Mariuccia Ciotta
Visto alla Mostra di Venezia 2016, il film è ora nelle sale
Il volto attraversato da
nuvole, Emir Kusturica ha un'espressione che dissente dalla commedia
quasi slapstick On the milk road (Sulla via lattea), ultimo
titolo in concorso, e che a prima vista sembra uno scanzonato
balletto fracassone (musica del fratello Stribor) in tempi di guerra
(dei Balcani). Tratto da un racconto dello stesso regista e
interprete, il film è diviso in tre capitoli e parte con la solita
fanfara dispiegata a mille, tra un moltiplicarsi frenetico di
metafore, oche bianchissime precipitate nel sangue del maiale appena
sgozzato, una gallina che non riconosce se stessa e salta a vuoto
davanti allo specchio.... e un bestiario vario fatto di asini
intelligenti, rapaci che ballano al ritmo delle tastiere, serpenti
grati al lattaio Kosta (Kusturica) e un gregge di pecore destinate al
massacro.
Monica Bellucci parla
serbo, ed è un piacere vederla liberata dal glaciale sussiego, in
coppia buffa e d'amore con il malinconico venditore di latte. Ma nel
caos generale, tra matrimoni andati a monte, militari spudorati, gag
di ogni tipo, Kusturica infila la lama tagliente della vera guerra,
la carneficina della fiorita Krajina, regione della Croazia popolata
da serbi dove all'inizio degli anni 90 morirono ventimila persone. La
commedia cede a un realismo magico e disperante, a una surrealtà a
volte dipinta con colori (e uccellini) disneyani, a volte lugubre e
truce, lanciafiamme all'opera e corpi carbonizzati. Il regista serbo
non dimentica Underground, e tra i miracoli di un'ascensione
in cielo dei due amanti intrappolati su un albero sotto la pioggia,
arriva il vero colpevole, un generale della Nato che, tradito dalla
bella italo-serba Monica, manda il suo squadrone della morte a
distruggere e uccidere (forse per questo j'accuse Cannes 2016 ha
rifiutato il film). Sarà un inferno glorioso, un poema fiabesco di
massacro tra cieli stellati e mine fragorose, qualcosa che distilla
sorrisi e lacrime nelle digressioni dal campo di battaglia... sotto
l'acqua opaca di uno staglio gli amanti cadaveri sognano.Grande
cinema.
La libertà di fraseggio
di Kusturica fa coppia con quella di Terence Malick, due cineasti
lontanissimi tra loro ma in grado di irritare la platea con
l'iperbole di se stessi. Registi che non temono l'esposizione del
desiderio di trasfigurare il cinema. Kusturica al quadrato, dejà vu
eppure sorprendente. Malick con la sua cosmogonia celeste Voyage
of Time: Life's Journey (concorso),
come tradurre National Geographic in un poema dantesco, e scrivere la
genesi della Terra, la Madre dalla voce carezzevole di Cate
Blanchet. Il “sogno dei sogni” di Malick risalente agli anni '70,
e del quale abbiamo visto brandelli in The Tree of Life. La
nascita del mondo nel ruotare delle stelle, nell'esplosione rossa dei
vulcani, nel movimento languido dei mari, nel moltiplicarsi delle
cellule fino alla maestosa balena. Malick mette all'opera Bach,
Beethoven, Haydn, Arvo Part, e Dan Glass per gli effetti speciali...
Il dinosauro bambino uscito dall'albero della vita, incerto
dentro un canale sassoso, così come sarà l'uomo preistorico che
Malick visualizza a rischio di citare La guerra del fuoco.
Malick all'ennesima
potenza per un film né documentario né narrativo. Così
fragorosamente libero da generi e anti-generi dal cinema pop e da
quello d'autore, così spericolato nel sentirsi dio, così avulso
dalle tabelline dei critici, palline e stellette, da meritarsi un
inchino da chi la nascita del mondo la vede proprio così, riflessa
sullo schermo.
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