mariuccia ciotta
Atom Egoyan, armeno
cresciuto in Canada, attiva un viaggio morale su giustizia e
vendetta, tema ricorrente del suo cinema, da Un
dolce domani (1997) a The
Captive (2014), rivolto
specialmente ad Ararat (2002)
sul genocidio del suo popolo, in sovrimpressione con la Shoa.
In concorso alla Mostra di
Venezia 2015, Remember
è uscito nei giorni dedicati alla memoria, come Il
figlio di Saul di Laszlo Nemes. Qui però il
regista impone una conversione a “u” nel viaggio emozionale dello
spettatore. E gli provoca uno shock. Come è successo con
l'intensa fiaba giapponese The Sea of Trees
di Gus Van Sant, l'unico film fischiato a Cannes (ancora senza
distribuzione in Italia) dove la tensione si schianta nell'epilogo e
la sospensione dell'incredibilità precipita ai piedi del monte Fuji
nella “Suicide Forest”. E come è capitato a Luca Guadagnino
per A Bigger Splash, con la sua conclusione disorientante.
In comune i film hanno il percorso di una detective story che alla
fine devia e dà ragione a Brian De Palma: un bravo regista riesce a
fare al massimo due o tre buoni finali nella vita.
Dopo il primo sconcerto,
però, il finale deviante è uno di quei tre. E vale anche per Remember che si
riavvolge su stesso, riparte dall'inizio e ti mostra i dettagli resi invisibile da una luce abbagliante.
Il
film sembra
la risposta a This Must Be the Place di
Paolo Sorrentino che per punire l'ex SS
ormai decrepito gli impone un atto umiliante – farsela addosso –
per ristabilire l'equilibrio con suo padre, detenuto nel lager
nazista. Egoyan, in un capovolgimento radicale di senso, ripete il
gesto, ma lo fa sui pantaloni dell'anziano ebreo
Zev, un vertiginoso Christopher Plummer.
Zev ha paura della bandiera uncinata esibita sulla parete di una casa
americana, ha paura del pastore tedesco che gli si scaglia addosso,
ha paura del poliziotto nazistoide che conserva la divisa del padre.
Non ricorda l'umiliazione, ricorda la paura.
Christopher Plummer e Martin Landau |
Affetto da demenza senile,
Zev si dimentica le cose, come la morte della moglie Ruth, invocata a
ogni risveglio, però è caustico e bizzarro, ha senso dell'humour,
gioca con l'infermiera che lo crede rimbecillito, e trama con l'amico
del ricovero di lusso per anziani (sotto la barba e la maschera
d'ossigeno, si nasconde il mitico Martin Landau). Un intrigo
spericolato hitchcockiano ai confini della realtà (Egoyan ha diretto
alcuno episodi di Twiligh Zone e
di Alfred Hitchcock presenta),
una missione per conto della sua famiglia (e dell'amico) sterminata
ad Auschwitz. Zev dovrà rintracciare e uccidere l'uomo che si fa
chiamare Rudy Kurlander.
Il viaggio del novantenne
scappato dall'ospizio in cerca dell'ufficiale nazista ha un coté
tarantinesco, dovuto probabilmente al giovane Benjamin August,
direttore di casting e produttore, che firma la sceneggiatura.
Spavaldamente irrealistico, una cavalcata tra i paesaggi americani,
puntata d'obbligo in Canada, il road movie annota i dettagli del
cambio di stagione e della smemoratezza collettiva con un piglio pop.
La parola nazisti non si riesce a pronunciare, i bambini vedono e
ascoltano tutto sui loro iPad ma non sanno chi è Mickey Mouse e
neppure Hitler. Le pistole si vendono anche ai fuoriditesta
nonostante il decalogo Fbi. Zev ne avrà una da far invidia alla
guardia giurata di un grande magazzino, organizzato in filari di
abiti, allucinato panorama di divise paramilitari.
Christopher Plummer |
Zev è “l'uomo che
sapeva troppo” e ora non sa più nulla, nemmeno chi è e chi è
stato. Sa, però, che sono quattro i Rudy Kurlander da scovare. Uno
di loro è il colpevole.
Zev segue la lettera
di istruzione che gli ha consegnato l'amico, e va da Reno al Lago
Tahoe, ai confini tra Nevada e California, sulle tracce del nemico.
La fragilità e la tenacia dell'anziano smemorato si declina in una
sublime parata di sentimenti nel volto di Plummer che coinvolge
sempre più con un bizzarro sense of humour a ogni incontro con il nazista sbagliato, il figlio del seguace del Fuhrer, agente di
polizia orgoglioso della svastica, l'omosessuale in fin di vita con
cui scambia un affettuoso abbraccio...
In bilico sulle gambe
incerte, Zev avanza in cerca di vendetta.
Strano, però. Zev non si
regge in piedi ma ha una mira infallibile, è un ebreo ma gli piace
Wagner (e lo sa suonare), ed è un virtuoso allievo di Moritz
Moszkowski, compositore e pianista (ebreo) polacco. E' stregato dalla
musica proprio come l'ufficiale tedesco di Roman Polanski (Il
pianista).
Egoyan ci porta fuori pista e nella sua caccia al
“mostro” ci avvolge in feroci dubbi etici, uccidere o no a
distanza di settant'anni i responsabili dello sterminio? Troppo tardi
per processarli, troppo presto per lasciarli impuniti.
Il coup de théatre
lascia attoniti, ed ecco che lo spirito di Bastardi
senza gloria allinea le pistole e impone una
soluzione anti-diegetica. Siamo fuori, amaramente, dal sentimento
empatico per Zev.
Non si tratta di
ricordare, ma di guardarsi intorno. Egoyan, l'armeno, ci riporta al
presente, ai nazisti mimetizzati lungo le frontiere europee, alle
facce mascherate dei gerarchi. Essi vivono.
Atom Egoyan |
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