Roberto Silvestri
L'opera d'arte senza l'autore
Werk ohne Autor
di Florian Henkel von Donnersmarck (Germania) concorso
Ancora
un “heimat” dalla Germania, Werk ohne Autor.
Cioè “Opera senza autore”.
Che ha il sapore della parodia
involontaria di Suspiria.
Ci si occupa sempre
di nazismo anche post-hitleriano, di arte d'avanguardia anni 60 e di
Joseph Beuys e dei suoi allievi, di danza, campi di sterminio e
Ddr... Ma con funesta superficialità e persino ironie fuori luogo
sulla sperimentazione nelle Accademie (però qui, in fondo, sembra
piuttosto che subdolamente si voglia più parlare male del comunismo,
trattato come una sottoforma ipocrita di fascismo). Prendiamo Beuys.
Lo spettatore uscirà senza troppo comprendere la sua teoria
dell'arte come “scultura sociale” liberatoria e postautoriale, e
dell'insegnamento come “la più grande delle sue opere d'arte”.
Senza sapere che fu cacciato nel 1972 da quella cattedra, che fu
aggredito dai nostalgici nazi...Anzi ho l'impressione che tra i due
professori tedeschi che si scontrano nel film, il ginecologo gerarca nazista e l'artista rivoluzionario, la simpatia andrà proprio a quello sbagliato. Almeno sembra che la macchina da presa ne sia proprio ammirata. Quell'
ideologia dell'essere sempre “il migliore” per sopravvivere è
piuttosto alla moda, oggi. Guadagnino non ha fatto lo stesso errore
di deturpare Darwin.
A volte infatti lo
sguardo a distanza di un cineasta italiano (che si occupi di razzismo
nella pancia d'America o di “furia” nell'epoca Baader-Meinhoff)
può mettere meglio a fuoco fatti e traumi storici tuttora ribollenti
e inquietanti per un connazionale.
In questo film,
come in quello del pittore Schnabel su Van Gogh e di Guadagnino su
Argento, si riflette anche sull'immagine e sulla “vitalità del
negativo”. Sul mettere “male” a fuoco, deformare, oscurare,
“cubizzare”, annullare, sperimentare l'oggetto, per meglio
riformularlo e per cogliere il movimento vero delle forze e delle
forme vitali. E su come invece il realismo socialista o altri tipi di
arte popolare edificante, basati sul fraintendimento riproduttivo o
sull'ignoranza totale della prospettiva rinascimentale e della scienza
moderna, siano pericolosi giochi ottici iper-individualisti,
obbligatoria e apologetica segnaletica, infatti, di un'unica
vetero-soggettività consentita. Quella del partito o peggio del
fuhrer.
Un pittore, Kurt, è
anche qui il protagonista del film. Un giovane e squattrinato artista
allevato da Ulbricht, fuggito all'ovest per non dipingere più
affreschi in gloria dell'internazionalismo proletario, e poi allievo,
a Dusseldorff, di un “quasi Beuys”, cappello incluso. Il regista,
che ha vinto già l'Oscar, ne parla come un personaggio mix tra i
concettuali dell'epoca, Richter, Polke, Uecker e Mack, La sua vita è
perennemente legata a quella di una bellissima zia grande, Elizabeth,
ariana ma eccentrica, amante dei “degenerati”, rinchiusa dunque
in manicomio dai nazisti venti anni prima e poi fatta gasare dal
padre di una stilista di genio, Ellie, che sarà il suo perenne amore
(pur disinteressandosi dei suoi bellissimi vestiti). Rovinerà la
vita di entrambi quel mostro di suocero, il prof. Seeband, ginecologo
di fama, complice ad alto livello degli esperimenti eugenetici
hitleriani, far fuori cioé razze “inferiori” e teste e corpi
“superiori” ma deformi, riciclatosi nel dopoguerra prima come
comunista doc (sono le parti più ridicole del film) poi come
democratico integerrimo, ma che con destrezza riesce a sfuggire per
sempre ai cacciatori di criminali nazisti. Sarà l'arte e i suoi
labirintici (e quasi mistici) processi concettuali a portare Kurt
almeno a un passo dalla comprensione della verità. Anche se non alla
cattura del professor Seeband. Sarebbe chiedere troppo, visto l'aria
dei tempi. (ps. arte concettuale vuol dire che una definizione d'oggetto è pensata affinché l'autore diventi chi, nella ricezione, continui a formulare l'imagine. Esempio la palla gigante di Sergio Lombardo se non viene fatta rotolare dallo spettatore non attiva lasirena d'allarme).
Il titolo internazionale del film è un più popolare Non distogliere lo sguardo. Lo ha scritto, prodotto e diretto il tedesco di Colonia (e studi a Monaco) Florian Henkel von Donnersmarck, con apporti finanziari di numerose televisioni pubbliche, Rai compresa. Si soffre, e non è la prima volta alla Mostra, di una lunghezza eccessiva e nello stesso tempo di un montaggio che deve aver snellito un'opera più lunga, pensata per i comodi schermi e divani domestici. Insomma quel che ha attirato i capitali tv è il roller coaster tragico familiare che comprende anche il suicidio per impiccagione del padre di Kurt, stritolato sia dai nazi che dai rossi, molti corpi nudi (il titolo si riferisce alla parte più bella del film, quando zia Elisabeth spiega al piccolo Kurt che un artista deve osservare molto bene e “non distogliere mai lo sguardo” dal mondo, perché tutto ciò che è vivo è bello) e un aborto obbligatorio per Ellie. costretta dal padre, terrorizzato da un possibile erede di lignaggio non gradito. Padre che poi è l'attore internazionale Sebastian Koch, che domina ancora tutti, come performer, dall'alto in basso. Infine ecco come Kurt spiega cos'è l'arte. “E' come la lotteria. Se prendete sei numeri qualunque non vi dicono nulla. Ma se quei sei numeri vincono alla lotteria, allora assumono un gigantesco potere di verità”.
Il titolo internazionale del film è un più popolare Non distogliere lo sguardo. Lo ha scritto, prodotto e diretto il tedesco di Colonia (e studi a Monaco) Florian Henkel von Donnersmarck, con apporti finanziari di numerose televisioni pubbliche, Rai compresa. Si soffre, e non è la prima volta alla Mostra, di una lunghezza eccessiva e nello stesso tempo di un montaggio che deve aver snellito un'opera più lunga, pensata per i comodi schermi e divani domestici. Insomma quel che ha attirato i capitali tv è il roller coaster tragico familiare che comprende anche il suicidio per impiccagione del padre di Kurt, stritolato sia dai nazi che dai rossi, molti corpi nudi (il titolo si riferisce alla parte più bella del film, quando zia Elisabeth spiega al piccolo Kurt che un artista deve osservare molto bene e “non distogliere mai lo sguardo” dal mondo, perché tutto ciò che è vivo è bello) e un aborto obbligatorio per Ellie. costretta dal padre, terrorizzato da un possibile erede di lignaggio non gradito. Padre che poi è l'attore internazionale Sebastian Koch, che domina ancora tutti, come performer, dall'alto in basso. Infine ecco come Kurt spiega cos'è l'arte. “E' come la lotteria. Se prendete sei numeri qualunque non vi dicono nulla. Ma se quei sei numeri vincono alla lotteria, allora assumono un gigantesco potere di verità”.
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