Roberto Silvestri
"Tenete d'occhio Luis Silva, è un talento naturale, senza studi alle spalle. Ma diventerà un grande attore internazionale"... Ce lo assicura il cineasta di Mérida Lorenzo Vigas quando a Hollywood Party ha presentato giorni fa il suo primo lungometraggio. Desde allà, letteralmente, vuol dire "da lontano", traducendo dal catalano. Ti guardo, è invece il titolo molto più carnoso scelto dai distributori italiani per questo dramma venezuelano dal tono di tragedia greca (la coproduzione è con Messico e Cile) scritto (con Guillermo Arriaga, il messicano che lanciò Inarritu) e diretto da Vigas, che è un ex biologo regalato per sempre al cinema. E' ancora nelle sale, dunque non lasciatevelo scappare.
Leone d'oro alla Mostra di Venezia 2015, premio per la sceneggiatura e per il migliore attore protagonista a Salonicco, Ti guardo ha confermato l'intuizione profetica (pre-festival) del direttore di Venezia Alberto Barbera. Siamo nell'epoca dominata dal pokerissimo di assi Alejando Gutierrez Inarritu-Lisandro Alonso-Antonio Cuaron-Gullermo Del Toro-Pablo Larrain, e dunque è l'America Latina ispanica la terra di riferimento principale del cinema inventivo, d'arte e commercio, d'oggi.
Si congela l'intensità sciamanica e poetica di Jodorowski, si mette in epoché Raul Ruiz, cioè si mettono tra parentesi le sue metafore barocche, si aggiunge una goccia di Franco Rubartelli, uno dei nomi di punta della breve storia cinematografica (e pubblicitaria) del Venezuela che proprio sul culto dei corpi e sul minimalismo di fraseggio ha fatto carriera (ricordate Veruskha inteso come film?) e si raffreddano i sentimenti perché facciano ancora più effetto emozionale.... e avremo il tipico film sudamericano di oggi. Politico obliquamente, erotico trasversalmente, narrativo distrattamente, formalista involontariamente, ma intenzionalmente.
Alfredo Castro (a destra) e Luis Silva |
Luis Silva e Alfredo Castro (a destra) |
Armando (l'attore cileno Alfredo Castro, che ha lavorato anche con Daniele Ciprì), odontotecnico benestante, molestato pesantemente dal padre da piccolo, immaginiamo traumaticamente e ripetutamente, visto che a un tratto commenta: “lo odio lo vorrei morto”, vive solo e non si è mai sposato. Adesca giovinetti per denudarli e mastrurbarsi, ma senza mai avere contatti sessuali men che mentali. Una sorta di critica pacifista al padre? Di messa in scena tragico sarcastica del fatto traumatico infantile? Finché non trova un ragazzo violento, un macho affascinante che più lo deruba e lo ferisce, più lo tenta. Elder (Luis Silva), capo teppa, inizia a frequentarlo sempre più spesso, dapprima per interesse, poi per curiosità, poi per .... Lascia la sua ragazza mulatta, si fa pessima fama nel suo ambiente maschilista, che lo scarica, viene perfino cacciato di casa dalla madre che ha saputo da un pettegolezzo che quell'opportunistica relazione (a Elder servono i soldi per trasformare un ferrovecchio in automobile) si è trasformato in amicizia a tutto tondo, poi in amore, vero e folle, addirittura carnale, era ora. Ma fino a conseguenze devastanti. Armando scoprirà che quel che insegue in Elder, nelle sue zone dark e inconfessabili, è proprio la crudeltà criminale del padre. A questo punto rifiuta la sua soggettività desiderante. Torna nell'incubo. Un happy end che non è happy per nulla. Atroce.
Luis Silva |
Nessun commento:
Posta un commento