Louise Brooks in "Now We're in the Air |
Le “donne cattive”
invadono le prime pagine con il caso Weinstein, “donne odiose”
che osano infrangere l'equilibrio del potere e del mercato. Sono le
“Nasty Women” provenienti dal cinema muto e che hanno messo a
soqquadro non solo Hollywood, e continuano a farlo contro l'America
di Trump.
Un ricordo dalle Giornate
del cinema muto.
Mariuccia
Ciotta
“Da
quando Trump ha etichettato Hillary Clinton come 'nasty woman' (donna
odiosa, ndr), l'espressione è diventata un termine onorifico per
qualunque donna”. Così il direttore delle Giornate
del cinema muto, Jay Weissberg, inaugurava l'edizione n. 36 (30
settembre-7 ottobre)
più che mai dentro il mondo sonoro, e non solo per lo stupendo
accompagnamento musicale dei film, ma soprattutto per la sintonia con
il presente, a cominciare dall'eco delle guerre nella sezione a cura
di Sergio G. Germani dedicata ai documentari sulle imprese coloniali
in Libia di Luca Comerio, che mostra fotogrammi piangenti con i
mucchi di cadaveri del “nemico arabo” e le “entusiastiche”
scorribande dell'esercito italiano, dei feroci ascari eritrei, dello
“squadrone bianco” della cavalleria (impegnato, a colori, in una
traversata fluviale non poco imbarazzante e perfino umoristica), del
genio e dell'artiglieria. Materiali “rimodellati” e restituiti
all'attualità, anni fa, da Gianikian/Ricci Lucchi in Dal
Polo all'Equatore.
In
programma anche il precursore, o l'antagonista, di quel “cinema del
reale” oggi al centro dell'interesse cinefilo, quello
saggistico-etnografico delle origini, filone Lumière, nelle sezioni
“Africa silenziosa in Norvegia” e “Film di viaggio sovietici”
che, soprattutto in quest'ultimo caso, lascia poco spazio alla
flagranza del profilmico o all'autore che guarda, già sostituendolo
con l'autore che “si guarda” e alla astrazione concettuale.
Abbiamo compiuto infatti con Alexander Litvinov (specialista in film
polizieschi azeri) un viaggio impertinente, ma etno-geografico, nella
Siberia del popolo Udege, argomento del film non fiction Lesniye
Liudi (Urss 1928), ovvero Il Popolo della foresta,
proprio lì dove Dersu Uzula ci condurrà decenni dopo negli
Ussuri in compagnia di Akira Kurosawa. Sembra di penetrare, anche
grazie alla complicità di un esploratore, topografo, geografo come
Vladimir Arsenyev (che proprio attraverso Dersu fu introdotto in
quella comunità) nella vita e nelle opere di una tribù nativa
simile a quelle della non lontana America. E come quelle cancellata
nei suoi tratti migliori.
Costruzione
sostenibile delle canoe, caccia e pesca non chimica, tende
ecosostenibili, comunismo da caccia, sciamani e droghe e estasi di
ogni tipo, grande scienza della natura e dei suoi segreti più
intimi, ma anche pericolose arretratezze scolastico-sanitare saranno
cancellate in nome di una più egualitaria forma di progresso
agricolo-sedentario e del socialismo da costruire in un solo paese (e
il regista ci fa capire, un po' alla Kropotkin, il principe anarchico
che fu geografo negli stessi luoghi, che i paesi dell'Urss
sfortunatamente per Stalin sono molti più di uno) che non
valorizzerà anzi smorzerà l'energia dal basso dei popoli insorti.
In
fatto di flagranza storica, però, a catalizzare l'attenzione sono
state le Nasty Women, le ragazze cattive degli anni Dieci,
parenti strette delle Funny Girl, declinate in tre programmi di corti
targati Usa e Francia, ma dilaganti fuori sezione e in presenza di
notevoli star italiane come Anna Fougez, tarantina, che dietro i
magnifici abiti fruscianti (realizzati da lei stessa) nasconde
l'innocenza ruvida di una pastorella in Fiore selvaggio di
Gustavo Serena, 1921, unico titolo sopravvissuto della sua ampia
filmografia e del quale è anche sceneggiatrice.
E
ancora un'altra diva del muto dall'Italia, Leda Gys, quasi gemella di
Clara Bow, bruna elettrica e monellesca in La trappola di
Eugenio Perego, 1922, dove si traveste da gladiatore, da pellerossa e
da sciantosa per vendicarsi di una capricciosa prima donna, e mette
in scena una grandiosa burla a danno delle suore di un collegio in
cui è intrappolata. La bionda longilinea Fougez e la bruna esplosiva
Gys, che sarà moglie del produttore Gustavo Lombardo (suo figlio
Goffredo fonderà la Titanus) e prima ancora amante di Trilussa,
testimoniano la sorprendente modernità delle protagoniste del nostro
cinema anni Venti, la loro centralità di sguardo, la fluidità
gender difficile da ritrovare sugli schermi di oggi.
Da
includere nelle “nasty” allegre anche la Louise Brooks degli
esordi a Hollywood in un film ritrovato in parte, 23', dallo storico
e presidente del Silent Film Festival, Robert Byrne, Now we're in
the air di Frank R. Strayer, 1927, farsa bellica, prima guerra
mondiale con Wallace Beery, dove l'attrice del Kansas ha già lo
stile della futura Lulu, capelli alla maschietta, pelle bianca e
abito nero da ballerina, solo che qui, nella sua breve apparizione,
assomiglia a una fatina splendente caduta tra una squadra di rudi
aviatori e non la seduttrice mortale di Pabst.
E'
“cattiva”, sempre come complimento, Pola Negri, che sarà femme
fatale hollywoodiana (lei era polacca), in La tessera gialla,
girato in Germania nel 1918 da Victor Janson e Eugen Illés. Cupo e
stupefacente documento della Varsavia ancora occupata dai tedeschi,
prima guerra mondiale, sul set che diventerà il temibile Ghetto. E
poi a San Pietroburgo, dentro l'antisemitismo della Russia zarista
che non consentiva agli ebrei di alloggiare in città, a meno che,
succede al personaggio di Pola Negri, non si richiedesse la “tessera
gialla”, marchio delle donne di malaffare, parente della stella
gialla nazista. Così lei inganna, scambia l'identità con una morta,
tenta il suicidio e si finge un'altra per accedere all'università,
che la premierà, come studentessa modello.
Tutt'altro
ritmo per l'impertinente Ruth Dwyer di The Reckless Age di
Harry Pollard, 1924, dove nelle vesti di un'ereditiera innesta una
commedia degli equivoci esilarante, con un falso duca, interpretato
da William Audtin, sosia di John Waters. Per tornare alle autentiche
Nasty Women, ecco la numero uno francese, Léontine, che cambia nome
a seconda del paese dove viene esportata con le sue 21 slapstick
comedy travolgenti (molte delle quali purtroppo perdute). La peste
adolescente è insaccata in abiti a quadretti tipici delle brave
ragazze alla Mary Pickford, anche se è una fabbrica di scherzi
disastrosi, un pericolo pubblico capace di allagare appartamenti,
dare fuoco a tendaggi, distruggere negozi di vasellame, e far
ruzzolare folle di inseguitori con la sua tecnica della corda tesa.
Léontine è certo più vicino a certe Funny Girl americane che
sfidavano le comiche di Mack Sennett o alle acrobazie di Harold
Lloyd. Donne che nella loro frenesia distruttiva ancora non fanno
paura agli uomini perché collocate in un'età pre-adolescenziale,
oppure semplicemente buffe e goffe. Gli anni Quaranta, però,
preparano il dopo Nasty Women. Le Dark Lady. E avranno la pistola.
L'articolo
è stato pubblicato da Alfabeta 2 il 5 ottobre 2017
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