di Roberto Silvestri
Solo
chi cade può risorgere. E l’Inter conosce molto bene questo tragitto. Che la
resurrezione la debba però soprattutto a un campione di umiltà oltre che di
classe, a una persona speciale che ha lottato ogni istante per essere giusto e
generoso fa capire che non stiamo parlando di José Murinho. Ma senza un’anima
generosa e di correttezza démodé anche il più grande stratega cinico del calcio
moderno, il primo fenomenologo del football, avrebbe trovato la sua Waterloo….Solo
oggi, alle 20.30 in 170 sale di tutta Italia, ma in un solo spettacolo-evento
per interisti e per non interisti, da non mancare il film Zanetti, capitano da Buenos Aires. Il ritratto di un asso del
calcio “estremamente normale”, pagmatico con la testa sulle spalle e mai un
capello fuori posto, che inizia a Buenos Aires qualche decennio fa, ma non è
privo di lati sorprendenti e perfino dark…
L’Indipendiente lo scarta. E non senza ragione… è
troppo fragile e delicato. La vera ragione, certo inconscia, è però un’altra. Anche
se il team argentino ne è ancora inconsapevole. E Xavier Zanetti, detto Pupi,
non molla. Viene da una famiglia proletaria. E’ ostinato. Lavora duramente da
cucciolo per sbarcare il lunario, ma si allena sempre. Corre come nessun altro
mai, lo farà ogni volta che può, è un perfezionista appassionato e crede profondamente
nelle sue qualità tecniche. Proprio come la sua compagna di allora, che è anche
quella di oggi, Paula. Zanetti, 618 presenze nel nostro campionato, un record,
diventerà un fuori classe, il difensore-incontrista insostituibile della
nazionale argentina - nonostante alcune divergenze con il compagno capitano allenatore
Maradona - ma anche il cursore instancabile, il pilastro etico e il simbolo
atletico della squadra che aveva avuto dei vecchi conti in sospeso proprio con
l’Indipendiente: l’Internazionale di Milano. La squadra italiana che raggiunge,
quasi per caso, come seconda scelta, nel 1995, a 22 anni, e che trent’anni
prima proprio l’Indipendiente aveva affrontato, odiato e malmenato in una famigerata finale di Supercoppa, degna di
un gangster movie.
Quando si ritira, a 40 anni, dopo un match contro la Lazio, partita
858 in nerazzurro, capitan Zanetti ha vinto più titoli di Angelillo, Picchi e
Facchetti. 5 scudetti, 4 coppe Italia, 4
Supercoppe, 1 Coppa Uefa, 1 Champions League e 1 Coppa del Mondo per Club Fifa.
E’ diventata una delle leggende del calcio mondiale. Un atleta amato dai
suoi compagni e rispettato perfino dagli avversari. Ha sempre la battura pronta e il sorriso più
veloce della smorfia polemica di disappunto. Non ricordo un solo “vaffa” di rilievo
contro gli arbitri, odioso contrappunto ormai (pensate a Lichtsteiner) a ogni
fischio da fallo spudorato: “come osa? lei non sa che conto in banca svizzera ho
io!”. Zanetti, indimenticabile numero 4, ha inoltre elaborato alcune tecniche
di controllo palla e ripartenza spiazzante, facili da ammirare e studiare in
tv, ma impossibili da fermare in campo. Quella coppa di Champion League,
innalzata sul terreno l’anno della “triplete di Mourinho”, stamperà sul suo
volto un’indelebile maschera, misto di disumana felicità e deformata
soddisfazione, che nessun tifoso nerazzurro e nessun appassionato di calcio
potrà mai dimenticare. Altro che buonismo. Come una canzone dolce e roca di Tom
Waits. Grande canterino, Zanetti, infatti. Anzi. “La sua vera passion segreta”
conferma la moglie. Per il compagno di squadra e connazionale Cordoba: “Guardate
che Pupi è il più pazzo di tutti noi”. E quando José Mourinho ne deve parlare,
rievocando con parole perfette, da analista profondo, la sua insostituibile
presenza in campo e nello spogliatoio, non può fermare qualche lacrima di
commozione. Senza Xavier, niente miracolo: vincere tutto con una grande squadra
dell’Olimpo, come Real Madrid, Barcelona o Bayern o Manchester è scontato, ma
con la squadra più scapestrata dell’Olimpo, l’Inter, macchina masochista di
insuperabile perversione, diventa davvero un’impresa mitologica. Solo apparentemente
dunque la storia di Javier Zanetti, raccontata in questo imperdibile documentario
diretto dagli interisti Carlo A. Sigon e Simone Scafidi, è quella di un
campione “normale”. E’ invece quella di un “diversamente super eroe”. Ha
salvato dalla disperazione nera milioni di interisti infelici.
José Murinho |
Il ritratto a
tutto tondo tracciato da una trentina di intervistati tra amici di infanzia, parenti, colleghi e
intellettuali italiani e argentini, sarà però più sorprendente di quanto non ci
si possa aspettare. I “normali” interisti in fondo fermarono e piegarono i
fenomeni del Barca applicando la formula di Kropotkin per spiegare
l’evoluzionismo. Non è il più forte che vince. Ma Solidarnosc. Il gruppo capace
di solidarizzare. E ci vuole a vuole un grande Capitano per cementare lo spirito di
squadra … Inoltre. Si può essere eccentrici e solidali, e anche campioni di
abnegazione come Zanetti, per esempio pignoli del dettaglio e del pressing
perfetto in sede di intervista, anche girando un film…Filmando per divertirsi,
sempre con la cinepresa attenta in mano, si può scavare meglio nei segreti del
proprio soggetto che puntando sull’agiografia sterile. Anche perché il vero
mago del racconto è uno scrittore argentino, affabulatore straordinario, e come
ogni realista sudamericano un po’ magico e misterioso, come Albino Guaron, che
dribbla ogni iniziale perplessità del non ultras interista: “cosa ci vuole a
scrivere un libro su Che Guevara o Gesù Cristo? Che fantasia serve per fare un
film su Diego Maradona?” e copre dietro i suoi interventi anche il tradizionale
riserbo del Capitano, modesto sempre, figuriamoci quando si parla di lui e anzi
si tratta di parlare…Non a caso Guaron sta scrivendo un romanzo proprio su
Zanetti. E nelle ultime scene del film i
due confabulano a microfono spento, come Ghezzi con Pelesian nel film di Pietro
Marcello. L’evento cinematografico,
prodotto da Luchino Visconti di Modrone è distribuito in diretta via satellite da
Inter e Nexo Digital in collaborazione con Pirelli e con i media partner
Gazzetta dello Sport, Radio Italia, MYmovies.it, e scodellerà gli interventi di Massimo Moratti, Roberto Baggio, Lionel Messi, Esteban Cambiasso, Ivan
Ramiro Cordoba, Sebastian Rambert, Sandro Mazzola, Giuseppe Bergomi, Leonardo, e dei super fan Gad
Lerner, Fiorello, Michele Serra e Beppe Severgnini. E serve anche a lanciare
una iniziativa lodevole, la Fondazione Pupi che si prefigge di aiutare
culturalmente bambini socialmente più svantaggiati e diversamente abili
dell’Argentina attivando reti solidaristiche dal basso.
ps. non sono interista. Tifo per il Lecce. Ma ho tifato Inter quando c'era Jair (e il Lecce era in serie C) e quando c'era Murinho. E poi mi piacciono Ricardo Quaresma e Juary, dunque....
ps. non sono interista. Tifo per il Lecce. Ma ho tifato Inter quando c'era Jair (e il Lecce era in serie C) e quando c'era Murinho. E poi mi piacciono Ricardo Quaresma e Juary, dunque....
Solo chi cade può risorgere. E l’Inter conosce molto bene questo tragitto. Che la resurrezione la debba però soprattutto a un campione di umiltà oltre che di classe, a una persona speciale che ha lottato ogni istante per essere giusto e generoso fa capire che non stiamo parlando di José Murinho.Lui è il miglior allenatore. Il mio più grande desiderio è quello di ottenere la sua maglie calcio firma.
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