di specialisti in corpi terrestri (attori, registi, docenti non accademici, meglio se in scienze occulte, dantisti eccelsi) o in corpi celesti (rabbini, teologi cristiani, imam e dotti musulmani), sono chiamati a spiegare, interrogati comodamente dai loro salotti o studioli massonici o gabinetti di riflessione - è etichetta documentaristica o indagine poliziesca?  - la grandezza esplicita e occulta di Dante, vivisezionandone testi vita e segreti - Beatrice era vera, era un simbolo, o entrambe le cose? - al di là o al di qua dell'esegesi ufficiale, erudita, devitalizzata e rassicurante. 

Luis Nero (a sinistra) e F. Murray Abraham
Una doppia idea figurativa neoarcaica, dunque, sintetizzata nella pericolosa sequenza di apertura - dal buio alla luce abbagliante, dall'errore alla verità - che esplicitamente rinvia a The Blair Witch Project: in una notte buia e tempestosa la discesa, bendata, per cuniculi sotterranei, edificati nella notte dei tempi sotto la magica Torino del Cagliostro, che le musiche di Steven Mercurio e Ryland Angel, massimaliste nel condurre gli spettatori dentro la gabbia mentale del posseduto - e questo grazie a un battito di tamburo ipnotizzante, che ha gioco facile nel mandare in trance -    conduce la toupe, operatore, regista e terrorizzata assistente alla regia, di fronte alla triade suprema (tutta rigorosamente maschile) di una setta esoterica incaricata, come in Terminator o Nel codice da Vinci o in tutte le saghe dei super-eroi -  di tirar fuori i superpoteri nel momento estremo del bisogno, quando la Storia lo richiede. Intanto sono seduti dietro un tavolo sotterraneo, e sparano in faccia alla troupe una luce da 5000 watt che li renderà irriconoscibili come le loro voce. Parte il film. Siamo davanti ai 'fedeli d'amore' dei giorni nostri. Ai pronipoti di Cavalcanti, dei trovatori occitani, dei filosofi di Cordoba, dei 'sanculotti dell'illuminismo'...

Taylor Hackford
Nelle epoche buie, quando l'umanità, tra guerre e pestilenze, invasioni e sopraffazioni, genocidi e bombardamenti, non vede speranza né via d'uscita, e la crisi devastante non è solo materiale ma ideale, forse addirittura fisiologica (l'omo-ossesso Putin deve avere perduto l'uso dei propri "neuroni specchio", ma i suoi fedeli servitori perché non lo fermano?) e il cristiano diventa lupo per il vicino cristiano, e il wahabita per lo sciita, e l'ateo per l'agnostico, e lo stalinista per il trotszkista, e l'uomo per la donna, e l'etero per l'omo, ecco che dalle piccole conventicole clandestine e iniziatiche portatrici nei secoli dei secoli di valori 'altri' di giustizia, libertà e eguaglianza (ma che ben proteggono i propri segreti, soprattuto dai pericoli della repressione più fanatica e ortodossa) nascono, di tempo in tempo, grandi figure di socializzatori e liberatori. Sono i terroristi dello spirito, i filmaker underground, i Blues Brothers che vedono la forza e la usano contro i nazi, i libri-viventi di Farenheit 491, gli eretici come programma minimo, i profanatori dei misteri abusati per dominare e sfruttare le moltitudini inermi (e su questo Guerre Stellari di George Lucas ha fatto definitivamente chiarezza. E anche Yeelen di Sulemaine Cissé). La chiesa interiore di San Giovanni contro la chiesa esteriore di San Pietro. O meglio il simbolo contro l'allegoria. I pensatori triadici (induzione-deduzione-analogia) contro i pensatori bidimensionali, o peggio monodimensionali. "Sotto il velame de li versi strani" si fanno incanti.O, per dirla alla massonica, alla massonica: "Così è in alto, così come è in basso, per fare il miracolo della Cosa Unica".

Valerio Massimo Manfredi, archelogo, scrittore e conduttore tv
Omero, Virgilio, Dante, Giordano Bruno, Durer, Shakespeare, Nietzsche, Rimbaud, Puskin, Ginsberg/Burroughs, Sankara....furono solo i terminali formidabili, i finalizzatori poetici geniali, i punti di riferimento 'classici', le 'leggende viventi' di un fecondo lavoro transculturale e transtemporale, rivoluzionario e collettivo, condotto per lo più dai sotterranei in su, risalendo dal futuro al passato, come l'angelo di Klee, dall'inferno alla luce - e che sia rischioso il tragitto lo attestano poeti moderni e poeti di 6000 anni fa - dal nigredo all'albedo al rubedo, come direbbero gli alchimisti (almeno quelli di fede romanista o leccese rosso-gialla...). Ma anche multidirezionale, da quando le conquiste della fisica quantistica hanno moltiplicato i nostri tragitti, e anche i salti nel buio sono diventati approssimazioni energetiche se non alla verità, almeno alle mitiche divinità (antivettiste) clonie, maya, egizie, femminili che un certo aiuto alla disintossicazione biopolitica lo danno... 

Diana Dell'Erba, F. Murray Abraham, Luis Nero
Stregoneria, massoneria laica, templari, eretici, catari, teosofia sufi, sette che, come i 'Fedeli d'amore', tutto volevano essere fuorché settarie e 'segrete', ma i tempi li constrinsero ad esserlo, non dovrebbero intimorire, ma farci riflettere... Ed ecco un film di grande complessità, eppure di generosa e disarmante semplicità, che addirittura per larga parte si incanta a sentire esperti laici o religiosi, artisti come il razionalista Taylorf Hackford, l'animista Silvano Agosti, i trascinanti Christopher Vogler e Mamadou Dioume, i fiorentini shakespeariani professionisti come Zeffirelli, parlare di 'quarto livello' di decifrazione dantesca. E parlan di itinerari ascetici di conoscenza, mai di fughe mistiche, attraverso il format del documentario Bbc. 

Gabriele La Porta
I misteri di Dante cerca di penetrare i segreti, letterali, filosofici, politici e 'esoterici' delle terzine dantesche, per additarci un tragitto di 'conoscenza di sé', come direbbe René Daumal, e ci sconsiglia dal non affrontare il "segreto che si cela dietro al più grande poeta italiano", che tuttora parla a tutto il mondo, in modo così diretto e moderno, Dante Alighieri (che era appunto affiliato ai Fedeli d'amore, e forse ai Templari, visto che le condanne a morte gli fioccavano come se fosse un gay oggi a Mosca, Entebbe o Calcutta o nelle vicinanze di Casa Pound). 

I 'fedeli d'amore'
Dolce stil novo non fu solo una nouvelle vague trecentesca letteraria o una profezia dei Rosacroce cristiani anticattolici del '600, ma anche il ramo italiano di quella forza dirompente e laica che dall'Andalusia alla Persia islamica, stava riportando dentro la cristianità il pensiero critico-filosofico greco nemico di ogni bigotta ortodossia ecclesiale. Sui legami, però, tra Ibn Arabi e Dante, forse il nodo culturale più interessante della faccenda, il film non fa i suoi migliori affondi. Peccato. Lì sarebbe nato un fecondo filone illuminista, come direbbe Giordano Bruno, con l'ombra, e addirittura l'ambra, non senza. Come fu.  

Cast in grande forma e tanta voglia di parlare, e spiegare, primo fra tutti F. Murray "Amadeus" Abraham, il grande attore del teatro americano di origini arabe che ha speso entusiasmanti parole in favore di papa Francesco, hanno affiancato Luis Nero (e Franco Nero, qui in veste di produttore) nella presentazione romana di ieri, accolta con applausi e mille domande, alla Casa del Cinema, del suo ultimo lavoro, indipendentissimo come sempre, un semi documentario e semi mockumentario, che uscirà in 30 copie il 13 febbraio, giorno di San Valentino. 


Dopo il denso lavoro su Rasputin (accento sulla ù) ecco un'altra incursione cinematografica non mentale verso sentieri ancora poco illuminati della nostra coscienza, tutti da discutere (lo faranno anche nelle scuole prossimamente, anzi chi è intersato si metta in contatto con L'altro Film via Muriaglio 10 10141 Torino, 011 377560, cellulare 347 7687121, email info@altrofilm.it). 

Luis Nero
Al film, coraggioso, istruttivo e coinvolgente, hanno contribuito anche Valerio Massimo Manfredi, Massimo Introvigne, Gabriele La Porta, Roberto Giacobbo, il monsignore Agostino Marchetto, il rabbino capo Riccardo Di Segni, Shaykh Abd Al Wahid Pallavicini, G.M. Luigi Pruneti, Emilio Attinà, Giancarlo Guerrieri, Marcello Vecchio, Carlo Saccone, Auroira Di Stefano, Imam Yahia Pallavicini, Diana Dell'Erba, Diego Casale, Elena Presti.   


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