martedì 26 gennaio 2016

Il colore dell'Oscar. Sulle polemiche tra comunità nera e Academy Awards










di mariuccia ciotta 

Melting pot.....


L'auto-riforma annunciata dell'Academy of Motion Picture, in risposta alle  polemiche intorno all'Oscar passato in candeggina, non ha placato  Hollywood che  teme la cerimonia di consegna il 28 febbraio al Dolby Theatre, nonostante la presenza sul palco del comico black Chris Rock. Contestazioni e diserzioni di grandi star  sono ancora nell'aria, e il boicottaggio continua, secondo le dichiarazione di Spike Lee, promotore della campagna virale #OscarsSoWhite, che pur apprezzando l'iniziativa di   Cheryl Boone Isaacs, presidente  dell'Academy, ha annunciato che quella sera “Andrò alla partita dei Knicks".  

Spike Lee tifoso dei Knicks

Tre anni sono passati dall'insediamento di Isaacs, donna african-american ma negli ultimi due anni zero nominati di colore “non bianco” e nulla è cambiato nella composizione di genere dei 6000 membri, il 94% maschi caucasici, età media 63.  Troppo lontano il 2020, quando donne e minoranze etniche dovrebbero raddoppiare, secondo la riforma, che per ora ha solo stabilito l'ingresso di tre nuovi membri  nel consiglio direttivo.
E a parte lo scetticismo sui movimenti lenti dell'istituzione che assegna la statuetta d'oro, la città del cinema è percorsa da una controffensiva silenziosa, ispirata alle infelici dichiarazioni di Charlotte Rampling, candidata come migliore attrice, per cui “evidentemente i neri non si meritavano la nomination”. E poi che “vinca chi se lo merita”. 



E qui il sistema per riequilibrare l'Academy diventa insidioso perché nessuno vuol “vincere” grazie al motivo per cui  è stato escluso in passato, il sesso o l'etnia. Eppure il mondo del cinema americano sa che dovrà pur  rimediare agli effetti discriminatori che hanno prodotto (e producono) “indebiti vantaggi per i bianchi”, e non solo a Hollywood. In gioco c'è una nuova forma di Affermative action ( inaugurata da John F. Jennedy nel 1961), l'”azione positiva” che mira a ristabilire principi di equità etnica, sessuale e sociale, e ha il suo precedente storico nella Reconstruction Era,  quando dopo la guerra civile americana, per un breve periodo (1865-1877) i neri del Sud  godettero di pari diritti e di piena libertà.

Chery Boone Isaacs, presidente dell'Accademia
Insomma, non sarà facile per  Cheryl Boone Isaacs rispondere alle sollecitazioni di Spike Lee “fa' la cosa giusta”.
Le anticipazioni, però, sembrano promettere bene. Evitata la pratica controversa delle “quote”,  la riforma propone di far decadere il diritto di voto dopo dieci edizioni  agli associati non più attivi, così da rinnovare il “parco” dei votanti, che di conseguenza inviteranno altri nuovi soggetti (basta la raccomandazioni di due membri). E se il diritto d'ingresso e di voto a vita resta esclusivo per  nominati e vincitori dell'Oscar, la rimozione dei “baroni” permetterà un'inversione di tendenza, uno sguardo più “ibrido”, anche ai capo-settori (regia, fotografia, sceneggiatura., etc) autorizzati a chiamare chi si è distinto in  film di successo, commerciale o di critica.
Il punto è che non solo i neri e le donne subiscono l'egemonia bianca e maschile, ma il cinema tutto fuori dall'ordine politico-estetico, i film non mainstream. Limite e decadenza dell'Oscar e di Hollywood. Tanto che la “minoranza”  appare proprio quella che siede sugli scranni dell'Academy e premia solo i sapori conosciuti, come nei talent-show.  


La situazione dal 2012 non è migliorata troppo....
Il regista di Creed, a destra di Stallone, Ryan Coogler
i grandi dimenticati.......






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