di Roberto Silvestri
La vera storia di Eric Clapton, mani di seta, il vagabondo che non molla mai e non ha paura di attraversare nuove dimensioni. Nato a Ripley, nel Surrey, il 30 marzo 1945, pazzo da sempre per la musica, per le 12 bars della chitarra e per il blues, ha vissuto molto pericolosamente, ai limiti di se stesso. "La chitarra è la mia voce, canto solo quello che non posso eseguire con la chitarra, cioè il contenuto poetico, il testo".
Ma ha imparato, alla fine di una serie competitiva di tragedie, che la vita conta più della musica. Fu Bob Dylan nel 1989 a spedirgli una canzone che canterà in Eric Clapton: in concerto benefit for The Crossroad (1999) - ricorda Giandomenico Curi in I frenetici (il libro fondamentale sul rapporto tra rock e cinema) - con quel verso sconvolgente, "cammino da solo su strade tremanti".
Vorrei la pelle nera. Chi fa blues rischia sempre la vita. Crossroads, l'incrocio del diavolo, custodito dal maestro di tutti, Robert Johnson, sarà la canzone che porterà sempre con sé con qualunque gruppo e in ogni momento della sua carriera. I bianchi che amano il blues lo fanno a loro rischio e pericolo. Avere presente la carriera di John Landis? Già. C'è Clapton come attore in Blues Brothers 2000 del 1998. E prima Blues Brothers. Ricordate il film che tanto rilanciò la grande musica nera covata nelle parti basse di Chicago? E quella dragon lady di Aretha Franklin?
Ebbene in questo documentario la rivedremo in una registrazione da brividi, dividere lo studio con Eric Patrick Clapp, detto Clapton... Tutto in Black & White: lui entra vestito buffo, tra un hippy e Sun Ra, tutti se la ridono poi suona e tutti ammutoliscono... Non è solo la tecnica che lascia a bocca aperta la band african-american. Ma l' onestà brutale, la straordinaria sincerità del chitarrista, il raccontare di se stesso le cose più intime, senza rete: l'esperienza dolorosa della vita, propria e di una intera generazione, si intreccia e avviluppa alle linee melodiche e trasforma il tutto in una nuvola emozionale commuovente, dark, dolcissima, rabbiosa, rosa. E' il blues no? Come sentire un Buddy Waters, un Buddy Guy, ma wasp.. Blues e jazz e psichedelica. Due sole note, ed è già una storia.
In un'altra bellissima scena di questo film Eric Clapton spiega alcune sue strutture musicali standard, i segreti del mestiere, e sono figure piuttosto veloci e difficili. Poi dice: ed ecco la dimostrazione di come la chitarra possa esprimere violenza, essere strumento di lotta: ma l'ascoltatore non riesce a trovare, nella nuova costruzione melodica, più aggressività di prima. Il motto dei Cream era: lascia stare il messaggio, il testo, pensa solo alla musica. C'è tutto, lì.
Altra scena madre, nel finale, quando arriva il mitico B.B. King: "la persona più nobile che abbia conosciuto è Eric Clapton!"... E poi l'evoluzione del lungo sodalizio artistico e umano con un George Harrison, finalmente liberatosi dei Beatles, l'amicizia con Clapton, durata tutta la vita, nonostante interferenze sentimentali tragiche. E il figlio piccolo che precipita dalla finestra di un grattacielo di Manhattan, come se avesse ereditato nei geni qualche pasticca blu di Acido Lisergico del papà che obbliga al salto nel vuoto.
Che la grande musica inglese del secolo scorso abbia, prima ancora dei newyorkesi e dei californiani, attinto al tesoro blues negli anni 50 è storia nota. Martin Scorsese quando nel 2003 congegnò la sua grande storia del blues a puntate, e Eric Clapton è nel primo episodio, non affidò proprio a un regista inglese, esperto jazzofilo, Mike Figgis, il capitolo sulla miracolosa contaminazione (o furto?) tra blues e la sua rielaborazione moderna a cura delle Art School del Regno che inventò, attraverso i Beatles e i Rolling Stones, e una serie di club di Liverpool, Birmingahm e Manchester, il rock moderno post presleyano?
Ma questo film (che si avvale delle musiche di raccordo di un compositore argentino, Gustavo Santaolalla) è stato scritto, e con molta cura, raccordando il ricco - e invisibile finora - materiale di repertorio privato dell'artista con una serie di interviste ai superstiti, di cui si predilige l'aspetto fonico più che quello visivo, da Stephen "Scooter" Weintraub e Larry Yelen, già coinvolto nel 2013 nel doc Eric Clapton & Crossroads Guitar Festival di Martyn Atkins (il concerto di beneficienza a cui partecipo anche Dylan per raccogliere i fondi che sarebbero serviti alla costruzione di un centro gratuito, ad Antigua, nei Caraibi, per la disintossicazione dalla droga).
Solo tre giorni il 26, 27 e 28 febbraio in molte città d'Italia Eric Clapton Life in 12 bars è il documentario definivo e autorizzato su uno dei più grandi chitarristi solisti di tutti i tempi. Si va da 461 Oceans Boulevard a Tears in Heaven, dagli Yardbirds (abbandonati quando tentati da miraggi commerciali) alle cerimonie degli Emmy.
E saranno messi a fuoco tutti periodi della sua vita: da cucciolo (scoprirà chi è sua madre solo ventenne e la madre vera, poi conosciuta, e reazionaria, lo tratterà disumanamente). Le sue passioni ossessive (la collezione dei dischi da studiare con cura, e metabolizzare, come Dylan, come Ornette Coleman). Poi il palco. Lo studio delle sonorità e degli strumenti indiani per ampliare il timbro la velocità e il virtuosismo armonico delle sue esecuzioni.... E soprattutto il fuori palco (gli amori, il sesso, le tragedie, la rinascita... ), proprio come succede in un blockbuster, con l'eroe che vince e sopravvive dopo aver sofferto e rischiato di soccombere. Insomma: Yardbirds, John Mayall, Cream (il trio magico con Ginger Baker alla batteria e Jack Bruce al basso), Delaney & Bonnie & Friens, Steve Winwood, Ben Palmer, Pattie Boyd, Duane Allman, la droga, l'alcool, Layla e la perdita della ragione, le donne, la riabilitazione, i figli, le tragedie più efferate, Lori Del Santo, George Harrison, l'America, B.B.King....
Nella gara tra chitarristi: Jeff Beck, Syd Barrett, Jimi Hendrix, Jimmy Page, Peter Townsend, Avin Lee ovvero tra chi degli anni 60 e 70 più interpretò con maggiore magia i complicati passaggi d'epoca lasciandoci la mappa emozionale della storia vera, che posto occupano Clapton e la sua Fender?
Non era un uomo superdotato naturalmente, come il suo amico Hendrix (che lo considerava "il suo fratello d'Inghilterra più caro"; ma quando muore Clapton non metterà in dubbio neanche per un attimo il verdetto del coroner: suicidio, overdose, e invece in molti hanno ancora seri dubbi e parlano di omicidio Fbi), ma avendo ricopiato con le sue lunghe dita, per anni, tutti i dischi dei grandi bluesmen neri del passato, il Master e la sua bella qualifica di professore, Eric Clapton se l'è proprio conquistata. Anche se Leroi Jones direbbe: ha copiato, e molto bene.
Qui è lui stesso in voice over a raccontarci tutto e a tirare fuori dai cassetti foto e lettere davvero intime, con la collaborazione degli amici più stretti, del suo produttore storico Ahmet Ertegan, dei colleghi e delle sue donne (ma non Lori Del Santo) che illuminano i pezzi più oscuri della sua vita pubblica e privata. E' l'archivio privato di Clapton che viene aperto e socializzato, con backstage mozzafiato dove spuntano Dylan, Jagger, Keith Richards e tutti coloro che in quegli anni seppero trasformare, grazie all'arte, la propria rabbia distruttiva e autodistruttiva in luce.
con la sua fidanzata storica che lascerà per Pattie Boyd |
Il film è diretto da Lili Fini Zanuck (produttrice del premio Oscar Driving Miss Daisy 1989, e poi di Cocoon e True Crime), alle prime armi come documentarist dopo Rush e un paio di lavori tva, ed è montato da Cris King e Pul Monagham. Dura 135' e si avvale di materiali di repertorio e di home movies mozzafiato e sempre in sintonia coi testi, come se fin da piccolo Clapton avesse voluto pianificare una vita di tragedie a ripetizione (se no che blues man è?) e montare il film della sua vita (Valerio Adami approverebbe il metodo, visto il film che ha diretto negli anni 70).
Non solo i fan del grande chitarrista inglese approveranno. Vincitore di 18 Grammy Awards, tre volte inserito nella Rock and Roll Hall of Fame, Clapton ha fatto pure pubblicità per la birra negli inquietanti anni 80, anche se era cresciuto nel disprezzo più profondo e pre-punk per il business musicale tutto. Tanto che da adolescente considerava Paul McCartney e John Lennon "quei coglioni dei Beatles", perché si erano fatti subito mettere il guinzaglio dai discografici che li premevano come limoni.
Ma adesso Clapton è un padre di famiglia ultrasettantenne che ha domato i suoi demoni e vive negli States felice e onorato. Basta coca, Lsd, eroina, alcool: "ma non ho mai pensato di suicidarmi, perché da morto non avrei potuto più bere".
I film più importanti con Eric Clapton (al cinema le sue presenze e partecipazioni a concerti sono moltissime, Imdb ne conta 187...C'è anche in The Last Waltz di Scorsese, 1978 ed è il predicatore in Tommy, ospite degli Who e di Ken Russell nel 1975 e una produzione, Trouble in Molopolis del 1969, regia di Philippe Mora). Ma da ritrovare assolutamente per le sue performance musicali sono questi:
Cream's Farewell Concert di Tony Palmer (1968), concerto alla Royal Albert Hall di Londra del 26 novembre 1968 (versione 90' e 48'). Non piaceva a Clapton perché il gioco visivo, zoom, riprese incasinate, frenesia televisiva, prenderebbe la meglio sull'attenzione verso la musica. Tra i brani Spoonful, Politician e I'm so glad.
Supershow di John Crome (1970)
Concert for Bangladesh di Saul Swimmer (1972)
Jimi Hendrix di Joe Boyd, John Head, Gary Weis (1973) con Little Richard, Lou Reed, Mick Jagger, Pete Townshend
Eric Clapton and His Rolling Hotel di Rex Pyle (1980) sul tour tedesco del 1979, e sul treno lussuoso del terzo Reich che trasporta i musicisti, con Muddy Waters, Elton Jones e George Harrison
The Cream di Paul Justin (1991) con interviste e interventi (come quello di John Mayall sulla scena musicale inglese di quegli anni)
Eric Clapton: in Concert-Benefit for the Crossroads (1999), con Bob Dylan, Sheryl Crow, Mary j.Blige, David Sunburn
Nessun commento:
Posta un commento