Mariuccia
Ciotta
Robert
Zemeckis rovescia lo sguardo e passa dai corpi di carta su paesaggi
reali di Chi ha
incastrato Roger Rabbit?
all'uomo in carne e ossa di The
Walk , il funambolo
che cammina nell'aria tra i fantasmi delle Twin Towers, e sullo
sfondo una New York deformata che ruota e si dissolve, materia
impalpabile e mobile. Philippe Petit (Joseph Gordon-Levitt), che
toccò il cielo con un dito il 7 agosto 1974, fluttua nel doppio
sogno di allora e di oggi.
Zemeckis
sa giocare negli interstizi tra materico e visionario per ricucirli
in una sola trama, e ridurre lo scarto tra documento e allucinazione
come in Polar Express dove Tom Hanks, ridotto a burattino
semi-vivente, indossa la maschera dell'inviato di Santa Claus.
In
The Walk l'assurda figura dell'acrobata, che solo un cartoon
potrebbe illustrare, è vivo mentre tutto il resto, Parigi nella
prima parte del film e Manhattan dopo, sembra un'illusione.
Il
lungo prologo di The
Walk (passato alla Festa di Roma)
Il
“sogno” ha un lato tecnico pesante, tanto quando il cavo
d'acciaio da stendere tra i due edifici, inaugurati il 4 aprile 1973,
anche se l'anno dopo vediamo ancora operai al lavoro, il World Trade
Center restò a lungo una fabbrica aperta. A dare le istruzioni –
come si annoda un cavo d'acciaio sul grattacielo più alto del mondo
- c'è il maestro francese degli acrobati da circo impersonato da uno
scattante e segaligno Ben Kingsley, truccato da Freddy Krueger,
mentore severissimo di Philippe, il quale si crea il suo dream-team,
adoranti fans, uno fumato, un altro che soffre di vertigini, un
fotografo amico e un secondo interessato al guadagno, e al centro la
francesina Annie Allix (Charlotte Le Bon) che non dimenticherà il
suo di sogno, suonare e cantare senza l'intralcio dell'equilibrista
ruba-scena nelle piazzette di Parigi.
Ancora
Zemeckis orchestra il verosimile con l'impossibile e qui trova la sua
giusta dimensione. La linea tesa tra le nuvole è fatta di ferro, non
siamo nel Natale futuro di A
Christmas Carol con
le apparizione degli spiriti e neppure nei fondali digitali di
Beowulf,
ma proprio dentro le pagine autobiografiche di To
Reach the Clouds,
scritto da Petit nel 2002, e a fianco del documentario Oscar 2009 di
James Marsh Man on
Wire.
Eppure
è difficile credere alla figuretta in nero che ci porta sull'abisso
in 3D (più sconvolgente in Imax), inosservata all'inizio, a parte un
gabbiano alla Hitchcock, e che avanza passo dopo passo, senza rete,
sospesa nel nulla.
Sotto
le torri, che a guardarle da giù toccavano le nuvole, la gente si
ferma e alza la testa. Il futuro è sopraffatto dal passato, il
gesto di Philippe Petit risponde in anticipo di 27 anni alla
catastrofe. Un corpo in equilibrio nell'aria, non piovono persone, e
tutti sorridono, nessuno grida, nessun aereo si schianta sulle Torri
gemelle. E allora si sa perché Zemeckis ha girato The
Walk, per ripetere
“il crimine artistico del XX secolo”, annientare l'altro effetto
speciale, distruggere
lo “spettacolo” e le sue icone in fiamme, passate milioni di
volte negli occhi. Sospesi a 400 metri, a picco sulla voragine, la
visione tridimensionale è lisergica, Zemeckis converte la “storia
vera” in una favola, tanto potente da far passeggiare l'uomo su e
giù, andata e ritorno più e più volte, già perché Philippe non
si accontenta e vuol dimostrare che l'antidoto alla morte e al lutto
è un gesto no-profit, effimero, inutile. “Perché lo fai?”
chiedevano al funambolo. E la risposta sta nella carezza della
cinepresa sull'arabesco metallico, sulle guglie da cattedrale delle
Twin Towers e nelle musiche celestiali di Alan Silvestri.
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