Donatella Finocchiaro in "Non lo so ancora" |
Roberto Silvestri
Anche in Miele: giovane donna (Jasmine Trinca) incontra vecchio affascinante (Carlo Cecchi). La giovane generazione delle registe sta facendo finalmenti i conti con i padri? Siamo al salutare patricidio simbolico? E il progetto di Anna Negri di un film tratto da Con un piede impigliato nella storia che fine ha fatto?
A proposito. Chissà perché qualche cineasta si cruccia di essere collegata a insigni genitori e definito, tra l'altro, "il figlio di tale", "la nipote di talaltro"... come se l'informazione non servisse a comprendere meglio le radici artistiche-culturali di Brandon Lee, Jane Fonda, Robert Downey jr., Angelina Jolie o Michael Douglas.
Fabiana Sargentini, a sinistra, e Donatella Finocchiaro |
Fabiana Sargentini sul set di Non lo so ancora |
Donatella Finocchiaro |
Morando Morandini, co-sceneggiatore |
Si vanta infatti, anche nel nome, di essere la figlia di Fabio Sargentini, che aveva fatto dell'Attico di piazza di Spagna e poi di via Beccaria un covo davvero sovversivo, la doppia galleria romana di punta, aperta all'arte vivente e alla ricezione non cloroformizzata, insomma un mondo a parte e un dinamico happening continuo. Senza convergenze parallele non solo con quello di Rumor, Leone, Restivo, Segni, Saragat e Andreotti, ma anche con quello commerciale e apologetico dell'arte dominante.
il critico Morando Morandini |
Il poster del film |
Già i documentari di Fabiana ossessionati dalla maternità, Sono incinta (2003) e Di madre in figlia (2004) - che avevano vinto due festival di Bellaria, diretti da Morandini - cinema diretto montato in prima persona femminile singolare collettiva, dimostrano una certa dimestichezza con le zone più provocatorie dell'arte concettuale, parlare e far parlare gli intervistati di ciò che si sa e si pensa, senza falsi e veri pudori, non per crogiolarsi nel proprio foro interiore e discettare dall'alto in basso, ma scoprendo zone dark impreviste e toccando - se il gioco riesce - coinvolgimenti automatici e orizzontali nel pubblico, che gratifichino i neuroni-specchio, i nostri apparati di comunicazione umana che collegano e mettono in contatto identità familiari e sociali, sistemi simbolici e sessualità, maschili, femminili o diversamente favolose.
Giulio Brogi e Donatella Finocchiaro |
Giulio Brogi e Donatella Finocchiaro |
Ambientato interamente a Levanto, sulla costa ligure, il primo lungometraggio a soggetto di Fabriana Sargentini, Non lo so ancora, è stato scritto dalla regista mescolando suggestioni semiautobiografiche varie (e l'ansia della maternitò, ovviamente) con l'aiuto 'strutturante' del giornalista, romanziere e documentarista d'inchiesta Carlo Pizzati, e del critico cinematografico Morando Morandini, conosciuto già a Bellaria, direttore di un piccolo grande festival del cinema che si svolge lì, il "Laura Film Festival", in omaggio alla moglie con la quale aveva redatto le prime edizioni del dizionario il Morandini, e vero ideatore del progetto.
Giulio Brogi e Morando Morandini a Levanto |
Giulio Brogi e Donatella Finocchiaro |
I due, diversamente distratti e attratti, passano (merito di uno sciopero dei treni) un’intera giornata insieme, gironzolando e chiacchierando a bordo del mare, nei caffé, sulla giostra, in una stanza d'albergo, perfino, non senza contrasti e monomanie divergenti, giri a vuoto, separazioni, re-incontri, inseguimenti e delicati avvicinamenti, nell’attesa nervosa di alcuni risultati medici che entrambi aspettano per l’indomani, soprattutto la protagonista, cui verrà comunicato dalla ginecologa se potrà o meno diventare madre o se è affetta da menopausa precoce. E che deve decidere se lascerà o non lascerà il suo uomo (in fuori campo, a portata di cellulare). E se non abbia esagerato a magnetizzare l'interesse, non solo platonico, di quell'uomo....Anche se non vi anticipiamo cosa succederà nella stanza d'hotel. E il risultato delle analisi. E se l'incontro/scontro tra generazioni così lontane sarà intenso, delicato, vitale, fifty-fifty, o opportunisticamente sbilanciato.
Il cinema che esplicitamente punta sulla 'geografia emozionale' sul 'qui non succede niente eppure sentiamo che qualcosa sta succedendo', dall'epoca di Uomini di domenica (1930) non si preoccupa certo della 'storia emozionale' a ritmo di sonata melodica: tema/antitema/contrasto/risoluzione, specialità del cinema di genere e di Hollywood in particolare. Il problema è che Non lo so ancora non è dramma, non è commedia, non è love story, non è 'dramedy', ed tutto un questo mischiato, non shakerato, con un happy end (che vuol dire finale riuscito, non necessariamente bello e felice) ovviamente garantito dalla trama: che diranno le analisi? Ma, ricordiamocelo. Parliamo solo di quel conosciamo, non vogliamo descrivere il mondo, vogliamo che il mondo si esprima, facciamoci risucchiare dal paesaggio, le ombre, il mare, il verde, facciamo che diventi la colonna sonora, in forma di ballata, di questo esordio interessante ...
Morando Morantini e Fabiana Sargentini |
Louis Malle diceva che la nouvelle vague non esiste. E anche Morandini nel suo bellissimo libretto sul Nuovo cinema francese del 1964: "Le onde non esistono, non c'è che il mare. Sono le navi che cambiano". Ce ne sono nuove, giovani insolenti e timide. Che usano non più la camera-stylo di Astruc, ma, oggi, la camera-iphone. Il linguaggio di internet. Qualche acquarello di Luca Padroni, sintesi grafica che prende progressivamente colore, sospende e ritma il tempo... Quelle che affermano come la Varda (e Sargentini traduce) "se si aprissero le persone, vi si troverebbero anche dei paesaggi" e allora perchè non mettere in immagini un dialogo attraverso il paesaggio, invece di raccontare una vicenda? E' addirittura Agnes Varda di La Pointe Courte, del 1954, un provocatorio 'film da leggere'. Costo 7 milioni di lire...
Secondo me di Morandini invece c'è l'idea-chiave contenuta in Hiroshima mon amour di Resnais: "come inserire una storia d'amore in un contesto che tenga conto dell'infelicità degli altri" che qui diventa "come inserire una storia d'amore che tenga conto dell'infelicità dell'altro". Di Morandini, nave esperta, anche certi accorgimenti alla Bresson: siamo indifferenti alla costruzione drammatica tradizionale, usiamo l'ellisse, spingiamo per l'improvvisazione, anche se qualche attore potrebbe non reggere la tensione.
Il film, girato con pochi soldi in 4 settimane, presentato alla Mostra di Pesaro 2013, è ancora in attesa di distribuzione, ma sta girando nel solito piccolo circuito virtuoso di sale non omologate. Del resto corsara è stata anche la produzione, che si è avvalsa della Genova Film Commission ma non del finanziamento pubblico nazionale, e anche di una nota e cinefila catena di ristoranti romani, Settembrini. Cinema & cibo, d'altra parte, è un binomio di ferro, e non solo per i pop corn, segnatempo immancabile di ogni blockbuster degno di questo nome, per gli svariati festival sparsi per il mondo che non si vergognano più di dare una connotazione superpositiva all'aggettivo, un tempo stroncante per un film di 'gastronomico' (vedi la Berlinale) e poi per Hitchcock e la sua nota battuta: "i film non sono messaggi da spedire, ma fette di torta da mangiare".
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