lunedì 19 maggio 2014

Cannes 67. La Francia reagisce all'attacco Netflix

Roberto Silvestri
Cannes

Thierry Fremaux, delegato generale del festival di Cannes
Dopo 38 anni di direzione, palese e occulta, diretta o virtuale, solitaria o d'equipe, Gilles Jacob, l'ex critico della rivista di supernicchia Cinema 64 diventato via via un raffinato supermanager specializzato in grandi festival, lascia definitivamente il vertice di Cannes. Sono gli stessi anni di comando del suo predecessore, Fabre Le Bret (che però fu travolto dal maggio francese). Una istituzione culturale pubblica dotata di una invidiabile continuità imprenditoriale. C'è qualcosa da imparare dai cugini francesi, no?

Abderramane Sissako, regista mauritano in concorso con Timbuctu
Certo, Gilles Jacob non se ne va. Resta attaccato alla poltrona, direbbe Grillo. Sta al vertice di Cinefondation, sezione cerca talenti giovani, diretta dal figlio. E rimane alla direzione artistica il suo allievo, Thierry Frémaux. Anche se il programma ufficiale del megafestival sembra ormai farsi quasi da sé. Come se un algoritmo, un po' incestuoso - perché interno agli interessi esagonali - producesse, in base a ciò che è pronto, una classifica, statisticamente e politicamente corretta, dei valori artistico-commerciali in campo. Un sistema meritocratico d'azienda che si fonda su una scientifica scelta delle aree di provenienza dei film e delle giurie. Cineasti di tutto il mondo sono scoperti da cuccioli, e ottimizzati da Cannes. Da Cinefondation, la sezione che presenta i migliori saggi delle scuole di cinema, si è promossi al Résidence, che dal 2000 ad oggi seleziona i talenti e li aiuta nella realizzazione dei lungometraggi d'esordio. Ebbene ne sono già stati realizzati 98...E poi dalla Quinzaine, dalla Semaine, da Certain regard si è promossi alla Camera d'or, e quindi al Concorso... Che, nell'edizione 67, dedica un'enfasi particolare, politico-umanistica, ai teatri di guerra più drammatici del momento (Siria, Cecenia, Ucraina, Mali, Costa d'Avorio, Afghanistan...); al parco-registi prestigiosi e pluripremaiti (Godard, Cronenberg, i Dardenne, Leigh, Loach, quest'anno; come Haneke, Von Trier, Almodovar, Ang Lee, Kusturica un altro anno...) che periodicamente sono ospiti della Costa azzurra (magari in giuria). In più qualche coraggiosa sorpresa o deviazione dal canone di genere hollywoodiana, quest'anno il western e il thriller obliqui di Tommy Lee Jones e Bennett Miller
Ma Cannes non è solo il suo concorso. E' molto di più. Il mercato mondiale si dà appuntamento qui. Le operazioni di vendita internazionale dei film e delle serie tv più cinematografiche partono dal Marché ospitato sulla spiaggia assolata (per fortuna, l'anno scorso tutti sotto il diluvio). Il festival è sempre meno per critici (Jose Carlos Avellar, Michel Ciment, Derek Malcolm, che continuano a dispensar palline sui giornali specializzati, sono come i sopravvissuti di un'altra era geologica) e sempre più per apologeti on line e agenti di vendita internazionali. Lo "stile Cannes" può essere un po' indigesto e premiare il sapore dell'arte geneticamente modificata, ma le cifre parlano chiaro. Prendiamo i grandi successi del 2013: La vita di Adele è stato venduto in 49 paesi. Inside Lewyn Davis dei Coen in 37, Il passato di Farhadi e Nebraska di Payne in 31, La grande bellezza di Sorrentino, che ha vinto l'Oscar, in 29, Solo gli amanti sopravvivono in 25, Behind the Candelabra in 24 e Venere in pelliccia in 14....
Infatti chi sostituisce Jacob alla presidenza dell'istituzione è Pierre Lescure, che fu il re di Canal Plus. E non è un caso. La televisione a pagamento francese, imposta nel 1984, con la forza, da Mitterrand, che ne consentì il ruolo monopolistico, è diventata il cuore sano del sistema francese. Un monopolio privato in cambio di un forte sostegno alla produzione nazionale. Dai proventi dei 6,1 milioni di abbonati una certa percentuale, il 12,5%, va infatti allo stato per contribuire a finanziare 130 film all'anno (e il final cut è del regista, per legge, non del produttore). Una filiera ben scandita, tra uscita in sala, in pay-tv, nelle tv generaliste (un anno dopo), pay-per-view (due anni dopo) etc, tutto perfettamente sincronizzato, che ha permesso alla Francia non solo di produrre anche quest'anno circa 160 film all'anno, di lanciarli bene sul mercato (anche via Cannes) e di contare su incassi crescenti, ma di spartire con Hollywood il controllo dei vari comparti di mercato. L'intero mondo del cinema d'essai è stato così gestito da Parigi. E si potrebbe festeggiare così, a Cannes, differenza ed eccezione culturale a parte, contemporaneamente, sia l'uscita di Godzilla (in una versione più fedele allo spirito di Honda che a quello di Emmerich) che quella di Grace di Monaco, due facce della stessa medaglia.

Gille Jacob, dal 2015 fuori da Cannes
I meriti di Jacob? Il vituperato palazzo del cinema, quel mostro sul mare, il cosidetto "bunker". Dal 1983 l'obbrobrio architettonico, sede centrale e irrazionale del festival de Cannes - e che oggi pare hanno deciso di abbattere (prima o poi...) - ha trasformato un appuntamento ancora subalterno a Venezia, per età e prestigio, nel tempio, ormai da decenni, del cinema mondiale. Portare in Costa Azzurra produttori, distributori esercenti e tecnici , regalandogli la Plage des Palme e una parte della spiaggia pubblica, è stata una mossa astuta. Poi aver voluto farsi affiancare dal partner number 1 Canal Plus, e dunque ottenere un'esposizione televisiva forte e una complicità nel business. Infine aver sedotto altri ricchi sponsor privati, che oggi costituiscono metà del copioso budget festivaliero. Questa "triplete" ha permesso a Cannes di essere indipendente in tutti i sensi, dal punto di vista finanziario, diplomatico, politico, professionale e anche dei rapporti personali con i cineasti. E di chiamare a raccolta tutti: gli archivisti del cinema, per le retrospettive dedicate ai classici restaurati (quest'anno 25); attori e creativi di tutti i tipi,  per le lezioni di cinema (quest'anno anche Sofia Loren) e i colloqui internazionali; le cineteche per gli omaggi, le Palme d'onore; il pubblico generico, con le proiezioni gratuite sulla spiaggia e in 4 salette della città...Tutti vogliono essere qui. Più di 12 mila sono i partecipanti registrati al Mercato, provenienti da 118 paesi, rispetto ai 109 del 2013. Si trattano le compravendite di 5200 film, di cui 3100 completati, 810 documentari, 144 in 3D. Con 1450 proiezioni previste, il 79% dei quali in prima mondiale. Oltre al sito internet in 8 lingue e una particolare politica di apertura al web (di cui la proiezione del film di Abel Ferrara Welcome to New York, sul caso Strauss-Kahn, fa parte: lo vedremo pagando 7 euro il 17 maggio in rete).

Hilary Swank e Tommy Lee Jones in Homesman, in concorso a Cannes 67
Il problema è che tutto questo bel castello potrebbe rivelarsi di carta nel caso in cui Netflix e le altre piattaforme digitali di Apple, Google, Amazon, che promettono a prezzi molto competitivi (10 euro invece di 39,90) offerte spettacolari di film e serie tv in abbonamento, aggirando le leggi francesi, riuscissero a distruggere Canale Plus e il suo sistema. Alcuni dati sono allarmanti per il mercato francese. Le frequenze in sala diminuiscono del 5-7% all'anno, mentre le vendite di dvd crollano dell'8% e non decolla il blue ray e la pay per view. Ma l'azienda madre di Canal Plus, Vivendi, è passata al contrattacco. Ha rintuzzato prima la rivale Tps, poi un attacco portato dal canale a pagamento sportivo del Qatar BeIN Sports, perfido lascito di Nicolas Sarkozy, ai diritti delle partite di calcio di serie A e dell'European League (se li è assicurati fino al 2020, ma pagando questa volta una fortuna) e dei Top 14 di rugby. Poi ha ampliato la sua liquidità vendendo per 13,5 miliardi di euro la rete telefonica Sfr (a Altice Numericable) per produrre serie ambiziose (come Mafiosa) per il nuovo canale Canal + Series (lanciato nel settembre scorso), per il circuito Web (la divisione Ott, Over the Top che propone un catalogo di 8000 programmi a 9,99 euro) e per investire sul mercato internazionale (in Vietnam Canal+ ha 600 mila abbonati; in Africa 1,1 milioni e 2,2 milioni in Polonia) e sulla tv generalista (ha acquistatao i canali D8 e D17).
Cannes 67 verificherà se uno dei migliori film dello scorso anno, Grigris (venduto solo in due paesi), del mauritano Haroun, avrà lo stesso risultato commerciale sconfortante di uno dei più interessanti film di questo cartellone, Timbuctu diretto dal connazionale Abderramene Sissako. Intanto in un sondaggio tra i suoi lettori Nice matin ha già decretato il vincitore dell'edizione 2014. E' il western spurio di Tommy Lee Jones, The Homesman con Hilary Swank. Al secondo posto Foxcatcher di Bennett Miller. Un thriller. Entrambi nordamericani.

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