Mariuccia Ciotta
Un cast tutto australiano,
a parte il protagonista, Andrew Garfield, già allenato ad
arrampicarsi sulle pareti nelle vesti dell'Uomo ragno, e qui sulle
corde intrecciate di una scala che porta all'inferno di Okinawa nelle
vesti di Desmond Doss, il primo soldato disarmato della storia a
meritarsi la medaglia d'onore del Congresso.
Proveniente dalla
Mostra di Venezia, è
arrivato in sala Hacksaw Ridge .
Il sangue piace
all'attore-regista di Braveheart e La passione di Cristo,
autopsia di fotogrammi aperti, vene sanguinanti e arterie che
schizzano l'essenza umana, liquami e materia cerebrale, pance
sventrate, arti mozzati... Seconda guerra mondiale. Eppure Gibson fa
ricorso al Mago di Oz, al suo incanto, per raccontare la storia vera
di Desmond Doss, avventista del settimo giorno, che si arruolò con
la promessa di non toccare il fucile e per questo finì sotto corte
marziale, prima di ottenere il ruolo di “soccorritore militare”
tra il disprezzo, e i pugni, dei commilitoni.
Sotto il cielo radiante
dell'isola giapponese, i fantasmi ballano insieme ai caduti di Iwo
Jima, ai quali Clint Eastwood ha reso omaggio, dalla parte dei “musi
gialli” con le sue lettere zeppe di lacrime, e che Mel Gibson, a
sorpresa, fa salvare dal suo supereroe non da fumetto. Oltre ai suoi
compagni, Doss soccorse anche due nemici.
Il vero Desmond Doss |
L'incrocio con Salvate
il soldato Ryan non è tanto nella carneficina, scrupolosamente
documentata da Gibson, ma nella luce calda del fuori campo (di
battaglia), nell'America di F.D. Roosevelt con le sue promesse oltre
la Grande Crisi di casette color pastello, girl e boy biondi, e
paesaggi aperti come la Virginia di Desmod Doss. Non si uscì dalla
Depressione grazie alla “guerra giusta”, come si racconta, e lo
vediamo attraverso gli occhi di un ragazzo obiettore di coscienza,
che il sabato, anche sul fronte, non “lavorava” (“ma i
giapponesi sì”) e che si rifiutò di uccidere. Il New Deal finì
lì. Dorothy non tornò mai più nel Kansas. Gibson lo sa e dispiega
l'assurdo. Entrare in guerra senza sparare un colpo, combattere il
“demonio” senza mai assomigliargli.
In una cittadina gioiosa
dai cromatismi brillanti, Desmond bambino quasi spacca la testa per
gioco con un mattone al fratello, quasi spara con la pistola al padre
(Hugo Weaving, Matrix) alcolizzato, violento ma buono, sotto shock
per la Grande guerra, e, innamorato dell'infermiera che non può che
chiamarsi Dorothy (Teresa Palmer, Lights Out), entra
nell'esercito per “servire la patria”, ma senza il rischio di far
male a qualcuno. Il film segue il canone del genere con il sergente
grintoso (Vince Vaugh) “signorsìsignore” di Full Metal Jacket
nella versione scanzonata di Heartbreak Ridge e racconta di
come il “codardo” finì per salvare 75 feriti dalle baionette del
nemico, calando uno a uno i soldati con una corda a cappio in una
notte, stringendo la bibbia al petto, giù per il dirupo fino alla
postazione della 77ma divisione di fanteria, mentre i giapponesi
infuriavano tra i cadaveri alla ricerca dei sopravvissuti.
Gibson fa fuoco e fiamme
in un parossismo che diventa irreale, su un terreno cosparso di
umanità, in controluce stroboscopica, e ritaglia nel buio la faccia
di Andrew Garfield, posseduto da una forza sovrumana, né fanatico
religioso né pacifista integrale, soltanto “soccorritore”.
Desmond sfilerà tra le ali di un esercito sfinito, i compagni
anneriti dalle bombe, come un angelo. Forse anche in memoria del
padre del regista che si trasferì dallo stato di New York in
Australia per evitare ai figli la guerra (neanche “giusta”) in
Vietnam. Sui titoli dei coda di uno dei film più belli visto al
Lido, il vero Desmond Doss ci dice che davvero chiedeva a dio di
trovarne “ancora uno” di quei corpi maciullati e ancora vivi.
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