Ferzan Ozpetek tra porta Napoli e l'obelisco gira alle spalle dell'ex distributore Agip di Lecce |
Roberto Silvestri
Si può resistere alla passione canaglia? Un amore tra
dissimili resiste per 13 anni? Come lottare contro un destino avverso ed eventi
inaspettati? E, soprattutto, cosa succede quando uno dei due partner si ammala
di cancro? L’altro fugge o desidera ancora il corpo mutante dell’amata? La commedia può 'fare l'amore' con il melodramma senza produrre acido e nuocere al godimento spettatoriale e all'happy end?
Kesia Smutniak e Francesco Arca |
Le domande, fertili per un
melodramma, ostili alla commedia, sono certamente di interesse nazionale e
culturale. Anche perché Dallas Buyers
club è andato bene; la Rai annuncia la “seconda stagione” di Braccialetti
rossi; nella notte più nera c’è sempre la possibilità della risalita e
finalmente Ferzan Ozpetek, novello Gregg Araki, promette e scodella, su queste
basi, la sua prima love story eterosessuale.
Smutniak, Crescentini e Scicchitano |
Anche se un po’ di dubbi
identitari crescono quando il macho super palestrato, protagonista del
melodramma all’italiana Allacciate le
cinture, da ieri nelle sale, è anche un impunito dongiovanni esibizionista.
Insomma il copione è da Sex in the City, ma dopo la revisione di
viale Mazzini. E scodella, senza sarcasmo, tutto quel dibattere retorico tra
cinici di destra e umanitari di sinistra che sta annoiando il paese.
Apulia Film Commission e Rai
Cinema hanno però fiancheggiato un gradito ritorno. Con Allacciate le cinture si è ricomposto il dream team di Le fate ignoranti, il melodramma
lanciato dalla Berlinale nel 2001 che fu piuttosto efficace nella lotta contro
l’omofobia, innalzando un po’ la sensibilità basic nel paese di Buttiglione. 900 mila euro di fondi ministeriali, di Mibac.
Nei vicoli del centro storico di Lecce |
Un buon avvio di progetto ecologico-umanitario, perché così la regione Puglia è
istigata a coinvolgere la camera di commercio e a valorizzare il potenziale
turistico-culturale del tacco d’Italia, in attesa di incassi per purificare l’Ilva.
Basta chiedere alla scenografa Marta Maffucci di truccare l’ospedale come se stessimo nei paraggi del Dottor Kildare e dissacrare alcuni
salotti borghesi intoccabili, copiando la deturpazione commerciale renziana di piazza della Signoria a
Firenze. E al direttore della fotografia Gian Filippo Corticelli di lavorare
inizialmente sui rossi, sui gialli e sui blu. La tavolozza pop della prima
parte deve, come una botta in testa, sfociare nell’ombroso finale. Dal
movimento alla stasi. Il grigio è privo di risonanza. Una inconsolabile
immobilità…
Kasia Smutniak |
Torna sotto il cielo dalla
luce più hollywoodiana d’Italia, tra gli ulivi giganti del Salento, nel cortile
del liceo Palmieri di Lecce e a Lido Pizzo di Gallipoli Ferzan Ozpetek (regista
e sceneggiatore italo-turco), con al fianco Tilde Corsi (produttrice) e Gianni
Romoli (co-sceneggiatore e produttore). Il regista amato anche dalle casalinghe di Voghera ha intanto
irrobustito le sue arie mélo con Giuseppe Verdi (Traviata e Aida) e
pubblicato il romanzo Rosso Istanbul.
Kasia Smutniak |
Ozpetek è ormai di casa nella
Firenze del sud e in piazza Sant’Oronzo, dove ha girato nel 2010 Mine
vaganti, e dispone in campo - in
genere primissimi piani, con la città sfocata in sottofondo, per non cadere nel
banale, che ricordano Melissa P. - questi
suoi nuovi dodici personaggi in cerca di passioni irrazionali o di emozioni
incandescenti, incrociate e trasversali. E’ la stessa architettura barocca
fiammeggiante della città, ma spazialmente conservatrice, quel tufo così
plastico e ‘vertiginoso’, inebriante e seducente, ma considerato ornamentale, a
pretendere di addomesticare le trasgressioni, di trasformare le orge in
tenerezza domestica, la rottura omosessuale in prospettiva matrimoniale.
Kasia Smutniak e il mare del Salento |
Al centro dell’intrigo
erotico, nel senso di Bataille, di accettazione della vita fin dentro la morte
e viceversa, c’è un amore avulso e molesto,
nato nella pioggia e consacrato dalle acque trasparenti dello Ionio, tra Elena,
la giovane progressista bionda, stufa dell’università e cameriera in attesa del
primo business e Antonio, meccanico reazionario bruno e volgare, impresentabile
al circolo del tennis. Lei è Kasia Smutniak, lui Francesco Arca. Molesto
perché - più si detestano e più si bramano - non hanno niente da dirsi neppure
con le dita. Lei è della Lecce bene (dalla cadenza non sembrerebbe, è proibito
il cadenzar leccese nel film) lui è un
maledetto toscano maschilista. Molesto
è anche per il pubblico che deve sorbirsi – geniale Romoli - il manuale Cencelli delle banalità
reazionarie e delle ovvietà progressiste. Ovvio che entrambi hanno altri amanti,
lei Giorgio (Francesco Scianna) e lui non solo Silvia (una Carolina Crescentini
solare e dionisiaca proprio come la coppia sfumatamente lesbica Carla
Signoris-Elena Sofia Ricci, affiatata come Gianni e Pinotto) all’inizio della
storia, che finirà gonfiando di chili lui e sgonfiando lei. Un sub plot – la cintura di sicurezza del titolo - si
rende necessario (è la nascita di un locale da movida) per alleggerire l’atmosfera.
Fabio (Filippo Scicchitano) gay come quelli di una volta (e in grande forma nel
ruolo dell’amico intimo intimo di Elena) prende su di se la missione
impossibile di bilanciare le perturbazioni devastanti della trama con un po’ di
saggezza sentimentale, di disincanto, di alleggerimenti sulla fascia e di
ironia. C’è dell’Ozpetek dentro di lui. Il sindaco di Lecce Paolo Perrone (centro destra) purtroppo
si caracolla, infine, in un cameo da avventore del bar new look alla moda, coi
trespoli, fortissimamente voluto dalla nuova imprenditorialità trash-chic
impersonata da Fabio ed Elena.
L'ex distributore Agip di Lecce, vicino a porta Napoli |
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