martedì 15 marzo 2022

Il cinema, il teatro e la cultura portoghese dei garofani perde un suo petalo, Jorge Silva Melo

Roberto Silvestri 

 

 

Jorge Silva Melo




Gli sbandierati “valori occidentali” non è che li maneggiamo e conosciamo poi così bene. Il contributo lusofono alla presunta ‘cultura europea’ meno che mai, anche perché dovremmo assumere come nostre, tradizioni extra mediterranee, africane, asiatiche, latinoamericane, confluite in quel sincretismo imperial-culturale, atlantico e pacifico, che si chiama Portogallo…. 

Così la notizia della morte di un grande, originale ed eclettico artista portoghese, Jorge Freitas e Silva Melo, è passata proprio inosservata in Italia (e non solo). Non dirà molto neppure ai nostri cinefili, ma l’artista lisbonese è stato tra gli esponenti più colti, contagiosi e radicali del nuovo cinema portoghese, esploso tra la fine della dittatura Caetano e la rivoluzione dei garofani, e anche un protagonista della ricca scena teatrale sperimentale (che Antonio Tabucchi aveva scoperto sul nascere e promosso in Italia). 

Un cinema liberato e sfrontato, sessantottino nel senso della conquista di una soggettività desiderante esplosiva, che ha allargato i confini immaginari perfino al di là della "triade sacra" e laica: “Manoel de Oliveira, Joao Cesar Monteiro e Paulo Rocha” . Il cinema di Silva Melo è sul desiderio assoluto, il desiderio di superare le proprie qualità, di superare sé stessi, il desiderio di vincere: “Credo che questo tema non mi lascerà mai. Da quando Narciso smette di innamorarsi di sé stesso e si innamora di un altro uomo. Che rivoluzione nell'antica Grecia!”.

 

Nato il 7 agosto 1948 e laureato in filologia romanza, dal 1966 al 1969 Silva Melo è critico teatrale per riviste specializzate come O Jornal de LetrasArtes, O Tempo e o Modo. Approfondisce i suoi studi cinematografici a Londra nel 1969, grazie a una borsa di studio della fondazione culturale Caluste Gulbenkian.  

Silva Melo, forse ancora più del patriarca de Oliveira, è stato un artista (scrittore, critico, attore, regista teatrale e cinematografico, scenografo, teorico e produttore) di importanza cruciale nell’imporre quel certo originalissimo ed estremo “stile portoghese” post rivoluzionario. Ha fatto parte di un movimento di cinema pubblico (o sovvenzionato dalla Gulbenkian) che dopo la scoperta italiana (tra Pesaro e Venezia) di de Oliveira nel 1973-78 e di Antonio Reis e Margarida Cordeiro, ha scodellato nei festival di ricerca internazionali anche grazie alla genialità imprenditoriale di Paulo Branco, opere di Antonio Campos, Cunha Telles, Galvao Teles, Antonio de Macedo,  Luis Felipe Rocha, Fernando Lopes...  Il suo ruolo era quello di Jonas Mekas a Manhattan, spingeva gli altri a lanciarsi, a produrre, a rischiare, a unirsi. Lo ha fatto anche con Pedro Costa e Joao Canijo.  

Silva Melo ha fondato la rivista militante Crìtica nel 1971 e, con la leggenda vivente dello spettacolo portoghese Luis Miguel Cintra, conosciuto al liceo Camoes, il “Teatro da Cornucopia”, allestendo il primo spettacolo nel 1973, quasi una anticipazione scenica del 25 aprile 1974, e l'ultimo nel 2016 (anche se Silva Melo lo aveva abbandonato nei primi anni 80). 

A proposito di scaturigini di un processo. Silva Melo ha collaborato tra il 1969 e il 1974, come direttore di produzione o aiuto regista, alla nascita del nuovo cinema portoghese, che molto deve alla compagnia teatrale d'avanguardia Os Boneceiros cioè al nucleo ideativo dei primi film di Joao Cesar Monteiro, Sophia de Mello Breyner Andresen (1968) e, dopo gli studi di cinema a Londra (e l'amico Cintra a Bristol, a studiare teatro), Quem Espera por Sapatos de Defunto Morre Descalco (1972), con Cintra attore. E’ poi con Paulo Rocha (Pousada da Chegas, 1970), Antonio Pedro Vasconcelos (Perdido por Cem, 1972), un artista comunista che sarà responsabile della produzione fiction televisiva pubblica, e Alberto Saixas Santos (Brandos Costumes, 1973-1974). 

Ma è sempre il teatro che lo attira di più nel decennio ruggente dei Settanta e con la sua compagnia (e dunque anche con la scenografa e costumista Cristina Reis) allestisce via via opere di Moliere, Marivaux, Brecht, Gorki, Buchner, Karl Valentin, Kroetz, von Horvath... 

Del 1976 è però la fondazione di una cooperativa di cinema, il Grupo Zero e assieme alla cineasta di origini scandinave Solveig Nordlund e a Luis Miguel Cintra gira Musica para Si e Viagen para a Felicidade e per la televisione co-dirige, sempre con Nordlund e recita in E nao se pode Extermina-lo? (1979). 

Assistente di Peter Stein a Berlino nell’Orestea e di Giorgio Strehler a Milano nell’Anima buona di Sezuan di Brecht, allestisce alla Scala l’opera di Mozart Le nozze di Figaro e in Francia lavora con Jean Jourheuil e Jean Francois-Pryret su testi di Heiner Muller. Rientrato in patria insegna alla scuola di cinema del Conservatorio. 

Alterna set e palcoscenico, teoria e pratica, sperimenta anche oltraggiosamente distruggendo gli spazi degli allestimenti tradizionali in Tambores na Noite di Brecht, e passa oltre. Tra la collaborazione alla sceneggiatura e ai dialoghi di O Desejado ou As Montanhas da luadi Paulo Rocha e, nel 1988, la messa in scena dei drammi di Heiner Muller Material Medeia e Quarteto, la scrittura di drammi teatrali e la direzione, dal 1996 del Centro Culturale di Belem, opta per il lavoro collettivo e trasversale, ma ha il coraggio di sbagliare personalmente, mostra molteplici segnali di talento in opere diseguali e a lampi appassionanti e irresistibili, come Passagem ou a Meio Caminho (1980).  Come attore entra in tutti i capolavori del cinema portoghese: Silvestre di Monteiro (1981), Conversa acabada di Joao Botelho (1981), Le Soulier de satin di Manoel de Oliveira (1985), Uma Rapariga no Verao di Vitor Goncalves (1986). Poteva essere un grande regista e performer teatrale, ma non c’era verso per la sua generazione di esserlo, era attratto dal cinema irresistibilmente ma come arma di liberazione collettiva dalla vita alienata, non per diventare membro della casta, peggio ancora un Autore, anzi lavorava sodo per detronizzarne il senso, cambiare i modi di produzione, deformare il set, disprezzare la segnaletica ammiccante e settaria della borghesia colta e decostruirne il linguaggio. Lo si vede in alcune delle sue regie, sempre genialmente asimmetriche:

O Recado (Il messaggio), 1972.  Passagem ou a meio caminho (Passaggio o a metà), 1980.  Sem Sombra de Pecado (Nessuna ombra di peccato), 1983. Ninguem duas vezes (Nessuno due volte), 1984 che è dedicato al fallimento dell’utopia rivoluzionaria e che utilizza toni e sottotoni ora raffinati, ora volgari, ora intellettuali ora popolari. Il discusso Agosto, 1989.  Coitado do Jorge (Povero Giorgio), 1994. Cinco dias, cinco noites (Cinque giorni cinque notti), 1996. Antonio, um rapaz de Lisboa (Antonio, un ragazzo di Lisbona), 2002…. 

 


 

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