giovedì 24 aprile 2014

Storia del cinema palestinese (1). Elia Suleiman, l'esordio del 1996, tra Becket e Moretti


 






di Roberto Silvestri


CRONACA DI UNA SCOMPARSA
CHRONICLE OF A DISAPPEARENCE
Elia Suleiman, Palestina 1996


Elia, giovane palestinese, gira per le strade. E' a Nazareth per un funerale, poi andrà a Gerusalemme, al negozio Jamel. Vagabonda in questa aspra terra e sacra, ottima per i souvenir cristiani. Sta al computer. Ascolta un diplomatico francese molto esperto di politica. Ci presenta famiglia e amici, vicini e polizia. La poltrona della sua casa ha i colori di Arafat, ma non mancherà l'inno nazionale di El Quods, in arabo Gerusalemme. 
Attraverso l'inessenziale e il surreale di Israele, per la prima volta ci si scambia qualcosa di profondo sulle radici e se stessi. Come si coniugano due spazi privati: se stessi e la terra natale. E cos'è questa terra natale? Non è solo per obblighi di coproduzione (ci sono tutti anche Palestina e Israele), nè per saggezza che sfida l’ossessione delle radici che Elia (l’attore ma anche il regista del film, Elia Suleiman) ama la frase: "l'uomo che trova dolce la sua patria è un principiante, quello per il quale ogni terra natia è la sua terra è già forte. Ma è perfetto quello che vede nel mondo intero una terra straniera"....
Quando vedemmo Caro diario non capimmo sulle prime che cinema fosse. Saggistica sarcastica, autobiografia feroce, documentario polemico, non sense filosofico, finzione ironica? Quelli meno attrezzati e più invidiosi si consolarono esclamando: ma Nanni Moretti non sa girare, non è mica un buon regista! Ieri il primo lungometraggio "a soggetto" del video artista e documentarista Elia Suleiman, palestinese di New York "rientrato a casa", ci ha ricordato Ecce bombo, è stato uno dei rari shock estetici degli ultimi tempi. Cronaca di una scomparsa ci ha fatto capire che Moretti non è il solo a stare al di là di ciò che ha coscienza di fare ma che il cinema vitale che si sta praticando in questi anni nelle capitali d'immaginario, a Los Angeles, Ouagadougou, Pechino, Buenos Aires, Manila, Bangkok…,  non accetta più formine, generi, standard ereditate dal passato, o frasi e sintassi ‘fatte’. 
E' cinema in presa diretta su se stessi, che non rifiuta di guardare in faccia come stanno davvero le cose, basta che si dimostri di avere ‘convinzioni profonde’. Insomma quel ‘se stesso’ va trattato non come Narciso ma come fiore carnivoro che ci impressioni e ci seduca. 

Cronaca di una scomparsa primo lungometraggio a soggetto dopo documentari strepitosi, è l’esordio folgorante, tra Buster Keaton e Samuel Becket di Suleiman, artista scoperto da Rotterdam, che da anni ne segue le sperimentazioni video e le bellissime analisi di come è stata ed è storpiata l'immagine dell'arabo da Hollywood e dalle tv dell’occidente.






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