di Roberto Silvestri
Umberto Tommasini, anarchico |
Il libro da cui è tratto il documentario |
Quando Roberto Rossellini,
all'inizio degli anni 70, dirigeva il Centro sperimentale di cinematografia di
Roma, non a caso, il progetto principe dei suoi allievi (Massironi, Donda,
Brasi...) era proprio la realizzazione di un film monografico antifascista su
Lord Keynes ("quel frocetto" come semplifica Grillo al suo elettorato
giulivo, consonante e urlante). E dovrebbe esistere ancora, in qualche scaffale
di via Tuscolana, il prezioso materiale conoscitivo e preliminare a quella
pre-produzione: nastri magnetici e documenti scritti e filmati di una serie di
incontri e convegni sul welfare e lo stato sociale negli anni trenta e
quaranta.
Quello che proprio nell'epoca
rooseveltiana era considerato veleno mortale al botteghino e cioè il filone
biografico del cinema storico (vi ricordate la lotta isolata sostenuta dall'esule
tedesco a Hollywood William Dieterle per convincere i produttori della Wb a
produrre le monografie su Disraeli o Juarez?), sta diventando oggi invece un
filone aureo, l'anello (ex mancante e ora vincente) di passaggio tra cinema di
qualità culturale e cinema di qualità commerciale. Forse anche grazie al traino
dell'industria editoriale. Attraverso i grandi personaggi (o quelli che
dovrebbero essere considerati grandi e non sono ancora oscuri) dell'arte, della
cultura, della scienza e della politica, si possono raccontare con le immagini
gli snodi essenziali e i conflitti fondamentali della storia antica e di quella
contemporanea, tra le idee nuove e le idee vecchie. Tra la tradizione feconda e
l'oscurantismo.
Una scena da "An anarchist life" |
un disegno di Umberto Tommasini |
Sono opere di grande impegno
produttivo, ma anche film-documentari, di storia dal basso, non ufficiale,
militanti o a basso budget, che Primo Moroni avrebbe adorato e l'Archivio del
Movimento operaio e democratico anche, ma con qualche riserva, e che prendono
spunto anche da biografie sperdute in qualche biblioteca privata di provincia o
dalle testimonianze orali di operai, contadini, vecchi compagni di lotta
detestati dall'ortodossia. Anche quando il lavoro è su un personaggio
celebre - il cui nome è oggi addirittura diventato, senza volerlo, sinonimo di
"libreria commerciale dominante" - Gian Giacomo Feltrinelli,
sappiamo quanto sia stato difficile realizzare un bio-ritratto in assoluta
libertà artistica e quando sia impossibile, al regista, Alessandro Rossetto,
farlo proiettare in Italia.
Ed ecco che un nuovo film italiano
indipendente di grande interesse, sulla storia così poco conosciuta del
movimento anarchico e comunista libertario italiano, si affianca al documentario di Antonio Morabito (Non
son l'un per cento-Anarchici a Carrara, del 2007), al ritratto di Roberto
Nanni (Antonio Ruiu, vita di un anarchico sardo, 2001, prodotto da Nanni
Moretti), a Il ribelle di Giancarlo Bocchi e al Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo (imposto dal
movimento, visto che è datato 1971).
Dopo il festival di Bari, la
Cappella Underground e il Trieste Film Festival presentano martedì 13 maggio,
alle ore 21 al cinema Ariston, il documentario An anarchist life
di Ivan Bormann e Fabio Toich, alla presenza dei registi, del
produttore Omar Soffici e dello storico Claudio Venza.
Il documentario è sul fabbro e
militante rivoluzionario Umberto Tommasini e prende spunto dalla biografia L'anarchico
triestino, un libro di memorie politiche curato da Claudio Venza e Clara
Germani. Negli anni 70 il vecchio militante malatestiano, in alcune calde
estati della natia Vivaro, raccontava a un gruppo di giovani compagni,
impegnati nel movimento rivoluzionario, la sua vita e la sua esperienza,
davanti all'immancabile bicchiere di vino e tra battute di spirito e
divagazioni varie e lisergiche.
Una scena del film |
Una storia esemplare, di tensione individualista e coerente pratica rivoluzionaria, fatta di solidi insegnamenti paterni socialisti e studio costante, miseria e militanza, prigione e esilio, confino e pestaggi, barricate e bombe, intrecci di teoria e prassi, anarchia mai settaria e rabbia sempre controllata, trincee e spari in aria (per non ammazzare il nemico austroungarico), arguzia e saggezza, vitalità e incoscienza.
Una vita caratterizzata da estrema
concretezza e rifiuto di porre la propria teoria superba in una torre d'avorio.
E da quell'estremo rigore morale, alla Durruti, fermezza nelle idee da
difendere e dolcezza con le persone di opposti punti di vista, che segna
le esistenze spericolate e mai asservite a chiese e partiti di un artigiano
anarchico, sempre padrone della sua testa, della sua coscienza, dei suoi
strumenti di lavoro. Al confino (Ustica, Ponza e Ventotene) incontra
Gramsci e Bordiga e non ha il timore di scontrarsi con le idee di pur nobili antifascisti. A Barcellona si infrange il sogno repubblicano
unitario, anche tra gli anarchici stessi è scontro, finché l'assassinio
stalinista di Camillo Berneri segna la fine. Franco gongola. Fuga in Francia.
Ritorno nell'Italia libera della resistenza "bloccata" e del Pci che
diventa intollerante con tutto ciò che si collochi alla sua sinistra, incapace
di comprendere il nuovo che avanza, o fin troppo consapevole. A Trieste, quando
scoppia il 68 è con i ragazzi e con gli operai-massa che, a rischio di far
piazza pulita di partiti e sindacati, vogliono inventare una nuova vita più
libera e eguale, sbriciolare la catena di montaggio, il sessismo e il machismo,
e salvare il mondo dalle aggressioni imperialiste. In parte, questa volta, si
vince. In Vietnam per esempio, alle urne per il divorzio e l'aborto, nonostante
i tremori di via delle Botteghe Oscure. Fonda, settantenne, il Gruppo Anarchico
Germinal. Non avrà però il tempo di polemizzare con gli anarchici informali e i
black block...
Ivan Bormann e Fabio Toich vengono dalla web-tv Luxa, e hanno realizzato
insieme con la Drop Out e la Orione Cinematografica di
Roma, Sconfinato (su un prete operaio), film premiato al Trieste Film Festival del 2011, trasmesso dalla Rai e che ha partecipato a svariati festival nazionali e internazionali. Ma An Anarchist Life" è la loro prima co-regia. Una produzione a bassissimo costo tutta triestina che ha ottenuto il contributo del Fondo Regionale per l'Audiovisivo per lo sviluppo, e alla quale hanno partecipato Drop Out, la IG coop. di Omar Soffici, il direttore della fotografia Daniele Trani, la scenografa Belinda De Vito e DJ Glitch, autore della colonna sonora. Dal mese di marzo 2014 il Cinema Ariston di viale Romolo Gessi 14 a Trieste è gestito da La Cappella Underground, il mitico cineclub triestino fondato nel 1969 che quest'anno festeggia 45 anni: nell'atrio del cinema è in esposizione permanente una mostra di manifesti e locandine che raccontano la storia dell'associazione.
Roma, Sconfinato (su un prete operaio), film premiato al Trieste Film Festival del 2011, trasmesso dalla Rai e che ha partecipato a svariati festival nazionali e internazionali. Ma An Anarchist Life" è la loro prima co-regia. Una produzione a bassissimo costo tutta triestina che ha ottenuto il contributo del Fondo Regionale per l'Audiovisivo per lo sviluppo, e alla quale hanno partecipato Drop Out, la IG coop. di Omar Soffici, il direttore della fotografia Daniele Trani, la scenografa Belinda De Vito e DJ Glitch, autore della colonna sonora. Dal mese di marzo 2014 il Cinema Ariston di viale Romolo Gessi 14 a Trieste è gestito da La Cappella Underground, il mitico cineclub triestino fondato nel 1969 che quest'anno festeggia 45 anni: nell'atrio del cinema è in esposizione permanente una mostra di manifesti e locandine che raccontano la storia dell'associazione.
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